Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-05-2011) 21-07-2011, n. 29251 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il provvedimento impugnato veniva confermata l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bari in data 25.10.2010, con la quale veniva applicata nei confronti di P.D. la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di cui all’art. 416 bis cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74, commessi partecipando all’associazione camorristica denominata clan Stramaglia operante dal novembre del 2005 nei comuni di Cassano delle Murge, Santeramo in Colle e Adelfia e diretta fra l’altro alla commissione di reati in materia di stupefacenti, ed agendovi in particolare nel territorio di Adelfia.

I gravi indizi a carico del P. erano individuati nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia L.P., R.N. e C.M..

Il ricorrente deduce violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla sussistenza di gravi indizi a carico dell’indagato, osservando che il provvedimento impugnato ometteva di esaminare i rilievi difensivi sull’insussistenza di un’autonoma associazione camorristica riconducibile allo S., individuato dai precedenti giudiziari richiamati nell’ordinanza come appartenente al clan Parisi, sulla mancanza di fatti specifici attribuiti al P., sull’inattendibilità intrinseca del collaboratore R., sulle contraddizioni fra lo stesso e gli altri dichiaranti in merito al grado ricoperto dal P. nell’organizzazione, al soggetto dal quale direttamente dipendeva, alla sostanza stupefacente che trattava ed alla partecipazione ad azioni armate, e sulla mancanza di riscontri.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Le doglianze proposte dal ricorrente trovavano invero adeguata e coerente risposta nella motivazione del provvedimento impugnato. La sussistenza di un autonomo sodalizio criminoso riferibile allo S. era in particolare giustificata, pur dandosi atto dei provvedimenti giudiziari sulla originaria riconducibilità del predetto al clan Parisi, con la successiva espansione delle attività delittuose dello S. negli ambiti territoriali descritti in premessa; la specifica posizione del P. in tale contesto era definita in base alla dichiarazioni del L.P., che indicava l’indagato come dipendente dello S. in Adelfia e venditore di stupefacente operante in quella zona e lo collocava fra l’altro come partecipe ad una lite con un esponente del rivale clan Di Cosola ed a rappresaglie per l’omicidio di Sa.Ma., ed a quelle del C. e del R., i quali confermavano la posizione del P. quale venditore di stupefacente in Adelfia; le discrasie evidenziate dalla difesa fra i racconti dei collaboratori erano esaminate e valutate come non determinanti rispetto alla concordanza delle predette dichiarazioni sull’affiliazione del P. al clan Stramaglia; e comunque, a superare tali incongruenze, l’ordinanza evidenziava la sussistenza di riscontri individualizzanti nelle intercettazioni telefoniche, che riportavano direttive impartite al P. da G. A., e nei ripetuti arresti dell’Indagato per detenzione di cocaina e hashish, circostanze queste ultime particolarmente significative nel risolvere le incertezze sugli stupefacenti trattati dal P., individuandoli in entrambe le sostanze di cui sopra.

In questo percorso l’argomentazione del Tribunale, nell’attribuire significatività decisiva alla coincidenza delle dichiarazioni dei collaboratori sulla posizione associativa del P. ed ai riscontri acquisiti, appare esente da vizi logici rilevanti in questa sede. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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