Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-06-2011) 21-07-2011, n. 29196 Trattamento penitenziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L’8 giugno 2010 il Magistrato di sorveglianza di Siracusa dichiarava non luogo a provvedere in ordine all’istanza avanzata da C.M., volta ad ottenere la revoca del regime di sorveglianza particolare L. n. 354 del 1975, ex art. 14-bis alla luce dell’intervenuta assoluzione dai reati ostativi, osservando che dalla posizione giuridica risultava che si trattava di detenuto non definitivo.

2. Propone ricorso per cassazione personalmente C., il quale lamenta inosservanza, erronea applicazione della legge penale e carenza della motivazione in ordine con riferimento alla mancata adozione del provvedimento richiesto.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

1. Il regime di sorveglianza particolare, previsto dall’art. 14-bis è diretto a fronteggiare la pericolosità penitenziaria dei condannati, degli internati e degli imputati, valutata sulla base di comportamenti idonei a turbare la sicurezza o l’ordine dell’istituto penitenziario (art. 14, comma 1, lett. a), di condotte improntate a violenza o minaccia ostative della fisiologica attività degli altri detenuti o internati (art. 14, comma 1, lett. b) o a sfruttamento dello stato di soggezione determinato nei confronti delle altre persone ristrette (art. 14, comma 1, lett. c), nonchè alla stregua di precedenti comportamenti tenuti o all’interno della struttura carceraria o nello stato di libertà (art. 14, comma 5).

La sottoposizione al suddetto regime è disposta con provvedimento motivato dell’Amministrazione penitenziario che, salvi i casi di urgenza (art. 14, comma 4), deve preventivamente acquisire il parere del consiglio di disciplina, integrato dai due esperti previsti dall’art. 80, comma 4, ord. pen. e anche dell’Autorità giudiziaria che procede, qualora si tratta di imputati (art. 14, comma 3).

L’adozione del provvedimento di cui all’art. 14-bis ord. pen. deve essere immediatamente comunicata al Magistrato di sorveglianza ai fini dell’esercizio del suo potere di vigilanza.

Quest’ultima previsione deve essere inquadrata nel più ampio contesto dei principi desumibili dall’ordito normativo in materia penitenziario e dalle pronunce della Corte Costituzionale che ha costantemente affermato (cfr., in particolare, sent. n. 26 del 1999 e n. 526 del 2000) che il detenuto, pur trovandosi in situazione di privazione della libertà personale in forza della sentenza di condanna, è pur sempre titolare di diritti incomprimibili, il cui esercizio non è rimesso alla semplice discrezionalità dell’autorità amministrativa preposta all’esecuzione della pena detentiva, e la cui tutela pertanto non sfugge al Magistrato di sorveglianza, quando i provvedimenti e gli atti adottati dall’amministrazione penitenziaria siano lesivi di posizioni soggettive (Sez. Un. 26 febbraio 2003, n. 25079).

Il disposto dell’art. 69, comma 5, ord. pen. deve essere, infatti, inteso non solo ai fini di un generico controllo del programma di trattamento, ma nella sua proiezione dinamica, come fondamento della protezione dalla violazione di posizioni soggettive del detenuto e dell’internato riconosciute come tali dall’ordinamento. La nozione di diritto collegato al trattamento penitenziario non deve essere necessariamente identificabile in una posizione soggettiva costituzionalmente tutelata, ma deve essere intesa in senso più ampio in coerenza con la funzione rieducativa della pena, tesa al reinserimento sociale della persona (Corte Cost., sent. n. 212 del 1997 e n. 26 del 1999), e con un’accezione lata di trattamento, comprensivo anche delle modalità di esecuzione della pena (Corte Cost., sent. n. n. 354 del 1993, 410 del 1993, 351 del 1996).

La disposizione dell’art. 69, comma 5, ord. pen. rende, quindi, vincolanti – almeno nel caso di violazione di diritti connessi all’attuazione del trattamento – le determinazioni del Magistrato di sorveglianza con conseguenti riflessi sui poteri d’azione, in sede giurisdizionale, del detenuto che intenda denunciare la violazione delle posizioni soggettive ricollegabili alle concrete modalità attuative del trattamento da parte della amministrazione penitenziaria.

Nel contesto di questi principi, spettano al Magistrato di sorveglianza, da un lato, la verifica di eventuali elementi, contenuti nel programma di trattamento, che costituiscono violazione dei diritti del condannato o dell’internato, e, dall’altro, l’adozione delle disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati (art. 69, comma 5, ord. pen.).

2. Il provvedimento impugnato non ha fatto corretta applicazione di questi principi, laddove, con motivazione così sintetica da rendere inidonea la comprensione dello sviluppo dell’iter argomentativo e delle ragioni poste a base della decisione adottata (Sez. Un. 28 maggio 2003, ric. Pellegrino), ha valorizzato in via esclusiva la posizione di imputato di C. per rigettare la domanda volta ad ottenere il controllo sulla permanenza dei presupposti legittimanti il regime di sorveglianza particolare ex art. 14-bis ord. pen., così incorrendo in una palese violazione del disposto dell’art. 69, commi 2 e 5, ord. pen..

Per tutte questa ragioni s’impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio, per nuovo esame, al Magistrato di sorveglianza di Siracusa.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Siracusa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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