Corte Costituzionale sentenza n. 8 SENTENZA 15 – 23 gennaio 2014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 3 della
legge della Regione Puglia 28 dicembre 2012, n. 45 (Disposizioni per
la formazione del bilancio di previsione 2013 e bilancio pluriennale
2013-2015 della Regione Puglia), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 febbraio-4 marzo
2013, depositato in cancelleria il 7 marzo 2013 ed iscritto al n. 40
del registro ricorsi 2013.
Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;
udito nell’udienza pubblica del 19 novembre 2013 il Giudice
relatore Giancarlo Coraggio;
uditi l’avvocato dello Stato Massimo Massella Ducci Teri per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato il 28 febbraio-4 marzo 2013 e
depositato il 7 marzo successivo, il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, ha promosso questioni di legittimita’ costituzionale dell’art.
3 della legge della Regione Puglia 28 dicembre 2012, n. 45
(Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2013 e
bilancio pluriennale 2013-2015 della Regione Puglia), per violazione:
a) degli artt. 3 e 97 della Costituzione; b) del principio di
progressivita’ cristallizzato nell’art. 53 Cost.; c) dell’art. 117,
terzo comma, Cost. sotto il profilo del coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario e, quale norma interposta,
dell’art. 6 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68
(Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a
statuto ordinario e delle province, nonche’ di determinazione dei
costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario).
La norma impugnata prevede l’incremento per scaglioni di reddito
dell’aliquota dell’addizionale regionale, cosi’ originariamente
disponendo: «1. A decorrere dal 1° gennaio 2013, l’addizionale
regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) di
cui all’articolo 6 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68
(Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a
statuto ordinario e delle province, nonche’ di determinazione dei
costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), e’
determinata per scaglioni di reddito, applicando, al netto degli
oneri deducibili, le seguenti maggiorazioni all’aliquota
dell’addizionale regionale all’IRPEF di base: a) per i redditi sino a
euro 15 mila: 0,1 per cento; b) per i redditi oltre euro 15 mila e
sino a euro 28 mila: 0,2 per cento; c) per i redditi oltre 28 mila
euro e sino a 55 mila euro: 0,5 per cento; d) per i redditi oltre 55
mila euro e sino a 75 mila euro: 0,5 per cento; e) per i redditi
oltre euro 75 mila: 0,5 per cento. 2. In caso di modifica degli
scaglioni di reddito previsti dall’articolo 11 del Testo unico delle
imposte sui redditi, emanato con decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la maggiorazione dell’aliquota
di base dell’addizionale pari a 0,1 per cento permane sul primo
scaglione di reddito; la maggiorazione dell’aliquota di base
dell’addizionale pari a 0,2 per cento permane sul secondo scaglione
di reddito; mentre la maggiorazione dell’aliquota di base
dell’addizionale pari a 0,5 per cento permane sui successivi
scaglioni. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 assicurano la
differenziazione dell’addizionale regionale all’IRPEF, secondo gli
scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge
statale».
A parere del Presidente del Consiglio dei ministri, la norma –
stabilendo l’applicazione di un’unica aliquota (pari allo 0,5 per
cento) per una fascia di redditi particolarmente estesa (dai 28 mila
euro annui sino a tutti i redditi oltre i 75 mila euro annui) e
prevedendo che le variazioni decorrano dal 1o gennaio 2013 –
violerebbe i parametri costituzionali sopra citati e si porrebbe in
contrasto con le norme statali in materia di rimodulazione delle
aliquote dell’addizionale regionale IRPEF. In particolare, l’art. 6
del d.lgs. n. 68 del 2011, accorderebbe alle regioni la facolta’ di
variazione dell’aliquota dell’addizionale regionale solo a fronte di
una differenziazione delle aliquote rispettosa del principio di
progressivita’ e con l’integrale rispetto degli scaglioni previsti
dal legislatore statale. Sempre l’art. 6 predetto, al comma 4, come
modificato dall’art. 1, comma 555, della legge 24 dicembre 2012, n.
228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), accorderebbe
tale facolta’ solo a decorrere dall’anno 2014, mentre la norma
impugnata prevede la decorrenza a partire dal 2013.
2.- Si e’ costituita in giudizio la Regione Puglia, la quale ha
chiesto che il ricorso sia dichiarato non fondato.
Essa premette che gia’ prima dell’approvazione del d.lgs. n. 68
del 2011 la Corte costituzionale aveva riconosciuto la possibilita’
per le regioni di rimodulare l’addizionale regionale all’IRPEF in
senso conforme al criterio di progressivita’, in quanto valore
cardine del sistema tributario consacrato dal secondo comma dell’art.
53 Cost. (sentenza n. 2 del 2006). Tale indicazione sarebbe stata poi
recepita dall’art. 6, comma 4, del citato d.lgs. n. 68 del 2011,
nella parte in cui prevede che le regioni possono stabilire aliquote
dell’addizionale regionale all’IRPEF differenziate, in relazione agli
scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge
statale.
La Regione evidenzia che l’interpretazione della norma statale da
ultimo citata, tanto letterale quanto logica, conduce a risultati del
tutto differenti da quelli sostenuti dal ricorrente. Una prima
analisi in chiave lessicale condurrebbe a sostenere che il vincolo
nell’esercizio dell’autonomia regionale si concreterebbe unicamente
nel divieto di adottare scaglioni di reddito privi di collegamento
con quelli individuati dal legislatore statale ai fini
dell’applicazione dell’addizionale regionale all’IRPEF e non
nell’obbligo di prevedere tutti gli scaglioni fissati dal legislatore
statale. Tale lettura sarebbe confermata, sul piano letterale,
dall’uso di un termine che indica una facolta’ («le regioni
possono»), il quale comporterebbe che deve ritenersi ferma la
possibilita’ per le regioni di mantenere un’aliquota unica
dell’addizionale regionale all’IRPEF del tutto indifferente rispetto
al reddito individuale.
Viene, infine, rimarcato che la previgente legge regionale 30
dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni per la formazione del bilancio di
previsione 2012 e bilancio pluriennale 2012-2014 della Regione
Puglia) prevedeva, gia’ per l’anno 2012, i medesimi scaglioni di
reddito previsti dalla impugnata legge regionale n. 45 del 2012 ed
era improntata ad un criterio di progressivita’ anche meno incisivo
rispetto alla legge attuale (0,3 per cento per i primi due scaglioni
di reddito e 0,5 per cento per gli ultimi tre). Tale legge regionale,
pur esprimendo un criterio di progressivita’ meno accentuato, a
parita’ di normativa vigente e di scaglioni previsti, non e’ stata, a
suo tempo, oggetto di impugnazione.
Con specifico riferimento all’applicazione temporale del
principio direttivo contenuto nel comma 4 dell’art. 6 del d.lgs. n.
68 del 2011, la Regione rileva che il limite temporale imposto dalla
legge statale – originariamente fissato alla data del primo gennaio
2013 e, poi, differito alla data del primo gennaio 2014, ad opera
della modifica introdotta dall’art. l, comma 555, della legge n. 228
del 2012 – si riferisce non gia’ alla facolta’ regionale di
assicurare progressivita’ all’attuazione del prelievo, bensi’ al
divieto di differenziare le aliquote dell’addizionale in spregio agli
scaglioni di reddito erariali.
In chiusura la Regione aggiunge la considerazione secondo cui,
ove pure volesse condividersi l’assunto del ricorrente, secondo cui
le regioni, oltre ad uniformarsi agli scaglioni di reddito stabiliti
dalla legge statale, dovrebbero incrementare obbligatoriamente
l’aliquota in relazione ad ogni scaglione, la questione orbiterebbe
comunque attorno ad una disposizione che entrera’ in vigore solo il
1o gennaio 2014 e che non potrebbe, quindi, invalidare il pregresso
operato regionale.
3.- In data 29 ottobre 2013 il Presidente del Consiglio dei
ministri ha depositato memoria, ribadendo le proprie argomentazioni.
4.- All’udienza pubblica il ricorrente ha insistito per
l’accoglimento della questione promossa.

Considerato in diritto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della
legittimita’ costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione
Puglia 28 dicembre 2012, n. 45 (Disposizioni per la formazione del
bilancio di previsione 2013 e bilancio pluriennale 2013-2015 della
Regione Puglia), per violazione: a) degli artt. 3 e 97 della
Costituzione; b) del principio di progressivita’ cristallizzato
nell’art. 53 Cost.; c) dell’art. 117, terzo comma, Cost. sotto il
profilo del coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario e, quale norma interposta, dell’art. 6 del decreto
legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di
autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle
province, nonche’ di determinazione dei costi e dei fabbisogni
standard nel settore sanitario).
A parere del ricorrente, la norma, stabilendo l’applicazione di
un’unica aliquota (pari allo 0,5 per cento) per una fascia di redditi
particolarmente estesa (dai 28 mila euro annui sino a quelli oltre i
75 mila euro) e prevedendone l’applicazione a decorrere dal 1o
gennaio 2013, violerebbe i parametri costituzionali citati e si
porrebbe in contrasto con le norme statali in materia di
rimodulazione delle aliquote dell’addizionale regionale IRPEF. In
particolare, l’art. 6 del d.lgs. n. 68 del 2011 accorderebbe alle
regioni la facolta’ di variazione dell’aliquota dell’addizionale
regionale solo a fronte di una differenziazione rispettosa del
principio di progressivita’ e imporrebbe l’applicazione integrale
degli scaglioni fissati dal legislatore statale. Lo stesso articolo
6, al comma 4, come modificato dall’art. 1, comma 555, della legge 24
dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013),
accorderebbe tale facolta’ solo a decorrere dall’anno 2014.
2.- La Regione Puglia sostiene l’infondatezza delle questioni
promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, evidenziando che,
gia’ prima dell’approvazione del d.lgs. n. 68 del 2011, la Corte
costituzionale aveva riconosciuto la possibilita’ per le regioni di
rimodulare l’addizionale regionale all’IRPEF in senso conforme al
criterio di progressivita’, in quanto valore cardine del sistema
tributario consacrato dal secondo comma dell’art. 53 Cost. (sentenza
n. 2 del 2006).
Aggiunge, poi, che il vincolo fissato dal comma 4 dell’art. 6 del
citato decreto legislativo si concreterebbe non nell’obbligo di
prevedere l’addizionale per tutti gli scaglioni fissati dal
legislatore statale ma unicamente nel divieto di adottare scaglioni
di reddito diversi rispetto a questi ultimi. Quanto all’applicazione
del principio contenuto nel medesimo comma, la Regione rileva come il
limite temporale imposto dalla legge statale si riferirebbe non gia’
alla facolta’ regionale di assicurare progressivita’ all’attuazione
del prelievo, bensi’ unicamente al divieto di differenziare le
aliquote dell’addizionale in spregio agli scaglioni di reddito
erariali.
3.- Va preliminarmente rilevato che l’art. 3, comma 1, lettere c)
e d), della impugnata legge regionale e’ stato modificato dall’art.
4, comma 1, lettere a) e b), della legge della Regione Puglia 7
agosto 2013, n. 26 (Assestamento e prima variazione al bilancio di
previsione per l’esercizio finanziario 2013), alla cui stregua
l’incremento dell’aliquota dell’addizionale regionale per gli ultimi
tre scaglioni di reddito e’ stato diversificato con l’introduzione di
aliquote differenziate in relazione ad ogni scaglione (pari,
rispettivamente, allo 0,48 per cento; allo 0,49 per cento ed allo 0,5
per cento).
E’ rimasto invariato il comma 2 dell’impugnato art. 3, il quale
prevede che, in caso di modifica degli scaglioni di reddito statali,
rimangano ferme le addizionali, specificandone le aliquote negli
stessi termini della versione originaria del comma 1.
4.- Secondo il ricorrente la nuova modulazione delle aliquote e’
sostanzialmente coincidente con quella oggetto di impugnazione,
variandole in misura cosi’ trascurabile da mantenere ferma la
struttura complessiva della norma.
In effetti, e’ evidente l’irrilevanza delle modifiche apportate
rispetto al thema decidendum che, come emerge in particolare dalle
difese regionali, attiene, oltre che all’osservanza del principio di
progressivita’, all’esistenza dell’obbligo di applicare integralmente
gli scaglioni statali, alla stregua dei parametri sia costituzionali
che interposti invocati ex adverso.
Pertanto, in forza del principio di effettivita’ della tutela
costituzionale delle parti nei giudizi in via d’azione, la questione
di legittimita’ costituzionale deve essere trasferita sulla nuova
norma (sentenze n. 40 del 2012;
n. 533 del 2002 e ordinanza n. 137 del 2004), poiche’ essa si
pone nei medesimi termini, con riguardo sia alla formulazione
originaria (che, del resto, riferendosi all’anno finanziario 2014,
non ha trovato applicazione) sia a quella risultante dalle modifiche
apportate dal comma 1 dell’art. 4 della legge reg. n. 26 del 2013.
5.- Con riferimento alla quantificazione delle addizionali puo’
quindi procedersi all’esame della questione di costituzionalita’ in
modo unitario sia per il comma 1 sia per il comma 2, il quale,
essendo rimasto immutato, prevede una medesima aliquota per gli
ultimi tre scaglioni.
5.1.- Va dichiarata l’inammissibilita’ della questione relativa
ai parametri dettati dagli artt. 3 e 97 Cost.
Si deve ribadire la consolidata giurisprudenza di questa Corte
secondo la quale la questione di legittimita’ costituzionale e’
inammissibile allorche’ manchi qualsivoglia argomentazione a supporto
della stessa (ex plurimis: sentenze n. 114, n. 20 e n. 8 del 2013; n.
212 del 2012; n. 200, n. 119, n. 45 e n. 10 del 2010; n. 247 del
2009). Nel caso di specie, il ricorso manca di ogni motivazione delle
censure legate a questi parametri costituzionali, atteso che si
limita a richiamarli senza esporre in che modo essi risultino incisi.
5.2.- Quanto ai restanti parametri invocati in ordine alla
disciplina delle addizionali, la questione non e’ fondata.
5.2.1.- Le norme censurate innanzitutto non violano il principio
di progressivita’ contenuto nell’art. 53 Cost.
Questa Corte ha piu’ volte chiarito che la progressivita’ e’
principio che deve informare l’intero sistema tributario nel suo
complesso e non il singolo tributo (sentenze n. 223 del 2012; n. 2
del 2006; n. 263 del 1994; n. 159 del 1985; n. 62 del 1977 e
ordinanze n. 341 del 2000; n. 128 del 1966). A cio’ si aggiunga che
nel caso di specie e’ anche l’imposta specifica (l’IRPEF) a essere
significativamente progressiva e che tale qualita’ non e’ certo messa
in discussione dalle modeste (rispetto alle aliquote statali)
addizionali regionali, tanto nella versione originaria, quanto, e a
maggior ragione, nella nuova.
La normativa regionale, nel suo complesso, risulta quindi
pienamente rispettosa del principio di cui all’art. 53 Cost.
5.2.2.- Parimenti non puo’ ritenersi violato l’art. 117, terzo
comma, Cost.
L’art. 6 del d.lgs. n. 68 del 2011, invocato come norma
interposta, nel prevedere, al comma 1, la facolta’ per le regioni a
statuto ordinario di aumentare o diminuire l’aliquota
dell’addizionale regionale all’IRPEF di base a decorrere dall’anno
2012, con il successivo comma 4 si limita a vietare aliquote delle
addizionali disallineate rispetto agli scaglioni di reddito erariali.
Essa, dunque, contrariamente a quanto prospettato dal ricorrente,
non impone l’obbligo di osservare integralmente tutti gli scaglioni
statali, restando cosi’ affidati direttamente al principio
costituzionale di progressivita’ – nei sensi prima chiariti – i
limiti del potere regionale di differenziazione delle addizionali e
della loro misura.
Tale vincolo risulta pertanto rispettato dal legislatore
regionale in entrambe le disposizioni in esame.
6.- Anche la questione sollevata con riferimento alla disciplina
temporale dettata dalla Regione non e’ fondata.
6.1.- Secondo il ricorrente, tale disciplina sarebbe contrastante
con il comma 7 dell’art. 6 del d.lgs. n. 68 del 2011, il quale
fisserebbe un termine di applicazione «a decorrere dal 2014» per la
introduzione delle addizionali.
Si osserva in contrario che la norma si riferisce espressamente
alle «disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 6» e non al comma 1, che
– come si e’ avuto piu’ volte modo di ricordare – e’ la sede
normativa in cui viene disciplinata la facolta’ per le regioni a
statuto ordinario di aumentare o diminuire le aliquote
dell’addizionale regionale all’IRPEF.
Tale facolta’ trova nello stesso comma la propria specifica
disciplina temporale, e questa fa riferimento all’anno 2012: non vi
e’ dunque contrasto con la norma regionale destinata ad operare
dall’anno finanziario 2013.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Puglia 28
dicembre 2012, n. 45 (Disposizioni per la formazione del bilancio di
previsione 2013 e bilancio pluriennale 2013-2015 della Regione
Puglia), promossa, in riferimento agli artt. 3 e 97 della
Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il
ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara non fondata la questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Puglia n. 45 del
2012, promossa, in riferimento agli artt. 53 e 117, terzo comma,
Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso
indicato in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 gennaio 2014.

F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2014.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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