Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-06-2011) 21-07-2011, n. 29100

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – Con sentenza 29.11/2.12.2010 la corte di appello di Palermo confermava la pregressa decisione del tribunale della stessa città, datata 21.7.2009, che dichiarava S.G.N. colpevole del reato di estorsione pluriaggravata – art. 61 c.p., nn. 6 e 7, art. 628 cpv. c.p. -, tra l’altro anche per la circostanza di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, commesso sino al (OMISSIS), e lo condannava, previo riconoscimento della continuazione con il delitto di favoreggiamento personale già giudicato con sentenza del gip di Palermo in data 7.3.2002, definitiva il 30.4.2002, e previo giudizio di prevalenza delle aggravanti comuni contestate con le generiche, alla pena di anni 8 di reclusione ed Euro 900 di multa, nonchè al risarcimento del danno a favore delle parti civili costituite.

2- I fatti come ricostruiti dai giudici di merito: in seguito e nel corso di numerosi attentati a due imprenditori Mi.Vi. e M.I., il primo dei due veniva contattato il 24.11.1990 dall’imputato che gli riferiva che il gruppo mafioso capeggiato da B.G. ne aveva decretato la morte ma che egli aveva messo i suoi buoni uffici per salvarlo. In seguito ad un ennesimo attentato ai danni del Mi., sulla cui porta di casa veniva fatta esplodere una bomba, questa volta M. contattava l’imputato che gli riferiva che la richiesta estorsiva era di L. 1 miliardo, che per il suo intervento avrebbe dovuto pagare solo Euro 200 milioni oltre una rata mensile di 5 milioni. Fu così che Mi., che intanto aveva appreso il nome dell’intermediario, e M. versavano nelle mani del S., prima che questi fosse arrestato, la somma di L. 180 milioni. Una volta uscito dal carcere, l’imputato chiedeva alle parti offese la somma di 20 milioni che avrebbe anticipato per loro conto consegnandoli agli estortori, ricevendone però un rifiuto. I giudici di appello, per pervenire alla conferma della condanna inflitta in primo grado all’imputato, da un lato, hanno analizzato le dichiarazioni delle persone offese, che riferivano dei contatti avuti su iniziativa del S. che spiegava, nel (OMISSIS), al M. che i mafiosi del luogo, indicandoli per nome, lo avrebbero ucciso se avesse continuato ad interessarsi delle sorti del Mi. suo suocero, preannunciando futuri imminenti attentati che in effetti si verificarono, nonchè anche le dichiarazioni del Mi. che, dopo gli attentati del 1994, fu avvicinato dall’imputato che lo informava del pericolo per la sua vita, rimproverandolo di non aver capito nulla di quanto poteva accadergli. Dall’altro hanno considerato quei giudici le contrarie dichiarazioni di B.G., del tutto in linea con quelle dell’imputato ed entrambe nel senso che questi aveva svolto solo una attività di intermediazione nell’interesse esclusivo delle persone offese., pervenendo però alla determinazione di accreditare le prime e screditare le seconde, in base alla considerazione che il S. aveva svolto una azione di stretto collegamento con i pericolosissimi organizzatori dell’estorsione, si era dimostrato a conoscenza anche dei progetti futuri di attentato di questi ultimi, li aveva comunicati alle persone offese, che intimorite si decisero a versare le somme richieste apportando quindi, il S., un contributo causale all’evento. Facendo perno sulla gravità dei fatti e per non riscontrare l’intento collaborativo del prevenuto, per essere anche state individuate le condotte degli estortori in seguito alle dichiarazioni delle persone offese, la corte di appello perveniva alla calibratura delle pene come da dispositivo.

3 – Tre i motivi di ricorso proposti dalla difesa dell’imputato, con il richiamo all’art. 606 c.p.p., lett. e): carenza di motivazione con riferimento alle valutazione delle dichiarazioni di B. G., B.E.S. e Mo.Gi., che sarebbero state aprioristicamente pretermesse a fronte delle contrarie dichiarazioni delle persone offese, accreditate queste ultime di una fiducia senza esplicitazione delle ragioni perchè le stesse meritassero più credibilità rispetto alle altre.

In proposito il ricorrente sottolinea la valenza positiva del versamento di venti milioni fatto agli estortori nell’interesse degli estorti e la contraddittoria motivazione sul punto dei giudici di merito che, da un lato, quel versamento lo ammettono e, dall’altro, lo mettono in dubbio; b) carenza di motivazione sulla denegata attenuante della collaborazione ex D.L. n. 152 del 1991, art. 8, per non aver preso in considerazione i giudici di merito le dichiarazioni puntuali rilasciate dal S. in sede di indagini preliminari, il (OMISSIS), per non aver ancora considerato che la collaborazione ebbe a proseguire anche in epoca recente, e per non aver valorizzato quanto riconosciuto in punto di collaborazione dai primi giudici; c) ancora carenza di motivazione per non aver riconosciuto prevalenti le attenuanti generiche e per non aver inflitto il minimo assoluto di pena per la ravvisata continuazione.

4 – Il ricorso non è fondato.

Certo non può non convenirsi con la difesa del ricorrente nella adesione al criterio di ragione in forza del quale colui che assume la veste di intermediario fra gli estortori e la vittima, anche se per incarico di quest’ultima, non risponde di concorso nel reato solo se agisce nell’esclusivo interesse della stessa vittima e per motivi di solidarietà umana, altrimenti contribuendo la sua opera alla pressione morale ed alla coazione psicologica nei confronti della vittima e quindi conferendo un suo apporto causativo all’evento.

E per l’appunto questa seconda alternativa hanno ritenuto i giudici di merito essersi verificata nella fattispecie, corredando il loro convincimento con una motivazione che regge alle verifiche di legittimità attente – e solo a rilevare la manifesta illogicità del discorso giustificativo giudiziale. Ebbene quei giudici hanno rimarcato un ruolo incisivo dell’imputato teso ad intimorire le persone offese, a far capire alle predette di essere inserito nell’organizzazione criminale preannunciando addirittura gli attentativi estorsivi che puntualmente poi si verificavano, pressando addirittura il Mi. ammonendolo di non aver capito nulla di quanto succedeva per resistere alle richieste estorsive. E logicamente hanno optato tra le due versioni fornite dagli estortori e dagli estorti per la seconda, per non ritenere credibili le dichiarazioni dei primi, soluzione certo non manifestamente illogica ma che ha a suo favore buoni argomenti logici.

E non mancano ancora i giudici di merito di affrontare il principale argomento difensivo teso a rappresentare nell’imputato la figura dell’intermediario interessato solo alla tutela degli estorti, rilevando che l’avere l’imputato anticipato di tasca propria la somma di 20 milioni che poi richiese in restituzione a Mi. e M. assume un carattere equivoco, a fronte dell’emersione nel giudizio di primo grado di vari rapporti di debito e credito tra l’imputato e le persone offese, a fronte ancora del fatto che queste ultime non furono avvertite previamente dell’asserito anticipo, a fronte del fatto che quest’ultimo, per richiedere la restituzione della somma alle parti offese, ha evidenziato l’insussistenza di una motivazione altruistica nell’agire.

5- Anche il secondo motivo di ricorso non merita accoglimento: invero la circostanza attenuante speciale per la dissociazione di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 8 si fonda sul mero presupposto dell’utilità obiettiva della collaborazione prestata dal partecipe all’associazione di tipo mafioso e non può pertanto essere disconosciuta, o, se riconosciuta, la sua incidenza nel calcolo della pena non può essere ridimensionata, in ragione di valutazioni inerenti alla gravità del reato o alla capacità a delinquere dell’imputato o, ancora, alle ragioni che hanno determinato l’imputato alla collaborazione (Sez. 6,16.122010/16.3.2011, Casano e a. R.V. 249373; Sez. 2, 19.6/3.7 2008, Alfieri, Rv 24070199). E sul piano oggettivo i giudici di merito hanno ritenuto che l’utilità obiettiva della collaborazione doveva ritenersi svilita, depotenziata per il fatto che all’individuazione compiuta delle condotte criminali si è potuto pervenire solo a seguito delle deposizioni delle persone offese.

6- Le censure costitutive del terzo motivo di ricorso,quelle sulla carenza di motivazione per l’omessa concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza e per l’eccessività della penarsi spuntano con un solido apparato argomentativo concatenante elementi di chiaro disvalore giuridico sociale: gravità del reato, precedenti penali, rilevante entità dei danni procurati, contesto spiccatamente pericoloso in cui la condotta dell’imputato si è inserita.

Al rigetto del ricorso, consegue la condanna alle spese processuali nonchè alle spese di parte civile.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè di quelle sopportate dalla parte civile M.I. e Mi.Vi. liquidate in Euro 2000 per onorari oltre spese generali, I.v.a., e c.p.a..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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