Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 28-07-2011, n. 507 Sanità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Il dott. Fa.Le., titolare dell’omonimo ambulatorio odontoiatrico, sito in Le., struttura convenzionata con il Servizio sanitario nazionale, presentava istanza di accreditamento istituzionale, ai sensi del D.A. 890/02, dando avvio ai lavori.

In data 15 giugno 2007, veniva effettuata una verifica da parte dell’Ausl di Enna ai fini dell’accreditamento.

Con nota del 28 giugno 2007, il dott. Le. comunicava che erano in corso lavori di ottimizzazione degli spazi interni, lavori condotti a battente chiuso, con sospensione totale delle attività erogate, facendo riserva di chiedere l’aggiornamento dell’autorizzazione.

Con nota del 12 settembre 2007, la AUSL comunicava che l’Assessorato alla sanità aveva trasmesso un elenco delle strutture sanitarie private che presumibilmente non avevano superato positivamente l’accreditamento, nel quale elenco era inserito l’ambulatorio del dr. Le.

Avverso i summenzionati provvedimenti il dr. Le. proponeva ricorso giurisdizionale al T.A.R. della Sicilia, sede di Palermo.

Successivamente, con decreto del 17 dicembre 2008, il dirigente generale dell’assessorato alla sanità disponeva l’esclusione dell’ambulatorio dall’accreditamento.

Avverso tale provvedimento l’interessato proponeva motivi aggiunti di ricorso.

2) Con sentenza n. 4215 del 30 marzo 2010, il giudice adito respingeva il ricorso. Detto giudice osservava che, ai sensi dell’art. 10 del D.A. n. 890/2002, non poteva essere presa in considerazione un’istanza di accreditamento di una struttura non conforme ai parametri tecnici fissati dal decreto stesso e che, ai sensi del successivo art. 11, il mancato tempestivo adeguamento della struttura determinava la decadenza dallo statu di soggetto provvisoriamente accreditato.

Conseguentemente, risultava legittimo il provvedimento impugnato con il quale si precisava che l’ambulatorio del ricorrente non era accreditato per il mancato rispetto del termine entro cui la struttura sarebbe dovuta essere adeguata ai parametri tecnici vigenti.

3) Il dr. Le. ha proposto appello contro la summenzionata sentenza.

A suo avviso, il giudice di primo grado è pervenuto al rigetto del ricorso sulla scorta di un’erronea rappresentazione della realtà dei fatti.

In particolare, sarebbe errata la tesi secondo cui i lavori non sarebbero terminati alla data del giugno 2007, essendo pacifico che "in tale data, essendo già stati effettuati i lavori di adeguamento, erano ancora in corso solo i lavori di ottimizzazione che, peraltro, venivano eseguiti a battente chiuso, con totale sospensione dell’attività professionale".

In ogni caso, il termine del 29 giugno 2007 non avrebbe natura perentoria, tenuto anche conto della circostanza che in taluni casi l’Amministrazione aveva concesso l’accreditamento anche a strutture che avevano completato i lavori in epoca successiva alla summenzionata data del 29 giugno 2007.

Inoltre, il giudice avrebbe omesso di esaminare le censure con le quali era stato lamentato che il decreto impugnato era stato emesso senza tener conto delle deduzioni depositate dall’interessato e della richiesta di nuova visita.

Infine, la sentenza appellata sarebbe errata nella parte in cui ha ritenuto la legittimità del provvedimento di cessazione del rapporto senza la preventiva comunicazione di avvio del procedimento.

4) Resiste al gravame l’Amministrazione regionale.

5) L’appello è infondato.

Come osservato dal giudice di primo grado, non è contestabile che, al giugno 2007, la struttura di parte ricorrente non aveva ancora terminato i lavori per adeguarsi ai parametri fissati dal D.A. 17 giugno 2002, n. 890, per l’attribuzione dell’accreditamento istituzionale.

In questa sede, l’appellante ripropone la tesi che i lavori per così dire strutturali erano, a quella data, terminati, mentre restavano da compiere solo lavori di "ottimizzazione", ossia di rifinitura.

Tale tesi deve essere respinta per la considerazione che il decreto del 2002 non consente una distinzione nel senso ipotizzato dall’appellante.

Né rileva la circostanza che, in qualche caso, l’Amministrazione avrebbe consentito che i lavori di adeguamento continuassero oltre la data del 29 giugno 2007, posto che, in ogni caso, il termine in questione ha carattere perentorio e, quindi, non rilevano le doglianze di eccesso di potere sub specie di disparità di trattamento, che sono state sollevate dall’appellante: l’attività amministrativa vincolata non può essere infatti censurata per questi profili.

Come è stato recentemente osservato dalla giurisprudenza (cfr. C.d.S., Sez. V, 17 febbraio 2010), in materia sanitaria l’accreditamento, lungi dall’atteggiarsi quale mera rimozione di un ostacolo all’esercizio di un’attività che rientra nelle facoltà di un diritto già attribuito a un privato, costituisce strumento mediante il quale la struttura privata viene inserita nell’ambito dei soggetti operanti per il servizio sanitario nazionale; l’accoglimento dell’istanza presuppone, pertanto, a garanzia dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, la verifica della corretta predisposizione di strumenti di carattere normativo e generale che rendano compatibile l’iniziativa del privato con l’assetto del servizio pubblico e l’accesso alla predetta struttura privata al servizio.

Come nel caso del termine stabilito per la presentazione della domanda, anche quello posto per l’adeguamento delle strutture ai requisiti organizzativi generali e specifici deve ritenersi perentorio, perché risponde all’esigenza di assicurare preminenti interessi pubblici, nonché il rispetto dei principi di imparzialità e di buon andamento predicati dall’art. 97 della Costituzione.

Va, infine, disatteso il motivo di appello concernente la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, perché, ai sensi dell’art. 21 octies, aggiunto dall’art. 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15, "Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è, comunque, annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’Amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato". Nella specie, l’attività posta in essere dall’Amministrazione rientra nella sfera di applicazione del citato art. 21 octies.

6) In conclusione, per le suesposte considerazioni, l’appello deve essere respinto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese e gli altri oneri di questo grado del giudizio sono posti a carico dell’appellante e sono liquidati a favore dell’Amministrazione regionale nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l’appello in epigrafe.

Condanna l’appellante al pagamento a favore dell’Amministrazione regionale delle spese, competenze e onorari di questo grado del giudizio, che liquida complessivamente in Euro 4.000,00 (quattromila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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