T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., 27-07-2011, n. 213 Giurisdizione del giudice ordinario e amministrativo Piano regolatore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La ricorrente espone di essere proprietaria di un fondo urbano in Comune di Taio, costituito dalle p.ed. 375 e dalla p.f. 1834 e ricompreso nelle aree di completamento disciplinate dal p.r.g. comunale.

Essa ha presentato istanza di concessione edilizia per la realizzazione di una palazzina residenziale, previa demolizione delle volumetrie preesistenti.

Con l’impugnata variante al p.r.g., medio tempore adottata dal Consiglio comunale e successivamente approvata dalla P.A.T., l’indice di densità edilizia è stato ridotto da 2 a 1,50 mc/mq, con un limite di volumetria massima di 1.650 mc per edifici isolati, aumentato a 2.500 mc. per edifici a schiera, mentre l’altezza massima ammissibile è stata ridotta da 11 a 10 metri.

Il progetto della ricorrente prevedeva invece un indice di densità edilizia di 1,97 mc/mq ed un ingombro volumetrico di mc 3.277,05, eccedenti i limiti anzidetti.

Seguiva, quindi, il provvedimento di diniego della concessione edilizia.

A sostegno del ricorso vengono dedotte più censure di eccesso di potere sotto vari profili, nonché illegittimità derivata, nel rilievo che la motivazione della variante urbanistica, di prevenire la realizzazione di interventi edilizi "in forte contrasto con le tipologie locali", urterebbe con il principio di ragionevolezza e sarebbe sintomo di difettosa istruttoria e di disparità di trattamento.

In particolare, la riduzione indifferenziata dell’indice di fabbricabilità violerebbe il principio di proporzionalità, mentre sarebbe stato più rispondente all’esigenza perseguita dall’Amministrazione l’introduzione differenziata di limiti allo sviluppo planivolumetrico delle singole costruzioni, in relazione al contesto in cui sono collocate.

In ogni caso, sarebbe illogico consentire il mantenimento delle volumetrie esistenti, con possibilità di ampliamento del 20%, come nel caso della p.ed. 375 dove già esisteva un manufatto di rilevanti dimensioni, ed imporre invece gli anzidetti limiti edificatori senza valutare che la società ricorrente, attraverso il progetto di demolizione e ricostruzione, intendeva sostanzialmente recuperare tali volumetrie.

Infine, si osserva che la concessione edilizia è stata negata anche per asserito contrasto con la normativa sul superamento delle barriere architettoniche, che in realtà sarebbe insussistente.

L’Amministrazione intimata, costituita in giudizio, ha controdedotto puntualmente concludendo per la reiezione del gravame.

Il ricorso è infondato.

Invero, secondo la tesi di parte ricorrente l’Amministrazione avrebbe dovuto introdurre un criterio differenziato di limiti all’edificabilità, che tenessero conto delle diverse situazioni presenti in ciascun lotto inedificato di completamento e nel contesto circostante.

Senonché, tale convincimento non considera che, soprattutto in un Comune di piccole dimensioni, come Taio, un tale modo di pianificare il territorio si configura come irragionevole ed incoerente con la natura del p.r.g., finendo per trasformarsi in un atipico piano attuativo.

Così opinando, parte ricorrente sovrappone le proprie interessate soluzioni di assetto del territorio a quelle della P.A., la quale, per converso, ha ben motivato sulle ragioni sottese alla variante, costituite da un limite all’eccessivo consumo edilizio del territorio posto in essere sulla base delle precedenti prescrizioni di piano.

Invece, le scelte urbanistiche costituiscono apprezzamenti di merito normalmente sottratti al sindacato di legittimità del G. A., salvo che non siano inficiati da errori di fatto, da travisamento o da abnormi illogicità e contraddittorietà (cfr., ad es.: C.d.S., Ad. plen., 22.12.1999, n. 24; T.R.G.A., Trento, 6.6.2005, n. 170 e, da ultimo, C.d.S., sez. IV, 9.6.2008, n. 2837).

Nella specie, tali macroscopici vizi funzionali non emergono affatto.

Anzi, sembra del tutto logico e coerente che con una variante al p.r.g. – intesa, come emerge dalla relazione illustrativa, a "salvaguardare il territorio da interventi che possano rompere l’equilibrio tipologicoambientale" – siano individuati nuovi e più restrittivi parametri urbanistici, che nelle aree di completamento "impediranno la realizzazione di complessi edilizi avulsi dalla realtà locale limitandone l’impatto volumetrico….. per porre freno ad un processo di utilizzo intensivo del territorio che determina, tra l’altro, effetti di sgradevole impatto visivo, riporta l’edificazione entro i limiti utilizzati di fatto negli ultimi 20 anni in termini di densità edilizia e tipologie adottate".

Dunque, per le ragioni che precedono la variante urbanistica impugnata resiste alle censure dedotte dalla ricorrente.

Non sussiste conseguentemente l’illegittimità derivata, relativamente all’impugnato diniego della concessione edilizia, mentre resta assorbita la censura relativa al secondario motivo del diniego, costituito dalla violazione della normativa sulle barriere architettoniche.

Il ricorso va quindi respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la ricorrente a rifondere al Comune resistente le spese del giudizio che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre ad I.V.A., C.N.P.A. ed al 12,5% su tale somma a titolo di spese generali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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