Cass. civ. Sez. III, Sent., 13-12-2011, n. 26699

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 4/11/2008 la Corte d’Appello di Catania, in accoglimento del gravame interposto dal sig. R.A. e in conseguente totale riforma della pronunzia Trib. Catania 1/1/2006, condannava il Ministero della Salute al risarcimento dei danni lamentati in conseguenza di epatopatia HBV contratta all’esito di assunzione di prodotti emoderivati infetti avuti dalla farmacia Occhipinti di (OMISSIS) e immessi in commercio non avendo il Ministero eseguito i dovuti controlli.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.

Resiste con controricorso il R., il quale spiega altresì ricorso incidentale, sulla base di unico motivo.

Motivi della decisione

Con unico motivo il ricorrente in via principale denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con unico motivo il ricorrente in via incidentale denunzia violazione dell’art. 91 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

I ricorsi, principale e incidentale sono inammissibili, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 366-bis c.p.c. e dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366-bis c.p.c. dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130); e, quanto al pure denunziato vizio di motivazione, dispone, secondo l’interpretazione datane da questa Corte, che a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria ( art. 366-bis c.p.c.).

Si è al riguardo precisato che, rispetto alla mera illustrazione del motivo, l’art. 366-bis c.p.c. impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere, essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (da ultimo v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel caso i quesiti di diritto recati dal ricorso principale e dal ricorso incidentale non risultano informati allo schema delineato da questa Corte (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), non recando la riassuntiva indicazione degli aspetti di fatto rilevanti; del modo in cui gli stessi sono stati dai giudici di merito rispettivamente decisi; della diversa regola di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione, ovvero sostanziantesi (con particolare riferimento al ricorso principale) nella indicazione della (altresì genericamente formulata) tesi difensiva.

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

I ricorsi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo, e anteriormente rispetto alla data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 (cfr. Cass., 23/11/2010, n. 23669; Cass., 29/4/2010, n. 10277; Cass., 16/12/2009, n. 26364 Cass., 26/10/2009, n. 22578).

Va disposta, attesa la reciproca soccombenza, la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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