Cass. civ. Sez. III, Sent., 13-12-2011, n. 26730 Controversie sulle pronunce in materia di spese Liquidazione delle spese Tariffa forense giudiziale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. M.F. impugna per cassazione, sulla base di due motivi, la sentenza della Corte d’appello di Firenze, depositata il 30 gennaio 2006, la quale, accogliendo l’appello della M., aveva condannato la controparte ed il suo assicuratore in solido al pagamento di un risarcimento di Euro 4.770,5757, oltre accessori, nonchè al pagamento delle spese del doppio grado, per quanto rileva in questa sede, aveva così motivato: "in applicazione del principio della soccombenza, le spese processuali di entrambi i gradi devono essere poste a carico della parte appellata (gli odierni intimati) e si liquidano, relativamente al primo grado, in Euro 607,99 per esborsi (di cui Euro 311,19 per la c.t.u., consulenza di parte e spese di viaggio connesse), Euro 423,48 per diritti ed Euro 648 per onorario, e relativamente a questo grado – non risultando depositata nota spese – in Euro 326,13 per esborsi documentati, Euro 258,25 per diritti e Euro 736,37 per onorario, oltre IVA. CPA e rimborso forfetario spese". Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

2. La M. deduce:

2.1. Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, per la erronea determinazione delle spese relative al primo grado; violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione alla L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24, ed al D.M. n. 585 del 1994, lamentando che la Corte territoriale, nonostante la difesa avesse depositato in 1^ grado sia la nota spese (con timbro 14.2.2001) sia la integrazione della notula /timbro 16.10.2001), avrebbe liquidato diritti ed onorari senza evidenziare il criterio di liquidazione adottato e senza osservare i precetti di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 24, e dei Decreti Ministeriali che stabiliscono l’ammontare fisso per i diritti e l’ammontare minimo degli onorari. Si duole, in particolare, che quanto liquidato appariva manifestamente non solo inferiore rispetto ai minimi, ma addirittura incompleta laddove erano stati esclusi diritti ed onorari che, viceversa, avrebbero dovuto essere conteggiati; il giudice del merito non avrebbe offerto la possibilità di sindacare il metodo applicativo utilizzato rendendo impossibile alla difesa di verificare l’esistenza di anomalie e, quindi, di poter specificamente impugnare sul punto. Riportando nel ricorso le voci di cui alle notule, sostiene avrebbero dovuto liquidarsi diritti per Euro 2.812,12 ed onorari per Euro 1.755,94, oltre IVA ed accessori.

2.2. Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, per la erronea determinazione delle spese relative al secondo grado; violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione alla L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24, ed al D.M. n. 585 del 1994, lamentando che la Corte territoriale, sia pure in assenza di nota spese della parte, avrebbe liquidato diritti ed onorari in favore della parte vittoriosa senza evidenziare il criterio di liquidazione adottato e senza osservare i precetti di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 24, e dei Decreti Ministeriali che stabiliscono l’ammontare fisso per i diritti e l’ammontare minimo degli onorari. Si duole, in particolare, che nulla avrebbe dedotto la Corte su come si siano determinati i compensi sia circa le voci singole sia per le entità di valorizzazione; propone una quantificazione che assume come valore della causa l’importo della condanna e non il valore indeterminabile previsto all’inizio della vertenza e per gli onorari un conteggio verso il massimo, dato che il valore derivante dalla condanna si avvicina al massimo dello scaglione di riferimento e conclude che applicando la normativa all’epoca vigente avrebbero dovuto liquidarsi per il secondo grado Euro 753,52 per diritti ed Euro 1.100,00 per onorario.

2.3. Trattandosi di violazioni di legge e non ritenendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, chiede la cassazione sul punto della sentenza impugnata con decisione nel merito.

3.1 motivi si rivelano entrambi infondati. Va premesso che il giudice a quo, come emerge dalla ricostruzione della vicenda processuale sopra riportata, ha liquidato.

3.1. Anzitutto, si deve ribadire, rispetto ad entrambe le censure, che, in tema di controllo della legittimità della pronuncia di condanna alle spese del giudizio, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che si limiti alla generica denuncia dell’avvenuta violazione del principio di inderogabilità della tariffa professionale o del mancato riconoscimento di spese che si asserisce essere state documentate, giacchè l’onere di specificità imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 4, impone che nel motivo siano indicati gli errori commessi dal giudice e precisate le voci di tabella degli onorari, dei diritti di procuratore che si ritengono violate, nonchè le singole spese asseritamente non riconosciute (cfr.: Cass. civ., sez. 2, 19 giugno 2009 n. 14455; Cass. civ., sez. 3, sent. 26 giugno 2007 n. 14744; Cass. civ., sez. 1^, sent. 3 novembre 2005, n. 21325; Cass. civ., sez. 3, 9 aprile 2003 n 5581;

Cass. civ., sez. 3, 9 ottobre 2001 n. 13417). In altri termini: in sede di ricorso per cassazione la determinazione del giudice di merito relativa alla liquidazione delle spese processuali può essere censurata solo attraverso la specificazione delle voci in ordine alle quali lo stesso giudice sarebbe incorso in errore, con la conseguenza che il mero riferimento a prestazioni che sarebbero state riconosciute in violazione della tariffa massima, senza la puntuale esposizione delle voci in concreto liquidate dal giudice, è da qualificarsi generico, con derivante inammissibilità dell’inerente motivo (Cass. civ., sez. 3, 27 ottobre 2005 n. 20904).

3.2. A tanto non ha soddisfatto il ricorrente, essendosi limitato ad indicare la misura degli esborsi, dei diritti e degli onorari elencati nella parcella, quanto alle spese di primo grado (di cui al primo motivo) e risultanti dalla tariffa quanto alle spese di secondo grado (di cui al secondo motivo) i cui minimi assume violati, ed a dolersi genericamente, quanto al primo grado, dell’incompletezza della liquidazione per l’esclusione di alcuni diritti ed onorari, senza tuttavia specificare quali, e quanto, al secondo grado, della mancata indicazione del criterio di determinazione dell’entità di valorizzazione e del limitato criterio di liquidazione adottato.

3.3. Senza contare che il primo motivo si rivela non autosufficiente sotto il profilo della completezza documentale, non risultando prodotta le due parcelle relative al giudizio di primo grado rispetto alle quali si deduce il descritto errar in indicando, dovendosi ribadire che, a norma dell’art. 369 c.p.c., commi 1 e 2, n. 4), la parte che propone ricorso per cassazione è tenuta, a pena di improcedibilità, a depositare gli atti e i documenti sui quali il medesimo si fonda; ne consegue che, qualora venga invocato, a sostegno del ricorso, un determinato atto del processo, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile ove la parte non abbia provveduto al deposito di tale atto, e ciò anche se il ricorrente abbia depositato l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio del giudizio a quo, a norma del terzo comma del medesimo art. 369.

(v. Cass. n. 3689/2011; 20535/2009, ord.).

3.4. Inoltre, quanto al secondo motivo, il ricorrente non poteva limitarsi ad includere nel ricorso alcune tabelle estratte dalla tariffa professionale, la cui trascrizione non è sufficiente a consentire a questa Corte la necessaria verifica in ordine alla denunciata violazione, in mancanza di una specifica indicazione delle voci e degl’importi di cui si contesta l’omessa liquidazione (cfr. 25 marzo 2011 n. 6959, in motivazione; Cass., sez. 1^, Cass., Sez. 3^, 19 aprile 2006, n. 9082; Cass., Sez. 1^, 16 marzo 2000, n. 3040).

4. Ne deriva il rigetto del ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio, non avendo gli intimai svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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