Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-05-2011) 21-07-2011, n. 29253

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione O.G. avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Caltanissetta in data 22 dicembre 2010 con la quale è stato confermato il provvedimento applicativo della misura cautelare della custodia in carcere emesso dal locale Gip nel 2010, in relazione alla contestazione provvisoria di direzione di associazione per delinquere di stampo mafioso. La associazione in questione era quella denominata cosa nostra, nella articolazione della famiglia di Caltanissetta ed il periodo di riferimento quello decorso dal 1995 alla data di richiesta della misura stessa.

I giudici evidenziavano come i gravi indizi di colpevolezza fossero desumibili essenzialmente dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia che andavano a saldarsi con gli eventi riguardanti la associazione già accertati", per il periodo precedente, con sentenze in diversi processi. Nel 2002, infatti, vi era stata una riorganizzazione della famiglia a seguito della scarcerazione di esponenti di spicco quali P.A. e F.S..

Nella fase precedente, come detto già accertata con sentenze, la figura di O. era risultata quella di concorrente esterno per l’appoggio garantito ai latitanti, ma, con riferimento al periodo oggi in esame, la stessa figura aveva assunto il ruolo di intraneo a tutti gli effetti.

Il gruppo di appartenenza costituiva peraltro una costola del gruppo maggiore capeggiato da P.A., gruppo, quest’ultimo, dal quale aveva preso vita quello minore diretto da F.V. che col il predetto P. aveva avuto dissensi. Ebbene nella nuova compagini- come dichiarato dai collaboratori di giustizia F.S., R.P., Fe.Al. e I.E. – erano confluiti i familiari dello stesso F., O.G., scarcerato dal 2000, e, in posizione subordinata a quest’ultimo, F.A.. Era risultato dalle dichiarazioni di Fe., che, come a questi riferito da I.E., l’ O. percepiva uno stipendio nel 2003-2004.

Il Tribunale valorizzava anche dichiarazioni di G.M. circa l’interessamento dell’ O. in riferimento ad una vicenda estorsiva in danno di S.A., vicenda che, sebbene non contestagli, tuttavia era indicativa di un ruolo di intermediario che si spiegava proprio in ragione della appartenenza al sodalizio criminale operativo sul territorio.

Ulteriore vicenda sintomatica, secondo il Tribunale, della contestata partecipazione ad una associazione mafiosa era quella dell’essere, il ricorrente, indicato da F. e Fe. nonchè da G. come persona interessata dal Prof. C. per ottenere aiuto nella competizione elettorale e procurare voti in virtù della sua posizione di spicco nella associazione.

Deduce:

la violazione di legge ( art. 174 c.p., rectius, art. 273 c.p.p.) e il vizio di motivazione.

Sarebbero stati valorizzati, come indizi, elementi privi invece di tale valenza: così, la sentenza di condanna per il periodo precedente a quello in contestazione, tenuto conto che la sentenza stessa afferiva ad una imputazione di concorso esterno, diversa da quella attuale.

Le dichiarazioni dei collaboratori, de relato, avevano natura meramente deduttiva.

Non sarebbe stato indicato il contributo del prevenuto alla associazione in contestazione.

Le dichiarazioni del collaboratore I. avevano portato alla luce semmai un elemento a favore e cioè la ostilità del capo della associazione, P.A., nei confronti del ricorrente.

Difetterebbero gli elementi di riscontro esterni. Infatti le dichiarazioni di I. e R. sono state considerate riscontri pur in mancanza di adeguata dimostrazione dell’elemento da riscontrare e cioè che O. facesse parte di un sodalizio mafioso.

I collaboratori hanno riferito di contatti tra O. e capi mafiosi quali F.V. e R.T., senza considerare che tale caratura mafiosa dei detti personaggi è tutta da dimostrare e che gli incontri ben potevano essere causali.

Irrilevanti sarebbero poi gli episodi ritenuti sintomatici quali riscontri, dal Tribunale del riesame: la intermediazione nella vicenda estorsiva, non contestata, e nella competizione elettorale interessante il C..

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

La ordinanza impugnata si sottrae alle censure del ricorrente in quanto queste risultano incapaci di inficiare il costrutto logico esibito dal giudice del merito e, per taluni versi, lambiscono la inammissibilità perchè prospettate in una dimensione meramente fattuale e non come critiche alla tenuta logica della motivazione.

Invero il provvedimento è fondato sul rilievo della convergenza di vari collaboratori di giustizia circa la appartenenza dell’ O. al sodalizio descritto nel capo di imputazione provvisorio.

Si trattava del gruppo in ordine al quale i collaboratori R. e I. hanno riferito essere stato costituito da F.V. che, ottenuta la liberazione anticipata in relazione ad altra condanna e sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con residenza fissata in (OMISSIS) nel 2004, aveva deciso di separarsi dal gruppo mafioso facente capo a P. A. – anch’egli scarcerato nel settembre 2002- per diversità di vedute sulla distribuzione dei proventi degli affari illeciti.

Vi erano inoltre le dichiarazioni del collaboratore Fe. che aveva riferito di contatti constatati tra il ricorrente e il R., personaggio di spicco della famiglia mafiosa locale. Il Fe. aveva parlato poi delle confidenze ricevute dall’indagato F. N. il quale gli aveva riferito di essere "spalla" a livello mafioso dell’ O.; aveva aggiunto che altro indagato, I., gli aveva detto di avere versato uno stipendio a O. nel 2003- 2004.

Il Tribunale ha anche motivato su quello che, allo stato, risulta il ruolo avuto dal ricorrente in seno al sodalizio, e cioè tenere contatti con sodali facenti capo ad altre articolazioni territoriali, come desunto dal racconto di Fe..

Tanto premesso, non può non rilevarsi come la ricostruzione operata da Tribunale viene censurata dalla difesa in primo luogo sulla base di un convincimento errato relativamente alla valenza indiziaria delle dichiarazioni dei collaboratori.

Non si tratta della idoneità dimostrativa, per così dire, meno forte, propria delle dichiarazioni de relato posto che il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui in tema di chiamata di correo, non sono assimilabili a pure e semplici dichiarazioni "de relato" quelle con le quali un intraneo riferisca notizie assunte nell’ambito associativo, costituenti un patrimonio comune, in ordine ad associati ed attività propri della cosca mafiosa (Rv. 247585,-massime precedenti Conformi: N. 11344 del 1993 Rv. 195766, N. 1472 del 1999 Rv. 213445, N. 38321 del 2008 Rv.

241490).

Per quanto poi concerne le affermazioni del ricorrente secondo cui le dichiarazioni dei collaboratori sarebbero di natura meramente deduttiva e prive di riscontri, non può non notarsi come si tratti di censure generiche o prive di fondamento alla luce dei plurimi elementi citati dal giudice a quo.

D’altra parte la critica articolata dalla difesa si sostanzia in una alternativa ricostruzione delle emergenze indiziarie, e cioè in una prospettazione che la Cassazione non può apprezzare direttamente in quanto giudice della legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Manda la cancelleria per le comunicazioni ex art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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