T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., 28-07-2011, n. 1430Procedimento e punizioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 21102008 e depositato il 28102008 il signor Di N.A., qualificandosi carabiniere scelto in servizio da oltre 17 anni, attualmente stanziato presso la Legione carabinieri Campania – Nucleo Carabinieri Banca d’Italia di Avellino, esponeva che a seguito di procedimento penale durato ben 15 anni, definitosi con sentenza n. 2939/03 resa il 2342003 dalla Corte di Appello di Napoli (che gli irrogava la pena di anni 3 di reclusione ed euro 4000 di multa per avere illegalmente detenuto e ceduto eroina in tre occasioni, ritenendo però il fatto di lieve entità), egli veniva sottoposto a procedimento disciplinare dall’Arma di appartenenza, procedimento che si concludeva con il provvedimento in epigrafe specificato che disponeva l’irrogazione della massima sanzione espulsiva.

Di quest’ultimo contestava la legittimità e chiedeva l’annullamento, formulando unico ed articolato motivo di gravame, con il quale lamentava violazione di legge in relazione all’art. 97 della Costituzione ed in relazione all’articolo 9, comma 1 della legge n. 19/90, eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e sproporzionalità, nonché carenza di motivazione.

Instauratosi il contraddittorio, l’Amministrazione intimata si costituiva in giudizio, deducendo l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 19 maggio 2011.

Motivi della decisione

Il ricorso è meritevole di favorevole considerazione e deve, pertanto, essere accolto.

Fondato ed assorbente, a giudizio del Tribunale, è il motivo di gravame, con il quale il ricorrente lamenta la carenza di motivazione del provvedimento impugnato, con specifico riferimento alla valutazione degli elementi e circostanze favorevoli sopravvenuti alla commissione del fatto per il quale è stata irrogata la sanzione disciplinare.

La giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, IV, 2442009, n. 2637) ha avuto modo di affermare che, nel procedimento disciplinare a carico del pubblico dipendente conseguente a condanna penale, l’Amministrazione datrice di lavoro, in coerenza con la legge 721990, n. 19, è tenuta a prendere in considerazione, per non ricadere in un automatismo sanzionatorio non più consentito, la possibilità di riassumere il dipendente destituito o sospeso, all’uopo valutando non l’astratta natura del reato commesso, bensì la sua obiettiva gravità (ossia l’allarme sociale provocato e gli indizi di pericolosità che l’hanno caratterizzato), le pene accessorie e le misure di sicurezza eventualmente adottate e la loro entità, la complessiva personalità e la successiva condotta del reo, il di lui recupero morale in relazione al tempo trascorso dalla commissione del reato (cfr. pure Cons. Stato, V, 2631999, n. 341; V, 29111995, n. 1656).

Ha, poi, statuito (cfr. Cons. Stato, VI, 2372008, n. 3616) la necessità che la complessiva personalità dell’incolpato e la sua condotta successiva al fatto addebitato (non dunque messo in dubbio nella sua ricorrenza normativamente qualificata) costituiscano un momento necessario del complessivo apprezzamento demandato all’amministrazione. Ciò non tanto per escludere una ormai appurata responsabilità per illecito disciplinare, ma ai fini della graduazione della sanzione eventualmente applicabile, in guisa che non tanto la condotta successiva al fatto debba condurre ad una vincolata applicazione di una misura più tenue della destituzione, quanto che, piuttosto, debba essere oggetto di attenta valutazione, potendo essa portare all’attenuazione del momento sanzionatorio.

Il Tribunale condivide il richiamato indirizzo giurisprudenziale, ritenendo che la condotta del reo successiva al fatto ed il di lui recupero morale in relazione al tempo trascorso dalla commissione del reato siano elementi che l’amministrazione, nella valutazione discrezionale in cui si esprime la determinazione disciplinare, debba necessariamente considerare.

Tale valutazione impinge sulla sanzione da irrogare e, dunque, trattandosi di attività discrezionale della p.a., i modi e gli esiti di tale valutazione devono essere adeguatamente esternati con congrua motivazione, la quale deve consentire al destinatario del provvedimento di comprendere l’iter logicogiuridico seguito nella determinazione assunta.

La necessaria considerazione del comportamento successivo alla commissione del fatto (e, dunque, il suo recupero in relazione al tempo trascorso) risulta una regola generale desumibile anche dalla disciplina generale codicistica in tema di responsabilità penale.

Invero, l’articolo 133 del codice penale, nel disciplinare l’esercizio del potere discrezionale del giudice di determinazione concreta della pena, indica, tra gli elementi da tenere in considerazione, anche la condotta susseguente al reato.

Ciò posto, rileva il Collegio che l’Amministrazione intimata, nell’irrogare con il provvedimento impugnato la massima sanzione della perdita del grado per rimozione, non ha osservato il prefato obbligo motivazionale, non risultando adeguatamente esternate le ragioni per le quali la condotta successiva del ricorrente alla commissione del reato ed il suo recupero morale in relazione al tempo trascorso (i fatti contestati risalgono agli anni 1993/1994, mentre la sanzione è stata irrogata nel settembre 2008, dopo circa 15 anni) non abbiano potuto favorevolmente incidere ai fini della graduazione della sanzione in termini di attenuazione del momento sanzionatorio.

Invero, in sede di procedimento disciplinare i richiamati elementi sono stati sottoposti all’attenzione dell’amministrazione.

Nelle giustificazioni redatte dal difensore del ricorrente, datate 2662008, è stato rappresentato che egli "riammesso in servizio è stato sempre zelante ed apprezzato dai suoi superiori".

Nelle note difensive del 2372008, prodotte alla Commissione di disciplina per l’adunata del 582008, il Di N. ha sottolineato che "dalla sua riammissione in servizio, profondendo il massimo impegno, ha cercato di dare ampia dimostrazione che i fatti per cui fu chiamato a rispondere costituirono uno scellerato episodio di vita dal quale rifuggire", rilevando che "Tale metamorfosi è attestata all’interno del suo libretto personale dai numerosi superiori alternatisi nei ben 10 anni circa di servizio attivo presso l’attuale sede".

Nel corso della adunata della Commissione di Disciplina del 582008, infine, il difensore del Di N., capitano Francavilla, ha evidenziato che " La Commissione giudicante ha una grossa responsabilità, quella di contribuire alla determinazione della permanenza o meno del Di N. nel grado, dovendo valutare, tra l’altro, a mio avviso, il comportamento del Di N. dalla sua riammissione in servizio, dal 200 ad oggi, presso la Banca d’Italia, dove peraltro è stato valutato positivamente dagli ufficiali che lo hanno comandato. Infatti, dal momento della sua riammissione in servizio il Di N. ha fatto di tutto per ben figurare nell’Arma. Occorre inoltre rilevare che il prefato militare viene ad essere giudicato dopo ben quindici anni dai fatti occorsi, quando, per inesperienza, non era l’uomo di oggi. Per quanto riguarda l’aspetto del nocumento all’Arma il fatto risulta datato e, quindi, si ritiene che al momento nessuna traccia è rimasta nella memoria della gente del posto".

Orbene, nonostante la evidenziazione e, dunque, l’introduzione dei suddetti elementi nel procedimento, non risultano esaurientemente esternate le ragioni della ritenuta loro ininfluenza ai fini di una attenuazione della determinazione sanzionatoria e, dunque, della eventuale scelta di una sanzione più mite.

Invero, il provvedimento impugnato si è limitato ad affermare "Valutate ininfluenti le memorie difensive presentate dall’interessato nell’ambito del procedimento disciplinare di stato giacchè non apportano alcun elemento a discolpa", senza concretamente esternare le ragioni per le quali i suddetti elementi obbligatori elementi di valutazione (comportamento successivo, recupero morale in relazione al tempo trascorso) non hanno potuto incidere in termini di attenuazione della misura sanzionatoria (ripetesi, la loro valutazione non incide sulla sussistenza di una responsabilità disciplinare quanto piuttosto sul grado e sulla entità della sanzione).

L’ulteriore lettura del provvedimento sembra confermare la mancata valutazione di tali elementi per la loro ritenuta ininfluenza, laddove, nel giustificare l’affermazione di incompatibilità della ulteriore permanenza del ricorrente nell’Arma dei Carabinieri si opera riferimento al fatto che egli ha palesato carenze di ordine caratteriale e morale "nella circostanza" (con conseguente lesione del prestigio dell’istituzione e violazione dei doveri assunti con il giuramento).

Sulla base delle considerazioni tutte sopra esposte, pertanto, il provvedimento impugnato è illegittimo per la rilevata carenza motivazionale e, per l’effetto, deve essere annullato.

Resta assorbito l’esame degli ulteriori motivi di ricorso.

Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti costituite, sussistendone giusti motivi in relazione alla peculiarità della controversia.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie per le ragioni in motivazione esplicitate e, per l’effetto, annulla il provvedimento del Ministero della Difesa del 992008 di irrogazione della sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione e di cessazione dalla ferma volontaria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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