T.A.R. Valle d’Aosta Aosta Sez. I, Sent., 27-07-2011, n. 51 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con concessione edilizia n. 853 rilasciata al sig. M.C. il 5 settembre 1989, il Comune di Gressoney La Trinité assentiva la costruzione di garages interrati in località Tschasval n. 24, su terreno censito in catasto al mappale n. 327, foglio n. 10, prescrivendo, tra l’altro, il mantenimento di una distanza dalla strada di mt. 6,20.

Con istanza del 7 settembre 1989, assunta al protocollo comunale il 12 settembre 1989 al n. 2654, il sig. M.C. chiedeva una concessione di variante in corso d’opera per la diminuzione della superficie utile dell’autorimessa e la modifica della rampa di accesso con costruzione di un muretto parallelo e distanziato dalla strada comunale, di altezza variabile da cm 0 a mt. 1,30.

L’istanza riceveva il parere favorevole della Commissione comunale edilizia in data 26 settembre 1989 e della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali (nota prot. 18390/89/BC del 15 gennaio 1990), senza tuttavia che si addivenisse al rilascio della concessione.

Dieci anni dopo, il medesimo concessionario, nella qualità di ex proprietario dell’immobile e di socio della L.&.C. S.r.l., nuova proprietaria dello stesso, chiedeva al Comune di Gressoney La Trinité il rilascio di una concessione in sanatoria per la predetta variante, in relazione alle opere realizzate a seguito dei pareri favorevoli a suo tempo rilasciati dalla C.C.E. e dalla Soprintendenza.

L’istanza veniva esitata favorevolmente con concessione edilizia in sanatoria n. 2317 del 5 marzo 2010.

In tale concessione era espressamente "dato atto che il progetto allegato alla domanda in sanatoria è uguale a quello allegato alla domanda di variante in corso d’opera del 12/09/1989 e che pertanto si considera ancora valido il parere favorevole della Soprintendenza ai Beni Culturali in data 15/01/1990, prot. n. 18390/BC".

Avverso il nuovo provvedimento concessorio è insorta la sig.ra P.F., quale proprietaria di fondi finitimi, con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica che, a seguito di opposizione della L.&.C. S.r.l., è stato trasposto innanzi a questo Tribunale depositando atto di costituzione e relativo avviso notificato il 27 ottobre 2010.

Con quattro motivi di gravame, sostenendo l’illegittimità della concessione in sanatoria per plurimi profili di violazione di legge e di eccesso di potere, la ricorrente ha denunciato l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, l’inosservanza della distanza minima dal ciglio della strada comunale, prescritta dalla originaria concessione edilizia, nonché della distanza legale dall’asse della carreggiata, il difetto di motivazione in relazione alle prescrizioni del piano urbanistico di dettaglio (PUD) approvato nel 2005 ed infine la violazione della normativa in tema di autorizzazioni in materia paesaggistica e ambientale, ritenendo che l’amministrazione comunale dovesse nuovamente interpellare l’Autorità regionale preposta alla tutela del vincolo in merito alla compatibilità paesaggistica delle opere eseguite in difformità dal titolo abilitativo a suo tempo rilasciato.

Hanno resistito in giudizio la L.&.C. S.r.l. ed il sig. M.C..

La ricorrente ha depositato documenti.

Le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive ragioni.

Alla pubblica udienza del 15 giugno 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Deve essere preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del gravame, formulata dai controinteressati sull’assunto che la ricorrente, nonostante sia titolare di proprietà confinanti con il fondo su cui insiste l’autorimessa per cui è causa, non potrebbe conseguire alcun vantaggio concreto dall’annullamento dell’atto impugnato.

Non vi sono ragioni, infatti, per discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale dominante, cui questo Tribunale ha ancora di recente prestato adesione (TAR Valle d’Aosta, 7 marzo 2011, n. 19), secondo cui la situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell’intervento edilizio concessionato esime da qualsiasi indagine al fine di accertare, in concreto, se i lavori assentiti comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l’impugnazione, atteso che l’esistenza della suddetta posizione legittimante abilita il soggetto ad agire per il rispetto delle norme urbanistiche, e a maggior ragione delle norme di legge, che si assumono violate.

Nel caso di specie, peraltro, non è revocabile in dubbio l’interesse della ricorrente alla rimozione di una situazione giuridica che, in definitiva, è assunta essere in contrasto con la sicurezza della circolazione stradale e con la tutela di vincoli ambientali della zona in cui è proprietaria e ha dichiarato avere la propria residenza.

Nel merito, il ricorso è fondato in relazione all’assorbente profilo di illegittimità denunciato col secondo motivo di impugnazione.

Con tale motivo la ricorrente si duole del fatto che la costruzione assentita in sanatoria sarebbe posta ad una distanza minore di quella minima di m. 6,20 dal ciglio della strada comunale che era stata a suo tempo prescritta dalla concessione edilizia n. 853 del 5 settembre 1989 e, comunque, minore della distanza minima di m. 7,50 dall’asse della carreggiata della strada imposta dall’art. 99 della legge regionale n. 11/98 e dall’art. 32 lett. b delle n.t.a. del vigente PRG comunale.

Nel corso del giudizio, la ricorrente ha depositato agli atti di causa copia di un "verbale di constatazione di illeciti edilizi" del Comune di Gressoney La Trinité del 16 giugno 2010 in cui si dà atto che nel corso di un sopralluogo effettuato in tale data dall’amministrazione presso la costruzione per cui è causa sono state riscontrate difformità rispetto alle distanze prescritte dalla concessione edilizia del 1989 e dalle n.t.a. del vigente piano regolatore generale.

Quanto al primo profilo, il verbale di sopralluogo riporta che "la concessione edilizia n. 853/1989 prevedeva espressamente che l’autorimessa doveva essere realizzata ad una distanza minima di mt. 6.20 dal ciglio stradale: in effetti parte dell’autorimessa, per una superficie di mq. 10.95 circa, non rispetta la distanza minima prescritta di mt. 6.20".

Quanto al secondo profilo, il medesimo verbale riferisce che " l’art. 32 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. vigente al momento del rilascio della concessione edilizia in sanatoria n. 2317/2010, prescrive una distanza minima dell’autorimessa dall’asse dell’antistante strada comunale di mt. 7.50; in effetti parte dell’autorimessa, per una superficie di mq. 1.10 non rispetta la distanza minima di mt. 7.50".

A quanto constatato dall’amministrazione, occorre aggiungere che l’osservanza di una distanza minima di metri 7,50 dall’asse della carreggiata, nel caso di strade con carreggiata di larghezza inferiore o uguale a metri 5,00 (quale non contestato in giudizio è la strada in questione) poste all’interno di insediamenti previsti dai piani regolatori generali, è prescritta anche dall’art. 99 della l.r. 6 aprile 1998, n. 11.

Ne consegue che in radice non ha pregio la difesa dei controinteressati, secondo i quali l’osservanza della distanza di rispetto sarebbe stata derogabile in base al disposto dell’art. 9 della legge 24 marzo 1989, n. 122, secondo cui i proprietari di immobili possono realizzare nel loro sottosuolo parcheggi pertinenziali anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti.

In disparte, infatti, ogni questione sulla natura interrata o meno del manufatto in parola, la legge invocata ammette la deroga a prescrizioni di natura amministrativa, ma non consente l’inosservanza delle distanze prescritte da disposizioni di rango legislativo, quale quella in questo caso violata.

La natura inderogabile del vincolo rende altresì privo di pregio l’argomento difensivo per il quale le opere sarebbero state sanabili, perché, per la loro natura, non creerebbero alcun pericolo per la sicurezza della circolazione.

A tale ultimo riguardo, comunque, va altresì osservato che l’imposizione di fasce di rispetto nella edificazione a bordo delle strade è finalizzata anche al mantenimento di aree libere utilizzabili per l’esecuzione di lavori, per l’impianto di cantieri e per l’eventuale allargamento della sede stradale e, perciò, dette fasce vanno rispettate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale (ex ceteris, TAR Campania Napoli, sez. II, 23 luglio 2010, n. 16967): laddove, nella specie, la documentazione fotografica agli atti del giudizio dimostra che le opere in questione non sono neppure interamente interrate.

Sostiene, per altro verso, parte resistente che le opere sarebbero state già a suo tempo assentite in virtù di una concessione in sanatoria del 12 settembre 1989, valida ed efficace; in realtà, si tratta semplicemente della data in cui l’originaria istanza di concessione in sanatoria è stata protocollata al Comune di Gressoney La Trinité, istanza che non è mai stata esitata dall’amministrazione, come è precisato nello stesso provvedimento in questa sede impugnato ("riscontrato che non è stata rilasciata la concessione edilizia di variante").

Non vi è, dunque, alcun provvedimento concessorio di variante del 1989 che l’interessato avrebbe soltanto omesso di ritirare, né potrebbe fondatamente affermarsi, come fanno la L.&.C. ed il suo socio, che esso si sia potuto formare per silenzio assenso ai sensi dell’art. 8 del d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito con legge 25 marzo 1982, n. 94, posto che, come correttamente obiettato dalla ricorrente, la norma in questione si riferiva unicamente alle domande di concessione dirette alla costruzione di abitazioni od al recupero del patrimonio edilizio esistente.

Le doglianze articolate col secondo motivo di ricorso vanno, pertanto, condivise.

Restano assorbite, una volta acclarata la fondatezza delle predette censure di carattere sostanziale, le censure procedimentali concernenti la comunicazione di avvio del procedimento, l’istruttoria sulla compatibilità delle opere rispetto al P.U.D. approvato nel 2005 (che, peraltro, è stato annullato, nelle more del giudizio, con deliberazione consiliare n. 2 del 14 febbraio 2011) ed il rinnovo della richiesta di autorizzazione alla Soprintendenza.

In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere accolto ed annullata, per l’effetto, l’impugnata concessione edilizia in sanatoria n. 2317 Reg. Costruzioni, rilasciata in data 5 marzo 2010 dal Comune di Gressoney La Trinité alla L.&.C. S.r.l. per opere realizzate in difformità rispetto alla concessione edilizia n. 853 del 5 settembre 1989.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza del Comune di Gressoney La Trinité, mentre possono essere compensate nei confronti delle parti private per la peculiarità della vicenda, innestatasi su un precedente parere favorevole dell’amministrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D’Aosta (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 64/2010), lo accoglie e, per l’effetto annulla la concessione edilizia in sanatoria n. 2317 Reg. Costruzioni, rilasciata in data 5 marzo 2010 dal Comune di Gressoney La Trinité alla L.&.C. S.r.l. –

Condanna il Comune di Gressoney La Trinité al pagamento in favore della ricorrente delle spese di giudizio, che liquida nella somma complessiva di Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre IVA e CPA, ed al rimborso del contributo unificato, come per legge.

Compensa le speswe nei confronti delle parti private contro interessate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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