Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 28-07-2011, n. 523 Competenza delle Commissioni tributarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Va premesso che: – la Meridiano S.p.A. impugna la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, ha dichiarato inammissibile, per difetto di giurisdizione, il ricorso promosso in primo grado dall’odierna appellante onde ottenere l’annullamento:

a) dell’atto di diniego (prot. n. 25035/2010 del 10 maggio 2010) emesso dall’Agenzia delle entrate, Ufficio di Agrigento, in risposta alla istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva delle cartelle di pagamento n. 29120100001332535, n. 29120070017121663, n. 29120070019643276, n. 29120080038787212, n. 29120080036787207, presentata dalla società ricorrente il 31 marzo 2010 al predetto Ufficio delle Entrate, e

b) del silenzio serbato dell’Agenzia delle entrate – Direzione regionale per la Sicilia e dell’Agenzia delle entrate – Ufficio di Agrigento, in relazione all’istanza di riesame in autotutela presentata dalla Meridiano S.p.A. il 24 dicembre 2009 (n. prot. 2009079788, n. progressivo 2009018536) per l’annullamento o la revoca, limitatamente alla contestazione della indetraibilità dell’Iva assolta sull’acquisto delle auto c.d. "dimostrative", degli avvisi di accertamento n. RJ003AA00785/2006, anno d’imposta 2001, e n. RJ003AA00852/2006, anno d’imposta 2002;

– l’appello interposto dalla Meridiano S.p.A. è affidato alle seguenti censure:

I) sussiste, diversamente da quanto opinato dal T.A.R., la giurisdizione del giudice amministrativo;

II) quand’anche fosse corretta la declinatoria della iuris dictio, la sentenza meriterebbe comunque di esser riformata nella parte in cui non ha fatto corretta applicazione del comma 2 dell’art. 59 della L. n. 69/2009;

– inoltre l’appellante ha riproposto le censure di merito formulate in primo grado;

– le controparti evocate si sono costituite per resistere all’impugnazione, sollevando altresì talune eccezioni;

– all’udienza pubblica del 18 maggio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. – Tanto premesso, il Collegio ritiene di poter prescindere dall’approfondito scrutinio delle suddette eccezioni, stante la manifesta infondatezza dell’impugnazione. Ed invero, il Tribunale adito, dopo aver succintamente ricostruito la fattispecie, ha osservato che la controversia, pur avendo ad oggetto un provvedimento di diniego di sospensione delle cartelle esattoriali e un silenzio rifiuto sull’istanza di annullamento in autotutela delle stesse, ricade tuttavia nell’alveo della giurisdizione tributaria ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, siccome modificato dall’art. 12, comma 2, della L. n. 448/2001.

Le argomentazioni che sorreggono la sentenza impugnata sono del tutto condivisibili. Difatti, nonostante il precedente contrario richiamato dalla Meridiana S.p.A. (Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 2005, n. 6269, peraltro relativo a una fattispecie antecedente alla citata modifica dell’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992), la recente giurisprudenza del Supremo Collegio si è decisamente orientata nel senso del riconoscimento del carattere pieno ed esclusivo della giurisdizione tributaria, tale da estendersi non soltanto all’impugnazione del provvedimento impositivo, ma anche alla legittimità di tutti gli atti del prodromico procedimento (Cass. civ., sez. un., 7 maggio 2010, n. 11082; id., 30 marzo 2010, n. 7612), ivi inclusi i dinieghi all’esercizio dell’autotutela (Cass. civ., sez. un., nn. 2870/2009 e 9669/2009). L’art. 12, comma 2, della L. 28 dicembre 2001, n. 448 ha infatti stabilito che appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie o relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari e agli interessi e ogni altro accessorio, con la conseguenza che, a decorrere dall’entrata in vigore di detta previsione, ogni controversia in materia tributaria deve essere comunque conosciuta dalle commissioni tributarie; la giurisdizione tributaria ha, insomma, acquisito un carattere generale esteso a qualunque controversia avente ad oggetto uno specifico rapporto tributario, rimanendo escluse dal suo ambito soltanto le impugnazioni degli atti a carattere generale ai sensi dell’art. 7, comma 5, D.Lgs. n. 546/1992 (la cui cognizione è riservata al giudice amministrativo) e l’accertamento del diritto al rimborso di una somma indebitamente versata a titolo di tributo, ma spettante al contribuente (questione appartenente alla giurisdizione ordinaria).

Converge nei sensi sopra precisati anche l’orientamento del Consiglio di Stato (sez. IV, 19 marzo 2009, n. 1645; id., sez. IV, 27 febbraio 2008, n. 741; id., sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5120; id., sez. V, 9 ottobre 2006, n. 6003), secondo cui il rimedio del silenzio rifiuto non configura una giurisdizione esclusiva o per materia del giudice amministrativo e non è quindi esperibile nel caso in cui quest’ultimo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto sostanziale, così come si verifica nel caso in cui detto rapporto presenti natura tributaria. Del resto, anche il Consiglio di Stato ha avuto occasione di chiarire (Cons. Stato, sez. IV, 19 marzo 2009, n. 1645, cit.) che l’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, come sostituito "dall’art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, ha comportato, per ormai pacifica giurisprudenza, la trasformazione della giurisdizione tributaria in giurisdizione a carattere generale, competente ogni qual volta si controverta di uno specifico rapporto tributario, o di sanzioni inflitte da uffici tributari, restandone al di fuori solo controversie in cui non è direttamente coinvolto un rapporto tributario, ma viene impugnato un atto di carattere generale (art. 7, comma V, ultimo periodo, D.Lgs. n. 546 del 1992), o si chiede il rimborso di una somma indebitamente versata a titolo di tributo, e di cui l’amministrazione riconosce pacificamente la spettanza al contribuente".

3. – Nemmeno merita accoglimento la denuncia dell’erronea applicazione dell’art. 59, comma 2, della L. n. 69/2009 (ora rifluito, per quanto interessa il presente giudizio, nell’art. 11, comma 2, del Codice del processo amministrativo) posto che gli effetti processuali ivi indicati si producono ex lege, ricorrendone i presupposti, senza alcuna necessità di una espressa pronuncia giurisdizionale.

4. – Dovendosi confermare la carenza della giurisdizione amministrativa, non possono essere esaminati gli altri motivi dedotti con l’impugnazione.

5. – Al lume dei superiori rilievi il Collegio ritiene di poter assorbire ogni altro motivo o eccezione, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente decisione.

6. – Il regolamento delle spese processuali del secondo grado del giudizio, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello, confermando, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Condanna l’appellante alla rifusione delle spese nei confronti delle controparti costituite, liquidate in Euro 3.000,00 (tremila/00) per ciascuna di esse, per complessivi Euro 6.000,00 (seimila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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