Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-06-2011) 21-07-2011, n. 29099

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1- Con sentenza in data 7/20.1.2010 la corte di appello di Roma, in parziale riforma della pregressa decisione del tribunale di Tivoli in data 2.12.2008, per quel che in questa sede interessa, assolveva C.P., S.P. e Sa.Is., coniugi, di alcuni dei fatti di sostituzione di persona e di truffa di cui alla originaria contestazione e confermava per gli analoghi restanti episodi criminosi la sentenza di primo grado, in toto, per M. S., in relazione ai capi e) ed i n. 1) e 5) per C.P., in relazione ai capi e), f) ,g), ed i) n. 1) 2) 3) e 5) per S.P. e Sa.Is., determinando le pene di legge conseguenti.

2- In breve i fatti come ricostruiti dai giudici dell’appello.

M.S., quale direttore della filiale di (OMISSIS) della Banca di Roma autorizzava e consentiva l’apertura presso la filiale di (OMISSIS) della Banca di Roma di cinque conti correnti bancari intestati, due, in data (OMISSIS), a persone effettivamente esistenti, ma ignare dell’illecito uso dei loro nominativi, tali T.R. e Mi.Gi., i restanti tre a nomi di fantasia, per l’appunto di D.V.S., in data (OMISSIS), di B.L. e di Ba.Gi., il (OMISSIS); sui cinque predetti conti autorizzava poi un accredito a titolo di affido, di circa Euro 25.000 ed una facoltà di scoperto mediamente di Euro 12.500; cagionava così alla banca i danni conseguenti al fatto che, nel giro di due giorni dalla loro accensione, i predetti conti erano stati prosciugati attraverso l’emissione di bonifici, ad iniziativa dei loro apparenti titolari, dell’importo ed a favore dei beneficiari di seguito indicati: dal conto T. a favore del conto personale di S.P. per un importo pari a Euro 26.400,36 , dal conto Mi., D. V. e B., ai conti della s.a.s. La Perla, amministrata da Sa.Is. rispettivamente per un importo di Euro 36.300,00, 32.000,00 e 28.500.000, dal conto Ba. – dal quale erano prelevati Euro 10.000 da parte di persona rimasta ignota – a favore del conto intestato a L.R. e S. G., genitori di S.P..

I giudici di merito declinavano la responsabilità in ordine ai reati di sostituzione di persona e di truffa ai danni dell’Istituto di credito, con riferimento ai conti aperti a nome di T. e Mi. – capi e, ed i n. 1 e 5 -, in concorso con M.S., di C.P., impiegato di banca il cui codice – (OMISSIS) – era stato usato per l’apertura dei conti e il conseguente accredito; ed ancora ritenevano responsabili i coniugi S.P. e Sa.Is., sempre in concorso con M.S., dei delitti di sostituzione di persona e di truffa con riferimento ai conti intestati ancora a T. e Mi., a D.V. e B.. Il solo coimputato S.G., non ricorrente, era ritenuto responsabile, sempre in concorso con M. S., di un unico episodio di sostituzione di persona e di truffa come contestato ai capi h) ed 1 n. 4) dell’imputazione.

3- Di seguito gli elementi di responsabilità ravvisati dai giudici di merito a carico degli imputati.

Per M.S.: la sua presenza in Ufficio, quale Direttore, nei giorni dell’accensione dei conti correnti; l’uso del suo codice di accesso per l’autorizzazione degli affidi di denaro e della facoltà di scoperto, il reperimento, in occasione della visita degli ispettori della banca di Roma, della pratiche relative alla apertura e gestione dei conti, il rinvenimento, ancora, nel contesto di una perquisizione nella sua abitazione del certificato storico della s.a.s. La Perla, amministrata dalla Sa., il rinvenimento nei locali di detta società di sei matrici di assegno per un importo complessivo di Euro 33.000, sui cui era apposta la frase " M. pagato" e su uno dei quali risultava la annotazione della sua negoziazione presso altra filiale della Banca di Roma a seguito di una intesa con il predetto imputato.

Per C.P.: le pratiche T. e Mi. sono state accese nei giorni in cui era presente in filiale e con il suo visto, l’aver preso in esame le due pratiche che risultano del tutto lacunose in punto di documentazione della attività lavorativa dei richiedenti e corredate da fotocopie di falsi documenti di identità, l’apposizione della propria sigla per disporre l’accredito e l’affido, l’esecuzione materiale del trasferimento delle somme sottratte dai predetti conti, l’aver ricevuto solo dopo pochi giorni l’accredito sul proprio corrente di Euro 1.100 per opera del coimputato S.P..

Per i coniugi S.P. e Sa.Is.: gli elementi gravemente indizianti esposti poco sopra con riferimento alle posizioni di M.S. e C.P., la sapiente articolazione delle movimentazioni bancarie a loro vantaggio, prelievo a favore di S.P. di Euro 19.000,00 dal conto intestato ai suoi genitori, L.R. e S.G., pochi giorno dopo dell’accredito su questo conto di Euro 20.500,00 proveniente dal c/c intestato fittiziamente a Ba.Gi. ed in cui erano confluiti, con la stessa tecnica truffaldina la somma di Euro 20.500,00. 4- Ancora di seguito i motivi di ricorso, inammissibili ad avviso del collegio, degli imputati M., C., S.P. e Sa.Is..

Per la difesa di M.S. che richiama la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), si deducono sette motivi di ricorso: con il primo, mancanza, contraddittorietà o manifesta infondatezza della motivazione sulla responsabilità, per richiamarsi essa al discorso giustificativo del primo giudice senza sottoporre a critica i rilievi difensivi, quali il fatto che l’imputato non aveva apposto sigle, firme di autorizzazione, nè aveva compiuto specifici adempimenti in merito alla istruzione della pratica affidata ad altri dipendenti; il fatto che le pratiche de quibus si trovassero nella sua stanza non avrebbe alcun rilievo perchè nella stanza del direttore vengono depositate tutte le pratiche facenti capo alla filiale, mentre avrebbe rilievo il fatto che nessun provvedimento disciplinare sarebbe stato preso nei confronti dell’imputato da parte della Banca di Roma non costituitasi parte civile nel processo; non avrebbe ancora rilievo il fatto che sia stato utilizzato il codice di accesso per l’apertura di almeno tre posizioni perchè il codice conosciuto tra gli impiegati avrà potuto essere utilizzato a sua insaputa, come a sua insaputa sarà potuto avvenire la telefonata a cui era seguita l’annotazione sull’assegno emesso dalla Sa., negoziato il 19.8.2003, giorno in cui l’imputato non era stato presente in Ufficio, presso l’agenzia di (OMISSIS) della banca di Roma e sul retro del quale era stata annotata la frase "di intese telefoniche direttore (OMISSIS) sig. M.S."; non avrebbe rilievo nemmeno l’annotazione " M.S. pagato" su matrici di assegni rinvenuti nella abitazione della Sa., perchè quegli assegni sarebbero stata incassati dalla stessa Sa. ed infine, deporrebbero per una macchinazione ordita ai suo i danni, i cinque bonifici di Euro 500 ciascuno a favore degli intestatari dei cinque conti correnti accesi presso l’Agenzia di (OMISSIS) con la falsa firma dell’imputato.

Con un secondo motivo di ricorso, la difesa del M. denuncia l’insussistenza del fatto di reato, mancando l’artifizio ed il raggiro, con la conseguente potenziale ravvisabilità solo di una mera inadempienza civilmente rilevante. Con un terzo motivo, l’insussistenza dell’aggravante, pur contestata, dell’art. 61 c.p., n. 7, per doversi quantificare il danno, per ciascuna posizione in Euro 30.000,00, e quindi non di particolare gravità tenuto conto della capacità patrimoniale dell’Istituto bancario ed ancora tenuto conto che gran parte delle somme confluite sul c/c acceso dalla s.a.s. di Sa.Is. erano servite per ripianare un debito di quest’ ultima verso la Banca. Con un quarto motivo di ricorso si deduce la prescrizione dei reati che si sarebbe prescritto il 10.3.2010, per essere stato commesso l’ultimo dei fatti contestati il (OMISSIS). Con il quinto motivo si deduce l’insussistenza del reato di sostituzione di persona con riferimento all’apertura del c/c a nome di T.R. per essere questa persona realmente esistente, la cui posizione è stata stralciata e nemmeno potrebbe configurarsi il reato di sostituzione di persona con il nome di D. V.S. perchè il giorno dell’accensione del conto a suo nome l’imputato non era presente in Agenzia Con il sesto motivo di ricorso di deduce la prescrizione anche dei reati di sostituzione di persona. Con il settimo infine si chiede alla Corte di cassazione la rinnovazione parziale dell’istruzione dibattimentale per verificare di sette assegni, per alcuni la falsità per non essere conformi agli originali, per altri la non intelleggibilità, per altri ancora la falsità della annotazione apposta nel senso che l’imputato ne sarebbe beneficiario; ancora si chiede la perizia grafica sulle scritture a sua firma che disponevano bonifici bancari a favore degli intestatari dei c/c accesi presso la sua filiale ed infine si insiste nella escussione di un teste che dovrebbe quantificare il reale danno subito dall’Istituto di credito.

5- Per la difesa di C.P., con un unico motivo di ricorso, si deduce, richiamando l’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), carenza e contraddittorietà di motivazione per essere stato assolto dai reati di sostituzione di persona e truffa con riferimento ai conti correnti accesi nel (OMISSIS) a nome di D.V., B. e Ba.Gi. per la ragione di essere stato in quel periodo assente dal lavoro e di essere invece stato condannato per l’accensione del e/ e intestato alla Mi. pur commesso, secondo la predetta difesa, nello stesso periodo. Con riferimento poi ai reati contestati con riferimento all’apertura del c/c a norma di T. si deduce, ancora, vizio di motivazione per essere stata ricollegata la responsabilità all’apposizione di una sigla senza disporre perizia grafologica, al fatto di aver disposto gli accrediti, come peraltro aveva fatto per le altre posizioni per le quali era stato assolto, per aver ricevuto, infine, un assegno di Euro 1.100 dal S.P., fatto costitutivo di mero indizio.

6 – Per la difesa di S. e Sa., che richiama l’art. 606 c.p.p., b) ed e) violazione di legge, per doversi configurare nei fatti di causa il reato di appropriazione indebita, e non di truffa, di cui difettava la condotta di artifici e raggiri: il direttore M. non avrebbe posto in essere alcun artifizio o raggiro nei confronti della banca di Roma nella misura in cui era nel suo potere, senza interferenze esterne alla filiale, autorizzare gli affidi e gli scoperti. Ne conseguiva, per la diversa qualificazione del reato, la obbligata dichiarazione di estinzione del reato per difetto di querela; violazione ancora di legge per non potersi configurare il delitto di sostituzione di persona, per difettare l’induzione in errore a fronte della responsabilità concorsuale dei funzionari di Banca nel l’artifizio costituito dalla accensione di conti intestati a persone inesistenti o a persone del tutto ignare della operazione.

7- I ricorsi, tutti, sono inammissibili o perchè si traducono in censure sul merito della decisione o per essere manifestamente infondati.

Inammissibili il primo ed il settimo motivo di ricorso di M. S., e i due motivi esaustivi del ricorso di S.P. e Sa.Is., perchè svolgono il chiaro tentativo, senza per nulla evidenziare la manifesta illogicità della motivazione giudiziale, di trarre dalla medesime circostanze di fatto evidenziate dai giudici di merito deduzioni e conclusioni sillogistiche diverse da quelle tratte dalla sentenza impugnata.

Con riferimento al ricorrente M., a fronte della concatenazione logica operata dai giudici di merito di una serie di circostanze deponenti per la sua ragionevole responsabilità in merito alle accensione dei c/c e agli indebiti accrediti di denaro e alle indebite autorizzazioni per scoperti di rilevanti importi – tra le altre, la sua presenza in ufficio quale direttore della filiale, l’uso del suo codice di accesso per l’autorizzazione agli affidi di denaro, il rinvenimento nella sua abitazione del certificato storico della s.a.s. Las Perla, la principale beneficiaria finale delle somme sottratte alla Banca, ancora il rinvenimento presso la sede della società di sei matrici di assegni per un importo di Euro 33.000, con la frase " M. pagato" – non è proprio possibile, poste queste circostanze, tentare di svilirle prospettando in buona sostanza una assoluta negligenza del Direttore della filiale nella sua attività di direzione e controllo, insieme alla prospettazione, per quale ragione non si spiega, di una macchinazione posta in essere ai suoi danni dagli imputati S. e Sa..

Tutto questo si traduce in una operazione volta, attraverso la pretestuosa deduzione del vizio di manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, alla rivalutazione degli elementi utilizzati dai giudici del merito, e sopra indicati, il che si risolverebbe in un sostanziale nuovo giudizio sul fatto, incompatibile con il sindacato di legittimità della Corte.

Le stesse linee argomentative possono condursi per il giudizio di inammissibilità dell’intero ricorso di C.P.: a fronte della esposizione giudiziale di puntuali circostanze di fatto – uso del codice (OMISSIS) dell’imputato per l’apertura dei conti di Mi. e di T. e per il successivo trasferimento di oltre Euro 63.000 alla s..a.s. della Sa., l’inequivoco riconoscimento ad opera degli Ispettori della banca di Roma su alcuni stampati rappresentativi della indebita operazione della sigla dell’imputato, emissione di un assegno di Euro 1.100 a suo favore tratto sul c/c di S.P. in data (OMISSIS), pochi giorni dopo che il C. aveva istruito le due pratiche, estremamente lacunose, ed aveva disposto l’accredito delle somme disposte in affido e trasferito attraverso bonifico le somme sottratte alla Banca – la difesa del ricorrente deduce la falsità della sigla, la sua assenza dall’Ufficio alla data dell’accensione della pratica Mi., la sua non posizione di garanzia con riferimento alla pratica T., in relazione alla quale rivestiva la posizione di mero cassiere. I motivi di ricorso non affrontano per nulla le argomentazioni giudiziali, li contraddicono in fatto deducendo,all’epoca delle pratiche T. e Mi., o per l’una o per l’atra l’assenza dall’Ufficio, senza fornire prova o certificazione di quanto dedotto che contrasta con le date apposte ai capi di imputazione, infine sviliscono indebitamente il fatto di aver ricevuto denaro dall’imputato S.P. subito dopo le operazioni truffaldine.

8 – Argomento comune ai ricorsi di tutti gli imputati- costitutivo del secondo motivo del ricorso del M., del ricorso congiunto di S.P. e Sa., solo accennato per la verità dalla difesa del C. – è quello che contesta la ricorribilità nella specie del delitto di truffa per la mancanza di artifizi e raggiri, nonchè per non ricorrere l’induzione in errore. Nella specie ricorrerebbe solo l’appropriazione indebita, come tale non punibile per difetto di querela, collegata alla azione degli imputati impiegati di banca che avrebbero sottratto il denaro non incontrando in tale azione alcuna interferenza dei superiori dirigenti. Ma l’argomento è manifestamente infondato per giurisprudenza costante di questa corte: in una fattispecie analoga, si è detto che il delitto di appropriazione indebita consiste nella semplice interversione del titolo del possesso da parte di chi, a qualsiasi titolo, detenga danaro o cosa mobile altrui. Non sussistono quindi gli estremi del reato di cui all’art. 646 c.p., bensì quelli della truffa, allorchè l’amministratore di una società di capitali si impossessi del denaro appartenente alla stessa attraverso una serie di passaggi contabili, di atti e di convenzioni, volti, non solo ad assicurarsi il frutto del reato, ma a fare apparire regolari i trasferimenti (sez. 5, 21.1/23.2.1999, Rossi Rv. 212528), Ed ancora:

ricorre il reato di truffa e non quello di peculato nel fatto del dirigente di banca, che attraverso artifici e raggiri, consistenti in false certificazioni o artificiose registrazioni, inducendo in errore gli altri organi della banca, venga in possesso di danaro, giacchè il possesso "per ragioni di ufficio", idoneo a configurare il peculato, non deve essere viziato da frode. (Sez. 2, 23.11.1977/15.4.1978, Rv 138622). Invero i dirigenti della Banca hanno la rappresentazione che i loro sottoposti – nella specie i responsabili della filiale di (OMISSIS) della Banca di Roma – adeguino la loro condotta a correttezza ed a lealtà di comportamento ed è chiaro che, a fronte di una condotta scorretta attraverso la predisposizione di false documentazioni e la prospettazione di regolarità di pratiche in realtà irregolari, si pongono in essere artifizi e raggiri con induzione in errore dei superiori dirigenti che continuano a rappresentarsi invece un corretto e leale comportamento dei lori dipendenti.

9. Manifestamente infondati i residui motivi del ricorso di M. S.: così il terzo, perchè ai fini della configurabilità della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, l’entità oggettiva assume valore preminente, mentre la capacità economica del danneggiato costituisce parametro sussidiario di valutazione, cui è possibile ricorrere soltanto nei casi in cui il danno sia di entità tale da rendere dubbia la sua oggettiva rilevanza (Sez. 2,24.10/15.11.2007,Claris, Rv.238761). Occorre anche considerare, poi, che in caso di reato continuato, valendo, in mancanza di tassative esclusioni, il principio della unitarietà, la valutazione in ordine alla sussistenza o meno dell’aggravante del danno di rilevante gravità deve "essere operata con riferimento non al danno cagionato da ogni singola violazione, ma a quello complessivo cagionato dalla somma delle violazioni, difettando una norma che, ai fini in questione, consideri il reato come una pluralità di episodi tra loro isolati (Sez. 6, 8.7/22.9.2005, Garacci e a. Rv. 232051; Sez. 2, 13.2.2003, Miraglietta Rv. 223910;

Sez. 2. 9.5.2000, Vignuzzi). E’poi manifestamente erroneo dedurre la riduzione del danno per essere servito il denaro sottratto a ripianare un debito che la s.a.s. di Sa. aveva verso l’istituto di credito, per coagularsi il momento della individuazione del danno al tempo dell’accredito del denaro sul c/c del beneficiario, non rilevando le successive vicende dei valori una volta sottratti all’ente offeso dal reato.

Parimenti manifestamente erroneo è il quinto motivo del ricorso del M., per la ragione che il delitto di sostituzione di persona prescinde dal fatto che la persona sostituita sia effettivamente esistente o immaginaria. Ed in proposito non vale dedurre che alla data del reato l’imputato era assente in Ufficio, perchè la deduzione non è fornita da alcun supporto probatorio nè la corte può impegnarsi in una indagine sulla circostanza che non emerge dalla motivazione della decisione oggetto del suo controllo di legittimità.

La prescrizione dei reati, dedotta con il quarto e sesto motivo del ricorso di M. e con una memoria aggiunta della difesa di S.P. e Sa.Is., è maturata successivamente alla emissione della sentenza di secondo grado e ,secondo la giurisprudenza ormai cotante di questa Corte, non può essere rilevata in questa sede.

Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali delle spese processuali e, di ciascuno, della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno alla somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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