Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-05-2011) 21-07-2011, n. 29189 Liberazione anticipata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 23 giugno 2010 il Tribunale di sorveglianza di Potenza ha respinto il reclamo proposto da G.A., in espiazione della pena di anni 13 di reclusione per i reati di strage e violazione della legge sulle armi con fine pena al 12/11/2012, avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza della medesima sede, in data 6 marzo 2009, che aveva rigettato la domanda di liberazione anticipata per sette semestri di presofferto, così individuati: dal 25 settembre 1994 al 20 settembre 1995 e dal 12 luglio 1997 al 15 gennaio 2000.

A sostegno della decisione il Tribunale ha addotto le seguenti ragioni:

– notevole distacco temporale esistente tra i due periodi di presofferto, oggetto della richiesta di liberazione anticipata, e tra essi e l’attuale detenzione, in esecuzione di condanna della Corte di assise di appello di Catania del 16 giugno 2005 (irrevocabile il 26 marzo 2007), tale da impedire la valutazione unitaria della partecipazione del G. all’opera di rieducazione;

– procedimento pendente a carico dell’istante per il delitto previsto dal D.L. n. 306 del 1992, art. 12 quinquies, convertito nella L. n. 356 del 1992, accertato in (OMISSIS), fatto per il quale il G. risulta condannato, seppure con sentenza non irrevocabile, alla pena di anni 3 e mesi 6 di reclusione con applicazione della confisca;

– accertata frequentazione di persone pregiudicate, gravitanti nell’ambito della famiglia mafiosa dell’Acquasanta di Palermo, da parte del G., nei periodi di libertà da lui goduti tra quelli di detenzione in esame.

2. Avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione il G., personalmente, e deduce due motivi di ricorso.

2.1. Con il primo motivo il G. lamenta la violazione dell’art. 54 Ord. Pen., per avere il Magistrato, prima, e il Tribunale di sorveglianza, poi, respinto la domanda di liberazione anticipata senza valutare, previa richiesta di informazioni integrative ove necessarie, la sussistenza delle condizioni previste dal legislatore per la concessione del beneficio con specifico riguardo ai semestri richiesti e ai parametri espressamente previsti dal D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, art. 103, limitandosi, invece, i giudici di merito alla mera annotazione della lontananza nel tempo dei periodi di presofferto, peraltro autonomamente integranti la durata semestrale, e, per costante giurisprudenza, non ostativi, ove imputati – come nella fattispecie – all’esecuzione in corso, alla valutazione della liberazione anticipata saldando tra loro i vari periodi detentivi in custodia cautelare e in espiazione della pena.

2.2. Con il secondo motivo il G. lamenta l’omessa ovvero contraddittoria e illogica motivazione del diniego del beneficio sulla base di un procedimento pendente, a suo carico, per fatto in ipotesi commesso nel (OMISSIS), non ancora approdato a sentenza irrevocabile di condanna, in spregio al principio di presunzione di non colpevolezza fino alla sentenza definitiva, e con riferimento alla sua presunta frequentazione, in libertà, di persone pregiudicate legate alla criminalità organizzata, sebbene egli avesse dedotto e chiarito, sia in memoria difensiva sia in sede di discussione, che quella segnalazione di frequentazione riguardava il suo omonimo cugino e non la propria persona.

Motivi della decisione

3. Entrambi i motivi di ricorso sono fondati nei termini che seguono.

3.1. L’ordinanza impugnata assume come normativo il "principio di unitaria considerazione del periodo da esaminare" ai fini dell’applicazione del beneficio della liberazione anticipata e precisa che, "pur in costanza della interpretazione cosiddetta "semestralizzata", il trattamento penitenziario individualizzato, anche se articolato nel tempo e sottoposto a vagli periodici, si presenta come un "unicum" globalmente diretto al reinserimento nella società di un soggetto effettivamente emendato", aggiungendo che "in questa visione globale non può trovare posto una concezione così "atomizzata" e riferita a periodi inferiori al semestre e distanti tra loro che finirebbe con il ridurre l’opera di rieducazione ad una serie di compartimenti separati con soluzione di continuità fra i vari intervalli temporali, perdendosi di vista il risultato finale rieducativo che non può non costituire la sintesi dell’intero trattamento" (pag. 2 del provvedimento gravato).

Dall’argomentare, peraltro non chiarissimo, del Tribunale sembra dedursi che, pur in presenza di periodi non inferiori al semestre e, a maggior ragione, nel caso di tempi più ridotti, la valutazione di partecipazione del condannato all’opera di rieducazione deve procedere secondo un criterio di considerazione unitaria degli esiti dell’intero trattamento e di apprezzamento, con visione globale, dell’effettivo conseguimento finale del risultato rieducativo.

Siffatta ricognizione della misura della liberazione anticipata, come disciplinata dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 54 (d’ora in avanti indicata come Ord. Pen.), e D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, art. 103 (Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà), non risponde alla lettera e alla ratio dell’istituto.

La giurisprudenza di questa Corte ha già affermato che, in tema di liberazione anticipata, lo stesso tenore testuale della L. n. 354 del 1975, art. 54, indica chiaramente la volontà del legislatore di porre l’accento sul semestre come elemento temporale di riferimento per la valutazione del comportamento del condannato ai fini di accertare la sussistenza dei requisiti richiesti, con la conseguenza che il giudice non deve effettuare una valutazione globale e può escludere il beneficio della liberazione anticipata per uno o alcuni periodi e concederlo per altri (Sez. 1, n. 916 del 16/02/1995 dep. 03/06/1995, Annunziato, Rv. 201711; Sez. 1, n. 775 del 06/02/1996, dep. 12/03/1996, Erre, Rv. 203989).

Al riguardo è stato chiarito che, ai fini della concessione della liberazione anticipata, è possibile prendere in considerazione anche un periodo di detenzione inferiore a quello minimo e valutarlo insieme ad un altro – purchè questo sia imputabile alla stessa pena ed il beneficio sia stato richiesto anche in relazione ad esso- che consenta di raggiungere la soglia dei sei mesi di detenzione, con l’unico limite che non è possibile procedere ad operazioni di collage di spezzoni minimi di detenzione, nè "prelevare" un periodo da una detenzione che per la parte rimanente è estranea all’esecuzione in corso (Sez. 1, n. 3410 del 20/05/1996, dep. 02/08/1996, Marasà, Rv. 205601).

Va aggiunto che la subordinazione del beneficio al fatto che il condannato a pena detentiva "abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione", meritando così la "detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata" (art. 54, comma 1, Ord. Pen.), è incompatibile con l’assunto del Tribunale secondo cui la liberazione anticipata postulerebbe l’effettivo conseguimento finale del risultato rieducativo in una visione globale della partecipazione del condannato all’intero trattamento, premiando, al contrario, il legislatore già la concreta disponibilità periodica ad avviare e proseguire un percorso risocializzante con particolare riferimento ai parametri valutativi del comportamento intramurario, consistenti "nell’impegno dimostrato nel trarre profitto dalle opportunità trattamentali offerte e nel mantenimento di corretti e costruttivi rapporti con gli operatori, con i compagni, con la famiglia e la comunità esterna" ( D.P.R. n. 230 del 2000, art. 103, comma 2).

Il caso in esame, pertanto, va riesaminato dal giudice di merito escludendo la necessità di una valutazione globale della partecipazione del condannato all’opera di rieducazione a prescindere dall’esame della sua condotta nei singoli semestri, nella fattispecie già interamente inclusi nel periodo di presofferto, donde l’incongruo richiamo all’atomizzazione della valutazione, da effettuare, altresì, con particolare riferimento ai parametri normativi di cui sopra, senza la pretesa di misurare il risultato finale complessivo del percorso rieducativo intramurario, compiuto dal condannato, sia durante il tempo della custodia cautelare, sia durante la successiva e distanziata esecuzione della pena, ciò che vanificherebbe il criterio semestrale di apprezzamento dei requisiti di applicazione del beneficio.

3.2. Anche il secondo motivo di ricorso, denunciante un vizio della motivazione, è fondato nella misura in cui l’ordinanza annette al carico pendente di cui è gravato il ricorrente (condanna non definitiva ad anni 3 e mesi 6 di reclusione), per il reato di cui al D.L. n. 306 del 1992, art. 12 quinquies, convertito nella L. n. 356 del 1992, accertato in (OMISSIS), e alla riferita frequentazione di pregiudicati da parte del G. in periodi non meglio precisati, valore dirimente per escludere la partecipazione dello stesso all’opera di rieducazione senza alcun specifico riferimento ai parametri valutativi indicati nel D.P.R. n. 230 del 2000, art. 103, anche al solo fine di un apprezzamento comparativo negativo rispetto alla maggiore motivata valenza attribuita ai predetti comportamenti esterni e successivi al percorso intramurario.

E’ ben vero che il principio della valutazione frazionata per semestri del comportamento del condannato non esclude che un fatto negativo possa riverberarsi anche sulla valutazione dei semestri anteriori, ma occorre che si tratti di una condotta particolarmente grave e sintomatica, tanto da lasciar dedurre una mancata partecipazione del condannato all’opera di rieducazione anche nel periodo antecedente a quello cui la condotta si riferisce. Tale giudizio esige una puntuale e approfondita motivazione in ordine ai connotati di gravità concretamente ravvisati nei fatti ai quali viene attribuita valenza negativa retroattiva (Sez. 1, n. 5819 del 22/10/1999, dep. 04/01/2000, Signoriello G., Rv. 215119; conformi:

Sez. 1, n. 23218 del 20/02/2001, dep. 07/06/2001, Brighel, Rv.

219294, e n. 11244 del 07/12/2000, dep. 21/03/2001, Amato, Rv.

218501).

Più specificamente, in materia di misure alternative alla detenzione, non può conferirsi decisiva rilevanza alla pendenza di un procedimento penale nei confronti del detenuto, senza una approfondita valutazione dei fatti specifici che vi hanno dato origine, costituenti concreta manifestazione della sua condotta, essendo illegittimo qualsiasi automatismo nel diniego del beneficio così come per la revoca della liberazione anticipata ai sensi dell’art. 54, comma 3, Ord. Pen., anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale 17-23 maggio 1995 n. 176 (conformi: Sez. 1, n. 2331 del 02/10/1989, dep. 26/10/1989, De Gregori G., Rv.

182348; n. 5214 del 30/11/1993, dep. 03/02/1994, Lo Cascio, Rv.

196234; n. 4603 del 26/09/1995, dep. 11/10/1995, Galassi, Rv.

202508).

Nel caso in esame, il Tribunale non ha osservato l’obbligo motivazionale nella necessaria pregnanza di cui sopra, negando il beneficio richiesto per sette semestri con il mero richiamo del procedimento penale pendente e sulla base della generica menzione di frequentazioni con pregiudicati da parte del G., senza una valutazione specifica dei fatti successivi al periodo di presofferto ritenuti ostativi alla concessione del beneficio da comparare con i parametri, neppure accennati, di cui al D.P.R. n. 230 del 2000, art. 103, cit., aventi, invece, un privilegiato ancorchè non esclusivo rilievo ai fini della riduzione della pena per liberazione anticipata.

4. Segue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Potenza per nuovo esame, nel quale si atterrà alle indicazioni interpretative e di adeguatezza motivazionale di cui sopra.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Potenza.

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