Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 28-07-2011, n. 531 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente Me.Ro. ha svolto attività di lavoro subordinato alle dipendenze del Departments of The Army and The Air Force (USA) – AAFES Europe Italy Area Exchange – Base di Comiso, dal 2 maggio 1983 al 3 maggio 1991 con la qualifica di impiegato, cat. E – 5, secondo la disciplina del rapporto di lavoro disposta in data 11 ottobre 1984 dalla normativa per il personale civile non statunitense delle Forze Armate U.S.A in Italia.

In data 2 aprile 1991 gli veniva comunicata la risoluzione del rapporto, a partire dal 20 maggio 1991, per "riduzione di personale" in dipendenza del "compimento della missione e la chiusura della installazione dell’Aeronautica Statunitense a Comiso".

Con nota 3 maggio 1991, veniva licenziato per asserita giusta causa.

Nelle more, entrava in vigore il D.L. 29 marzo 1991 n. 108, conv. in Legge 1 giugno 1991, n. 169, recante "Disposizioni urgenti in materia di sostegno all’occupazione": il quale, all’art. 2, co. XIV, ha esteso i benefici previsti dalla Legge 9 marzo 1971, n. 98, a tutti i cittadini che, come civili, avessero prestato servizio continuativo da almeno un anno alla data del 30 giugno 1990 alle dipendenze di organismi militari operanti nel territorio nazionale nell’ambito della Comunità Atlantica che fossero stati licenziati per effetto di provvedimenti di ristrutturazione o di soppressione degli organismi medesimi.

Il ricorrente, assumendo di essere in possesso dei requisiti richiesti dalla legge, presentava istanza alla competente commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per accedere ai benefici suddetti e, segnatamente, per ottenere l’inquadramento nelle categorie salariali non di ruolo dello Stato e gli altri benefici di cui all’art. 1 della cit. legge n. 98/1971.

Con nota del 20 febbraio 1992, la Commissione adita rigettava la predetta istanza, sostenendo che nella fattispecie difettavano "i presupposti voluti dalle leggi richiamate".

Contro il provvedimento di rigetto, il ricorrente proponeva ricorso (n. 2342/1992 R.G.) dinanzi al TAR Sicilia – sez. staccata di Catania, per l’annullamento dell’anzidetta nota del 20 febbraio 1992 e per l’accertamento del suo diritto al richiesto inquadramento.

L’adito TAR, con sent. n. 993 del 30 aprile 1999, accoglieva il ricorso "per quanto attiene al diniego di inquadramento", e, per l’effetto, annullava l’atto impugnato, riconoscendo il diritto del ricorrente alla ammissione al richiesto beneficio di legge con l’istanza illegittimamente rigettata. Veniva, per contro, rigettata la "domanda relativa al riconoscimento del diritto a percepire la retribuzione in conseguenza del mancato inquadramento … attesa l’assenza di prestazione in servizio che condiziona, per connessione sinallagmatica, la corresponsione della retribuzione".

Tale decisione passava in giudicato.

Avendo la resistente Amministrazione omesso di ottemperare al giudicato formatosi sulla sentenza sopraindicata, il ricorrente proponeva formale atto di messa in mora ex art. 27 T.U. C.d.S, invitando la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente p.t., e la Prefettura di Ragusa, in persona del Prefetto p.t., ciascuna secondo le rispettive competenze, a dare immediata e piena ottemperanza alle statuizioni contenute nella cit. sentenza n. 993/99, provvedendo per l’effetto al suo inquadramento nelle categorie salariali non di ruolo dello Stato, con i connessi benefici di cui all’art. 1 della Legge 9 marzo 1971, n. 98, in applicazione dell’art. 2, co. XIV, del D.L. 29 marzo 1991, n. 108, conv. con modificazioni nella Legge 1 giugno 1991, n. 169, con l’espressa avvertenza che, in mancanza di positivo riscontro nel termine di giorni trenta dalla notifica, avrebbe adito le competenti sedi giurisdizionali per ottenere la piena ottemperanza alle statuizioni contenute nella sentenza sopraindicata.

Perdurando l’inadempimento dell’Amministrazione, il ricorrente procedeva ad instaurare il giudizio di ottemperanza dinanzi al TAR Sicilia – sez. staccata di Catania, mediante ricorso n. 1/01 R.G.

Nelle more, con D.P.C.M. del 12 dicembre 2001, il ricorrente veniva inquadrato, nominato ed assunto in servizio, con corresponsione della retribuzione. Peraltro, non ritenendo che il provvedimento di inquadramento e nomina sopraindicato costituisse integrale esecuzione del giudicato, il ricorrente insisteva nel giudizio di ottemperanza, chiedendo che gli venisse integralmente riconosciuto ed attuato il suo diritto mediante determinazione della ricorrenza del suo inquadramento a far data dal momento della nomina ed assunzione degli altri aventi diritto, inquadrati ed assunti ai sensi dell’art. 1 della Legge 9 marzo 1971, n. 98, in applicazione della menzionata normativa; chiedeva, altresì, la corresponsione della retribuzione a tale titolo dovuta con la medesima decorrenza, oltre interessi e rivalutazione monetaria a far data dal sorgere del diritto e fino al soddisfo.

Con la sentenza n. 1963/2002, oggetto dell’odierno gravame di appello, il TAR adito ha ritenuto che la resistente Amministrazione avesse dato integrale attuazione al giudicato di cui alla sent. n. 993 del 30 aprile 1999, dal momento che "… la parte ricorrente è stata inquadrata nei ruoli del Ministero della Giustizia, in esecuzione del D.P.C.M. del 12 dicembre 2001 e detto adempimento determina la cessazione della materia del contendere".

Per la riforma di tale decisione, insiste l’odierno appellante con un unico articolato motivo di gravame, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, co. XIV, del D.L. 29 marzo 1991, n. 108, convertito con mod. nella Legge 1 giugno 1991, n. 169, e dell’art. 7, co. 3°, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dall’art. 7, co. 1, lett. c), della Legge 21 luglio 2000, n. 205.

In vista della trattazione all’udienza pubblica del 14 ottobre 2010, resiste la Presidenza del Consiglio dei ministri e l’U.T.G. di Ragusa, chiedendo l’integrale rigetto dell’appello e la vittoria della spese.

Motivi della decisione

Il ricorso va rigettato perché improcedibile.

Come evidenziato in narrativa, con il D.P.C.M. del 12 dicembre 2001, in effetti, è stata data corretta ed integrale esecuzione al giudicato formatosi sulla sentenza n. 933 del 30 aprile 1999: la quale, se per un verso ha stabilito il diritto dell’odierno appellante alla ammissione al beneficio di legge richiesto, mediante l’inquadramento nelle categorie salariali non di ruolo dello Stato, con i connessi benefici di cui all’art. 1 della Legge 9 marzo 1971, n. 98, in applicazione dell’art. 2, co. XIV, del D.L. 29 marzo 1991, n. 108, conv. con modificazioni nella Legge 1 giugno 1991, n. 169, per altro verso, ha rigettato la domanda relativa al riconoscimento del diritto a percepire la retribuzione in conseguenza del mancato inquadramento "… attesa l’assenza di prestazione in servizio che condiziona, per connessione sinallagmatica, la corresponsione della retribuzione". Ciò in adesione ad un indirizzo condiviso anche da questo Consiglio (v. CGA, 5 agosto 1993, n. 294) per il quale "il pubblico dipendente non ha diritto alla retribuzione quando il rapporto di impiego non sia stato ancora costituito e non vi sia stata la prestazione di attività lavorativa in modo effettivo, non essendo sufficiente a tale scopo che la nomina dell’interessato abbia efficacia retroattiva ai fini giuridici a seguito di decisione del giudice amministrativo".

Orbene, contrariamente a quanto sembra assumere l’odierno ricorrente, nella fattispecie in oggetto, correttamente interpretata, non è riscontrabile alcun inadempimento o parziale adempimento rispetto a quanto stabilito dalla sentenza n. 993 del 30 aprile 1999, sia per quanto riguarda il decorso iniziale dell’inquadramento del ricorrente nelle categorie salariali non di ruolo dello Stato, sia per quanto riguarda il corretto rigetto della sua istanza intesa al riconoscimento del diritto a percepire la retribuzione in conseguenza del mancato inquadramento.

Ciò per l’assorbente considerazione – sopra evidenziata – della carenza del necessario sinallagma tra prestazione dell’attività lavorativa e corresponsione di retribuzione.

Conclusivamente il ricorso va respinto, con conferma dell’impugnata sentenza, rimanendo assorbito ogni diverso motivo di gravame.

Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese della presente fase di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso di cui in epigrafe.

Compensa interamente tra le parti spese ed onorari del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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