Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-06-2011) 21-07-2011, n. 29267

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con il provvedimento impugnato veniva confermata l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli in data 16.7.2010, con la quale veniva applicata nei confronti di P.L. la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di cui all’art. 416 bis cod. pen. e L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies, questi ultimi aggravati ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7, commessi operando quale concorrente esterno dell’associazione di tipo camorristico denominata clan dei Casalesi nel reimpiego di capitali provenienti da attività illecite mediante fittizie intestazioni a terzi di immobili, rapporti finanziari, quote sociali ed autovetture.

La sussistenza dei gravi indizi era ritenuta in base alle dichiarazioni dei collaboratori P.R., D.C. E., V.G., B.D. e D.L. ed al riscontro delle stesse nelle intercettazioni e negli accertamenti effettuati sui rapporti economici con i coindagati.

2. Il ricorrente deduce violazione di legge e difetto di motivazione in ordine:

2.1. alla sussistenza di gravi indizi per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., osservando che i risultati delle dichiarazioni dei collaboratori, riguardanti condotte riferite alla famiglia di I. T., cognato del P., sono estesi a quest’ultimo dal provvedimento impugnato solo in virtù del rapporto parentale con lo Iorio, e lamentando l’irrilevanza quali riscontri degli interessi economici esistenti fra il P., l.I. ed il G., della mera presenza del P. presso l’abitazione di D.C.G. nelle ore successive all’attento mortale in danno dello stesso e degli episodi di fittizia intestazione di beni, i quali potevano avere finalità diverse dal concorso nell’associazione;

2.2. alla sussistenza di gravi indizi per i resti di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies, lamentando l’assenza di motivazione sulla finalità di eludere le disposizioni in materia di prevenzione o di agevolare la commissione di reati di riciclaggio;

2.3. alla ravvisabilità dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, considerate la genericità e la mancanza di riscontri delle dichiarazioni dei collaboratori e l’omessa motivazione sulla finalità di agevolare l’associazione criminosa, da accertarsi in capo al singolo soggetto indagato.

Motivi della decisione

1. Il motivo di ricorso relativo alla sussistenza di gravi indizi per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., è infondato.

L’ordinanza impugnata valutava invero congruamente le dichiarazioni dei collaboranti sulla base del rapporto di parentela fra lo I. ed il P. e dei riscontri costituiti dagli accertati rapporti economici fra il P., lo I., G.M. e i casalesi, dalla la presenza del P. nell’abitazione del D.C. G. dopo l’attentato, dalle intercettazioni telefoniche, dai plurimi fatti di intestazione fittizia e dalle ingiustificate disponibilità economiche dell’indagato rispetto alla mancanza di redditi leciti; elementi ai quali il ricorrente contrappone difformi valutazioni dalle quali non emergono manifeste illogicità nell’argomentazione del Tribunale, che esaminava la posizione del P. in base a dati per quanto detto direttamente riferibili alla posizione dello stesso.

2. Infondato è altresì il motivo di ricorso relativo alla sussistenza di gravi indizi per i reati di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies.

Anche su questo aspetto il provvedimento impugnato forniva adeguata e coerente motivazione analizzando i singoli casi di intestazioni di beni a B.L., moglie del P., a C.G., a C.A., a B.A. ed a M.L., in una prospettiva in cui il numero degli episodi ed il loro inserimento nel contesto associativo di cui si è detto al punto precedente rendevano evidente la finalità penalmente rilevante delle operazioni.

3. Infondato è infine il motivo di ricorso relativo alla ravvisabilità dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7.

La motivazione dell’ordinanza impugnata era sul punto correttamente svolta alla luce della natura oggettiva dell’aggravante, riguardante una modalità della condotta (Sez. 6, n. 19802 del 22.1.2009, imp. Napoletano, Rv.244261), osservandosi come le operazioni contestate fossero state realizzate al fine di agevolare l’associazione criminosa a cui l’indagato era legato.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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