Corte Costituzionale sentenza n. 6 SENTENZA 15 – 23 gennaio 2014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma
497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2006), promosso dalla Commissione tributaria provinciale
di Grosseto nel giudizio vertente tra M.A. e l’Agenzia delle entrate
– Ufficio di Grosseto con ordinanza del 29 luglio 2010 iscritta al n.
281 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 2013 il Giudice
relatore Aldo Carosi.

Ritenuto in fatto

1.- La Commissione tributaria provinciale di Grosseto, con
ordinanza del 21 giugno 2010, depositata in data 21 luglio 2010
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima
serie speciale, dell’anno 2012,), ha sollevato questione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 497, della legge 23
dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), nella
parte in cui, derogando al solo art. 43 del d.P.R. 26 aprile 1986, n.
131 (Approvazione del Testo unico delle disposizioni concernenti
l’imposta di registro), non consente – nel caso di acquisti di beni
immobili avvenuti in sede di espropriazione forzata di cui all’art.
44, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986 – di determinare la base
imponibile ai fini dell’applicazione dell’imposta secondo quanto
previsto dall’art. 52, commi 4 e 5, del medesimo d.P.R. n. 131 del
1986, denunciando la violazione degli artt. 3 e 53 della
Costituzione.
Riferisce il giudice a quo che il sig. M.A. si era reso
aggiudicatario, all’esito di una procedura esecutiva immobiliare, di
un immobile destinato ad uso residenziale, posto in Comune di
Castiglione della Pescaia; in occasione della registrazione del
decreto del giudice dell’esecuzione questi aveva chiesto all’Agenzia
delle entrate di Grosseto di poter usufruire delle agevolazioni per
la "prima casa di abitazione" previste dall’art. 1, nota II-bis,
della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, nonche’ delle
disposizioni contenute nell’art. 1, comma 497, della legge n. 266 del
2005, il quale prevede che «In deroga alla disciplina di cui
all’articolo 43 del testo unico delle disposizioni concernenti
l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e fatta salva l’applicazione
dell’articolo 39, primo comma, lettera d), ultimo periodo, del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600,
per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non
agiscano nell’esercizio di attivita’ commerciali, artistiche o
professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative
pertinenze, all’atto della cessione e su richiesta della parte
acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte
di registro, ipotecarie e catastali e’ costituita dal valore
dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, commi 4 e 5, del
citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica
n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito
indicato nell’atto. Le parti hanno comunque l’obbligo di indicare
nell’atto il corrispettivo pattuito. Gli onorari notarili sono
ridotti del 30 per cento».
Nondimeno, il decreto di trasferimento del Tribunale di Grosseto
era stato assoggettato ad imposizione dall’Agenzia delle entrate
accordando le agevolazioni previste per la "prima casa di
abitazione", ma senza tenere conto della dichiarazione del sig. M.A.
di volersi avvalere della disciplina prevista dall’art. 1, comma 497,
della legge n. 266 del 2005 e, quindi, applicando l’imposta sul
prezzo di aggiudicazione, come previsto dall’art. 44, comma 1, del
d.P.R. n. 131 del 1986, corrispondente ad un valore superiore a
quello che sarebbe stato determinato secondo quanto previsto
dall’art. 52, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 131 del 1986.
Il sig. M. A. pagava l’imposta nella misura liquidata
dall’Agenzia delle entrate ed in seguito proponeva istanza per
ottenere il rimborso della maggior imposta versata, ricevendone
tuttavia il diniego. Osservava difatti l’Agenzia delle entrate di
Grosseto che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, ai
beni immobili acquisiti in seguito ad asta giudiziaria doveva trovare
applicazione l’art. 44 del d.P.R. n. 131 del 1986 e non invece l’art.
43 del medesimo d.P.R. n. 131 del 1986; non ricorrevano, quindi –
secondo l’amministrazione finanziaria – le condizioni per fare
applicazione dell’art. 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005, il
quale – si sosteneva – deroga all’art. 43 del d.P.R. n. 131 del 1986,
ma non al successivo art. 44: il quale, a sua volta, con specifico
riguardo alla vendita di beni mobili ed immobili fatta in sede di
espropriazione forzata ovvero all’asta pubblica e per i contratti
stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto, stabilisce che
la base imponibile sia determinata con riferimento al prezzo di
aggiudicazione e non con riguardo al valore.
Contro tale diniego il sig. M. A. ricorreva alla suddetta
Commissione tributaria, chiedendo che gli fosse riconosciuta
l’applicazione dell’art. 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005, e
sollecitando il giudice tributario a sollevare questione di
legittimita’ costituzionale.
La Commissione tributaria provinciale di Grosseto, nel sollevare
la questione di legittimita’ costituzionale, ne evidenzia la
rilevanza nel giudizio a quo, in quanto l’eventuale dichiarazione di
incostituzionalita’ dell’art. 1, comma 497, nella parte in cui non
prevede la sua applicabilita’ anche in caso di trasferimento ai sensi
dell’art. 44 del d.P.R. n. 131 del 1986, che concerne il caso del
ricorrente, determinerebbe un esito favorevole del ricorso.
Il giudice rimettente ritiene che la questione sia altresi’ non
manifestamente infondata, in quanto se in un atto di aggiudicazione
all’esito di una procedura prevista dal richiamato art. 44 del d.P.R.
n. 131 del 1986, siano presenti i requisiti elencati nell’art. 1,
comma 497, della legge n. 266 del 2005 – ovvero che la cessione
avvenga in favore di persone fisiche, non nell’esercizio di attivita’
imprenditoriali, artistiche o professionali, ed abbia ad oggetto
immobili destinati ad uso abitativo – non si comprenderebbero le
ragioni per non consentire – come invece previsto per i trasferimenti
di immobili considerati dal precedente art. 43 del d.P.R. n. 131 del
1986 – che l’aggiudicatario possa avanzare la richiesta di
assoggettare l’atto traslativo (nel caso di specie il decreto di
trasferimento del bene del giudice dell’esecuzione) alla disciplina
di determinazione della base imponibile stabilita dall’art. 52, commi
4 e 5, del d.P.R. n. 131 del 1986.
Osserva in proposito la Commissione tributaria provinciale di
Grosseto che la disciplina sospettata di incostituzionalita’
discriminerebbe irragionevolmente il trasferimento di immobili
destinati ad uso abitativo avvenuti in seguito a procedure esecutive
rispetto al trasferimento di immobili, aventi caratteristiche
analoghe, avvenuti per effetto di un atto pubblico stipulato davanti
ad un notaio. A tal riguardo, secondo il giudice a quo, l’unico
aspetto nel quale i due sistemi di trasferimento differirebbero
consisterebbe, nel caso delle aggiudicazioni esitate da procedure
esecutive, nell’assenza del notaio al quale la norma impugnata
prevede che sia rivolta l’istanza ma, si prosegue, a tale mancanza
potrebbe facilmente ovviarsi in quanto l’istanza potrebbe essere
utilmente rivolta al Tribunale. Ma poiche’, diversamente, le restanti
condizioni sarebbero parimenti rinvenibili in entrambe le
fattispecie, il rimettente conclude ritenendo che la disciplina
impugnata configuri un’ingiustificata disparita’ di trattamento tra
situazioni uguali ed integri quindi la lesione dell’art. 3 Cost.
Infine, la Commissione tributaria provinciale di Grosseto censura
la norma anche per il contrasto con l’art. 53 Cost., in quanto essa
violerebbe altresi’ «il principio della capacita’ contributiva che
sarebbe disatteso con una applicazione formalistica della noma
censurata».
2.- Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o
comunque infondata.
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato non sarebbe
configurabile la violazione del principio di uguaglianza, stabilito
dall’art. 3 Cost., in quanto il legislatore avrebbe sottoposto a
diversa disciplina situazioni non omogenee ne’, comunque, la
diversita’ della disciplina parrebbe integrare gli estremi della
manifesta irragionevolezza.
In particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri rammenta
che la Corte costituzionale ha in piu’ occasioni dichiarato
infondate, o manifestamente infondate, le questioni di legittimita’
costituzionale prospettate avverso le norme che non prevedevano
l’utilizzazione dei dati catastali ai fini della determinazione
dell’imponibile dell’imposta di registro sui trasferimenti
immobiliari o dell’Imposta comunale sugli immobili (ICI), allorquando
le norme censurate si riferissero a fattispecie non omogenee rispetto
a quelle per le quali era invece prevista l’utilizzazione di tale
criterio tabellare (ex plurimis: ordinanze n. 287 del 2000, n. 582
del 1989, n. 789 del 1988 e n. 586 del 1987).
Ritiene l’Avvocatura generale che, in base ai medesimi principi,
sia manifestamente infondata la questione di legittimita’ prospettata
nel caso di specie; e cio’ in quanto le situazioni poste a confronto
– sebbene abbiano uno stesso comune denominatore, rappresentato
dall’avvenuto acquisto di un immobile da destinare a prima
abitazione, per il quale siano stati chiesti ed ottenuti i relativi
benefici fiscali – sarebbero contraddistinte da un decisivo elemento
differenziale: in un caso l’acquisto e’ effettuato mediante un
contratto di diritto privato, mentre nell’altro caso l’acquisto si
realizza mediante l’aggiudicazione ad un pubblico incanto. La palese
difformita’ delle situazioni impedirebbe, secondo il patrocinio
erariale, di sostenere che il legislatore avrebbe dovuto stabilire un
unico ed uniforme criterio per la determinazione dell’imponibile, in
base al principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. Ne’, si
prosegue, si potrebbe dire che la determinazione di differenziare la
disciplina della materia nelle due ipotesi poste a confronto ecceda i
limiti della ragionevolezza, che costituiscono il limite intrinseco
della discrezionalita’ del legislatore. Al contrario, secondo il
Presidente del Consiglio dei ministri, la differenza di disciplina
sarebbe perfettamente adeguata alla predetta diversita’ delle
situazioni. Apparirebbe infatti perfettamente logica la
determinazione di limitare il ricorso ai dati catastali alle sole
compravendite effettuate per atto negoziale, che non fornisce
normalmente nessuna certezza in ordine al prezzo effettivamente
corrisposto ed all’effettivo valore del bene: ad ovviare a tale
situazione di incertezza sarebbe quindi sopraggiunta la previsione
dell’art. 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005, prevedendo
l’utilizzazione di un parametro obiettivo per determinare
l’imponibile, ed evitando in tal modo onerose ed aleatorie
controversie estimative tra contribuente e fisco. Non ricorrerebbe
invece nessuna ragione per estendere lo stesso criterio alle vendite
giudiziarie, nelle quali – si osserva – il prezzo di aggiudicazione
e’ accertato da un pubblico ufficiale e costituisce di per se’ un
elemento obiettivo per il calcolo dell’imposta dovuta sull’atto di
trasferimento.
La difesa erariale evidenzia ulteriormente che la diversita’ dei
criteri adottati per la liquidazione dell’imposta di registro dovuta
non potrebbe comunque comportare alcuna disparita’ sostanziale nel
trattamento delle parti, perche’ in entrambi i casi il prezzo di
acquisto sarebbe determinato in modo obiettivo e rappresenterebbe lo
strumento di determinazione del valore del bene, che costituisce a
sua volta la base imponibile del tributo. Difatti, si prosegue, nel
caso di acquisto mediante procedura esecutiva o asta pubblica, il
parametro e’ offerto dal dato certo del prezzo di aggiudicazione; nel
caso di acquisto effettuato mediante contratto, il ricorso ai dati
catastali tenderebbe al medesimo risultato, perche’ esso si
esaurirebbe in uno strumento per determinare il valore del bene in
via presuntiva e con un metodo semplificato (in tal senso e’
richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 463 del 1995,
secondo cui «la valutazione forfettaria […] si risolve in una mera
semplificazione del sistema di determinazione dei valori,
riconducibile al genere di utilizzazione delle presunzioni»).
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato non avrebbe invece
fondamento, in quanto da ritenersi fondata su considerazioni
puramente empiriche, la tesi che sembrerebbe sottesa alla ordinanza
di rimessione, secondo cui la determinazione della base imponibile,
facendo riferimento al valore catastale, costituirebbe uno strumento
di favore per determinare l’imposta dovuta, in guisa che
assumerebbero carattere discriminatorio quei trattamenti che fossero
fondati su altri criteri, che il giudice a quo ritiene meno
favorevoli.
In proposito, osserva il Presidente del Consiglio dei ministri
che qualora si volesse dare rilievo a simili considerazioni, dovrebbe
parimenti valere la constatazione – come dato ricavabile
dall’esperienza – che l’aggiudicazione del bene ad un’asta
giudiziaria avviene normalmente ad un prezzo inferiore all’effettivo
valore di mercato. Ne conseguirebbe che in simili fattispecie la
determinazione dell’imponibile in base al prezzo di aggiudicazione
comporterebbe anch’essa un vantaggio per il contribuente, alla pari
di quella effettuata in base ai dati catastali, perche’
rappresenterebbe comunque un criterio piu’ favorevole rispetto a
quello ordinario, che e’ fondato sulla stima dell’effettivo valore di
mercato del bene.
Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la
prospettata questione di illegittimita’ costituzionale per asserita
violazione dell’art. 53 Cost. sia manifestamente inammissibile,
mancando ogni motivazione sulle censure formulate con riferimento a
tale parametro. Comunque sia, a tal riguardo, la difesa erariale
osserva che non si comprenderebbe sotto quale profilo si possa
configurare l’asserita lesione dei principi costituzionali stabiliti
dalla suddetta norma. Infatti, il prezzo di aggiudicazione, che
l’art. 44 del d.P.R. n. 131 del 1986 assume a base per la
liquidazione dell’imposta di registro gravante sul trasferimento,
costituirebbe un elemento perfettamente idoneo per valutare la
capacita’ contributiva dell’aggiudicatario e, pertanto, un parametro
perfettamente adeguato per il calcolo del tributo, nel pieno rispetto
dei principi stabiliti dalla predetta norma costituzionale.

Considerato in diritto

1.- Con l’ordinanza in epigrafe la Commissione tributaria
provinciale di Grosseto ha sollevato questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005,
n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), in riferimento
agli artt. 3 e 53 della Costituzione.
Il giudizio a quo e’ scaturito da una procedura esecutiva di un
bene immobile adibito ad uso residenziale, tenutasi presso il
Tribunale di Grosseto, in esito alla quale era risultato
aggiudicatario il ricorrente. Dovendo egli destinare il bene a
propria abitazione, in occasione della registrazione del decreto del
giudice dell’esecuzione che disponeva il trasferimento dell’immobile
aveva chiesto all’Agenzia delle entrate di poter usufruire delle
agevolazioni per la "prima casa di abitazione", previste dall’art. 1,
nota II-bis, della Tariffa allegata al decreto del Presidente della
Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del Testo unico delle
disposizioni concernenti l’imposta di registro).
Chiedeva altresi’ di usufruire della facolta’ prevista dall’art.
1, comma 497, della legge n. 266 del 2005, secondo cui «In deroga
alla disciplina di cui all’articolo 43 del testo unico delle
disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e fatta salva
l’applicazione dell’articolo 39, primo comma, lettera d), ultimo
periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 600, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche
che non agiscano nell’esercizio di attivita’ commerciali, artistiche
o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e
relative pertinenze, all’atto della cessione e su richiesta della
parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle
imposte di registro, ipotecarie e catastali e’ costituita dal valore
dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, commi 4 e 5, del
citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica
n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito
indicato nell’atto. Le parti hanno comunque l’obbligo di indicare
nell’atto il corrispettivo pattuito. Gli onorari notarili sono
ridotti del 30 per cento».
In relazione a detta istanza l’Agenzia delle entrate aveva
accordato le agevolazioni per la «prima casa di abitazione», ma non
aveva accolto la richiesta di beneficiare della disciplina prevista
dall’art. 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005, applicando di
conseguenza la tassazione sul prezzo di aggiudicazione, come previsto
dall’art. 44, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986. Poiche’ – nel caso
di specie – la base imponibile, calcolata secondo il criterio
stabilito dall’art. 44, era piu’ elevata rispetto al criterio
cosiddetto "tabellare" di cui all’art. 52, commi 4 e 5, del predetto
d.P.R. n. 131 del 1986, il ricorrente del giudizio a quo, dopo aver
pagato l’imposta nella misura pretesa, chiedeva il rimborso della
differenza.
Detta istanza non veniva accolta dall’Agenzia delle entrate, la
quale faceva presente come nel caso in esame dovesse trovare
applicazione l’art. 44 del d.P.R. n. 131 del 1986, inerente alla
vendita di beni immobili ad uso abitativo acquisiti «in sede di
espropriazione forzata ovvero all’asta pubblica e per i contratti
stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto».
Il predetto diniego veniva impugnato davanti alla Commissione
tributaria provinciale di Grosseto. Quest’ultima dubita della
legittimita’ della norma censurata nella parte in cui essa non
estende all’ipotesi della registrazione della vendita di beni
immobili in sede di espropriazione forzata ed a seguito di pubblico
incanto il regime delle transazioni private aventi ad oggetto la
medesima categoria di beni immobili. Vi sarebbe, infatti
un’ingiustificata discriminazione del trattamento tributario
riservato ad una categoria omogenea di beni, sulla base del mero
presupposto del tipo di transazione assoggettato a prelievo, con
conseguente violazione dei precetti contenuti negli artt. 3 e 53
Cost.
2.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto
nel giudizio incidentale, non sarebbe configurabile la violazione del
principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., quando – come nel
caso in esame – il legislatore sottopone a diversa disciplina
situazioni non omogenee e quando la diversita’ della disciplina non
raggiunge gli estremi della manifesta irragionevolezza.
Le situazioni poste a confronto – sebbene caratterizzate dal
comune denominatore dell’acquisto di un immobile da destinare a prima
abitazione, per il quale siano stati chiesti ed ottenuti i relativi
benefici fiscali – sarebbero contraddistinte da un decisivo elemento
differenziale: in un caso l’acquisto sarebbe effettuato mediante un
contratto di diritto privato, mentre nell’altro esso sarebbe
realizzato a seguito di espropriazione forzata. La palese difformita’
delle situazioni impedirebbe di sostenere la necessita’ di un unico
ed uniforme criterio per la determinazione dell’imponibile, sulla
base del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.
La differenziazione della disciplina delle due ipotesi poste a
confronto non eccederebbe il canone della ragionevolezza, che
costituisce il limite intrinseco della discrezionalita’ del
legislatore. Al contrario, essa sarebbe perfettamente adeguata alla
predetta diversita’ delle situazioni, limitando il ricorso ai dati
catastali alle sole compravendite effettuate per atto negoziale,
nelle quali detto criterio semplificato supplirebbe alla situazione
di incertezza che caratterizza l’entita’ del prezzo effettivamente
corrisposto, mentre non vi sarebbe alcuna ragione per estendere lo
stesso sistema ai trasferimenti conseguenti a procedure espropriative
e a pubblici incanti, nelle quali il prezzo di aggiudicazione e’
accertato da un pubblico ufficiale e costituisce, di per se’,
elemento obiettivo per il calcolo dell’imposta dovuta sull’atto di
trasferimento.
La diversita’ dei criteri adottati per la liquidazione
dell’imposta di registro non comporterebbe nessuna disparita’
sostanziale, perche’ in entrambi i casi il prezzo di riferimento
verrebbe determinato in modo obiettivo e rappresenterebbe lo
strumento piu’ idoneo di determinazione della base imponibile del
tributo.
3.- La questione sollevata in riferimento all’art. 53 Cost. e’
inammissibile.
Il rimettente, infatti, non svolge alcun percorso argomentativo
idoneo a collegare la norma impugnata al parametro costituzionale
evocato.
4.- Ai fini dell’esame della questione sollevata in riferimento
all’art. 3 Cost., e’ opportuno effettuare una ricognizione delle
norme succedutesi nel tempo in materia e dei relativi orientamenti
giurisprudenziali, cosi’ da ricostruire il contesto ordinamentale nel
quale si e’ venuta ad inserire la norma censurata.
Preliminarmente, e’ utile ricordare che il criterio generale per
determinare la base imponibile degli atti che hanno ad oggetto beni
immobili o diritti reali immobiliari, enunciato dal d.P.R. n. 131 del
1986, e’ costituito dal valore del bene o del diritto alla data
dell’atto (art. 43, comma 1, lettera a) – da intendersi nel senso di
valore venale in comune commercio (art. 51, comma 1) – oppure dal
corrispettivo pattuito, se questo sia superiore al valore venale
(art. 51, comma 2).
Peraltro, il legislatore aveva gia’ introdotto con l’art. 52,
comma 4, del medesimo decreto legislativo, l’istituto della
"valutazione automatica" dei beni. Detta valutazione e’ fondata sul
criterio "tabellare", secondo cui non sono sottoposti a rettifica il
valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con
attribuzione di rendita, dichiarato in misura «non inferiore» ai
valori determinati applicando alla rendita catastale del fabbricato o
porzione di fabbricato determinati moltiplicatori. La ratio della
suddetta eccezione era chiaramente ispirata all’esigenza di superare
le difficolta’ di determinazione del valore venale dei singoli
immobili e di deflazionare il rilevante contenzioso che ne derivava.
Secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimita’ (ex
plurimis Cass. n. 24566 del 2005, n. 12448 del 2004 e n. 1815 del
2004), tale disposizione non aveva provocato un mutamento nella
determinazione della base imponibile (che rimaneva comunque il valore
venale o, se maggiore, il corrispettivo dichiarato nell’atto), bensi’
aveva introdotto una preclusione di tipo procedimentale, limitando il
potere di rettifica attribuito agli uffici finanziari dagli artt. 52,
commi da 1 a 3, e 55 del d.P.R. n. 131 del 1986.
Successivamente, la norma impugnata ha derogato, per le sole
cessioni di unita’ abitative e delle relative pertinenze, al criterio
contenuto nell’art. 43 del d.P.R. n. 131 del 1986, stabilendo che,
nelle ipotesi previste da detta disposizione, la base imponibile
venga individuata – su richiesta della parte acquirente – nel «valore
dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, commi 4 e 5»,
del d.P.R. n. 131 del 1986, e cioe’ nel valore "tabellare". A
differenza della disposizione precedente, la norma prevede che il
valore dell’immobile sia determinato facendo riferimento ai valori
desumibili dai dati catastali «indipendentemente dal corrispettivo
pattuito indicato nell’atto» (l’indicazione del corrispettivo e’
divenuta obbligatoria in seguito alla modifica apportata dall’art.
35, comma 21, lettera a, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223,
recante «Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale,
per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica,
nonche’ interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione
fiscale», convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n.
248).
In conseguenza di cio’, la dichiarazione di un corrispettivo
superiore non conduce piu’ alla tassazione su tale maggior valore,
come invece previsto dall’art. 51, comma 1, del d.P.R. n. 131 del
1986, ma l’imposizione resta commisurata al valore catastale
dell’immobile come determinato «ai sensi dell’art. 52, commi 4 e 5»
del d.P.R. n. 131 del 1986.
4.1.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,
l’introduzione della norma sarebbe giustificata dalla sola finalita’
di acquisire dati obiettivi – attraverso la veritiera indicazione del
prezzo da parte dell’acquirente effettuata in un regime di
"neutralita’ fiscale" e quindi senza il timore di incorrere in un
aggravio impositivo – per realizzare il progressivo aggiornamento dei
dati catastali senza con questo inficiare il collaudato strumento
della tassazione sul valore catastale, necessario per superare le
incertezze insite nella determinazione dei valori delle compravendite
in libero mercato e prevenire il conseguente contenzioso.
L’assunto non puo’ essere condiviso. Un esame obiettivo della
configurazione della norma impugnata consente, invece, di attribuire
ad essa un’ulteriore finalita’, che e’ rilevante – come di seguito
precisato – per la definizione del presente giudizio: quella di
consentire al contribuente di scegliere la soluzione piu’ conveniente
in relazione all’andamento del mercato immobiliare. L’attuale sistema
consente, infatti, non solo di esercitare il diritto potestativo
consistente nella scelta del valore determinato secondo il criterio
"tabellare", ma anche, in presenza di fasi congiunturali avverse,
quando i prezzi degli immobili in regime di libero mercato risultino
– anche a seguito dell’eventuale concomitante aggiornamento dei dati
catastali – inferiori al medesimo criterio "tabellare", di non
chiedere l’applicazione di tale criterio.
Allo stato della legislazione, analoga facolta’ di scelta e’
preclusa – ed e’ su questo profilo di differenziazione che si
concentrano le censure del rimettente – agli acquirenti della stessa
categoria di immobili destinati ad uso abitativo, che parimenti non
agiscono nell’esercizio di attivita’ commerciali, artistiche o
professionali, ma acquisiscono la proprieta’ in esito a procedure
esecutive o per asta pubblica. Per gli stessi vale indefettibilmente
il riferimento al valore della transazione.
5.- Alla luce delle esposte premesse, la questione sollevata in
riferimento all’art. 3 Cost. e’ fondata.
Nel caso in esame non si e’ in presenza, come sostenuto dal
Presidente del Consiglio dei ministri, di fattispecie ragionevolmente
differenziate sotto il profilo oggettivo – per le quali vale il
principio piu’ volte enunciato da questa Corte, secondo cui non sono
fondate le questioni di legittimita’ costituzionale delle norme che
non prevedono l’utilizzazione dei dati catastali ai fini della
determinazione dell’imponibile dell’imposta, quando le norme
censurate si riferiscono a fattispecie non omogenee rispetto a quelle
per le quali e’ prevista l’utilizzazione di tale criterio "tabellare"
(ex plurimis: ordinanze n. 287 del 2000, n. 582 del 1989, n. 789 del
1988 e n. 586 del 1987) – bensi’ di una disparita’ di disciplina che
attiene ad una categoria di immobili sostanzialmente unitaria quanto
alla natura ed alla peculiare destinazione.
In questo contesto, la illegittimita’ della norma si concreta
nella mancata previsione – a favore delle persone fisiche che
acquistano a seguito di procedura espropriativa o di pubblico incanto
– del diritto potestativo, al contrario riconosciuto all’acquirente
in libero mercato, di far riferimento, ai fini della determinazione
dell’imponibile di fabbricati ad uso abitativo in materia di imposte
di registro, ipotecarie e catastali, al valore "tabellare"
dell’immobile. Infatti, detta ipotesi e’ disciplinata in via generale
dall’art. 44 dello stesso d.P.R. n. 131 del 1986, disposizione,
quest’ultima, non richiamata – diversamente dal precedente art. 43
del d.P.R. n. 131 del 1986 – dalla norma che si assume
costituzionalmente illegittima in parte qua.
5.1.- Non puo’ essere condivisa la tesi propugnata
dall’Avvocatura generale dello Stato, la quale sottolinea, nella
disposizione in esame, la finalita’ – che non sarebbe conferente con
l’altra tipologia di transazioni cui appartiene la fattispecie
rimessa a questa Corte – di favorire l’indicazione negli atti dei
corrispettivi effettivi e, quindi, di consentire progressivamente
all’amministrazione finanziaria di adeguare le rendite catastali ai
reali valori di mercato.
Infatti, nella fattispecie in esame occorre considerare che il
meccanismo introdotto dalla norma impugnata opera, per espressa
volonta’ del legislatore, solamente in relazione ad una libera scelta
del contribuente. A differenza della precedente disposizione,
essenzialmente di carattere processuale, quella impugnata riveste
natura sostanziale ed attribuisce alla sfera giuridica
dell’acquirente la potesta’ di chiedere la valutazione del bene
secondo il valore catastale (come determinato dal richiamo all’art.
52, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 131 del 1986).
La pretesa diversita’ delle due fattispecie negoziali invocata
dal Presidente del Consiglio dei ministri non e’ dunque in grado di
giustificare la circostanza che l’individuazione della base
imponibile, tra il criterio fondato sul valore "tabellare" e quello
basato sul prezzo vero, sia rimessa dalla norma impugnata proprio
alla scelta del contribuente.
Ed in vero, le finalita’ di garantire il progressivo
aggiornamento dei dati catastali e di deflazionare il contenzioso
rimuovendo le possibili incertezze insite nella determinazione dei
valori effettivi nelle compravendite in libero mercato sarebbero
state egualmente assicurate attraverso la semplice indicazione del
valore "tabellare", senza introdurre il meccanismo della libera
scelta del contribuente, tenuto conto che e’ «comunque» posto alle
parti l’obbligo di dichiarare nell’atto il corrispettivo pattuito,
senza piu’ il timore di incorrere in un aggravio impositivo.
Analogamente, non e’ condivisibile l’obiezione secondo cui l’art.
1, comma 497, della legge n. 266 del 2005 non costituirebbe
un’agevolazione, dato che essa non svolgerebbe i suoi effetti
nell’ambito proprio delle agevolazioni (cosi’ come configurate dal
d.P.R. n. 131 del 1986), che afferiscono alle aliquote e non ai
criteri di determinazione della base imponibile (trattati nel Titolo
IV del medesimo decreto).
A differenza della precedente disciplina, la norma impugnata
attribuisce all’acquirente in libero mercato la potesta’ di chiedere
la valutazione del bene secondo il valore "tabellare", con cio’
ampliando la sua sfera soggettiva in modo differenziato dalla
categoria di acquirenti cui appartiene il ricorrente del giudizio a
quo.
In sostanza, l’art. 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005,
pur non obliterando le finalita’ che ne avevano giustificato
l’adozione, ha assunto un piu’ vasto ambito precettivo. Mentre la
precedente disposizione mirava solamente a deflazionare il
contenzioso, quella oggetto di scrutinio esprime anche un’evidente
valenza agevolativa, laddove consente al contribuente di non
scegliere immancabilmente, tra i diversi criteri di determinazione
della base imponibile, quello fondato sul valore "tabellare" (che
potrebbe essere meno vantaggioso in situazioni congiunturali
avverse), bensi’ quello ritenuto meno oneroso e quindi piu’
conveniente.
La mera differenziazione del contesto acquisitivo del bene non e’
dunque sufficiente a giustificare la discriminazione di due
fattispecie caratterizzate da una sostanziale omogeneita’ (sentenze
n. 328 del 1983, n. 156 del 1976 e n. 39 del 1970), in particolare,
con riguardo all’esclusivita’ del diritto potestativo concesso
all’acquirente in libero mercato.
6.- Per le esposte considerazioni, la disposizione impugnata deve
essere dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui
non prevede la facolta’, per gli acquirenti di immobili ad uso
abitativo e relative pertinenze acquisiti in sede di espropriazione
forzata e di pubblici incanti, che non agiscono nell’esercizio di
attivita’ commerciali, artistiche o professionali, di richiedere che,
in deroga all’art. 44, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986, la base
imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali
sia costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi
dell’art. 52, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 131 del 1986.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 1, comma
497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2006), nella parte in cui non prevede la facolta’, per
gli acquirenti di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze
acquisiti in sede di espropriazione forzata o a seguito di pubblico
incanto, i quali non agiscono nell’esercizio di attivita’
commerciali, artistiche o professionali, di chiedere che, in deroga
all’art. 44, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione
del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di
registro), la base imponibile ai fini delle imposte di registro,
ipotecarie e catastali sia costituita dal valore dell’immobile
determinato ai sensi dell’art. 52, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 131 del
1986, fatta salva l’applicazione dell’art. 39, primo comma, lettera
d), ultimo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
(Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui
redditi).
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 gennaio 2014.

F.to:
Luigi MAZZELLA, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2014.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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