Cass. pen., sez. I 18-12-2007 (05-12-2007), n. 47002 Obbligo di soggiorno – Nozione di residenza o dimora abituale.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

OSSERVA
1 – Con provvedimento in data 7.5.2007 la Corte di Appello di Bologna ha rigettato l’appello presentato da C.A. contro il decreto 15.12.2006 del Tribunale di Modena che aveva respinto la richiesta di revoca della misura di prevenzione della sorveglianza speciale per la durata di tre anni con obbligo di soggiorno nel comune di residenza di (OMISSIS), applicata al C. con decreto 26 novembre 1999 (ed in seguito interrotta più volte a causa di sopravvenute carcerazioni), di cui l’interessato aveva chiesto la revoca ovvero la riduzione sotto il profilo che nel frattempo sarebbe venuta meno la attualità della pericolosità sociale, nonchè, in via subordinata, la correzione del provvedimento nel senso che l’obbligo di soggiorno doveva essere imposto nel luogo di residenza e di abituale dimora del proposto e non invece nel comune di (OMISSIS).
La Corte d’Appello ha rilevato che il Comune di (OMISSIS) era stato individuato quale residenza ed abituale dimora del proposto poichè in tale comune lo stesso aveva avuto la residenza anagrafica e la dimora abituale, presso la casa dei propri genitori, dove aveva altresì scontato gli arresti domiciliari e dove era tornato dopo le varie carcerazioni, non rilevando all’uopo la dimora occasionale presso case di reclusione sempre diverse; e ciò tanto più che il C., pur avendo chiesto la modifica del luogo di soggiorno obbligato, non aveva neppure indicato dove si trovasse tale luogo.
Quanto alla pericolosità sociale, la Corte di merito ha poi ribadito che il C., anche dopo le varie carcerazioni, aveva omesso di rispettare le prescrizioni della sorveglianza speciale ed era stato condannato per altri reati, per cui doveva escludersi che fosse cessata la sua pericolosità sociale.
2 – Ha proposto ricorso per cassazione la difesa del C. lamentando: erroneamente il provvedimento impugnato aveva ritenuto che il C. avesse la residenza nel comune di (OMISSIS), tale essendo il luogo di residenza anagrafica al momento in cui era stata attivata la procedura per la applicazione della misura di prevenzione, ma non più successivamente; non era stato considerato il fatto che il C. aveva subito lunghe carcerazioni nel periodo compreso fra il 2002 ed il 2006 in istituti di pena sempre diversi, per cui era ormai privo di fissa dimora e non poteva reperire alcun lavoro; non poteva essere imposto l’obbligo di soggiorno, dopo l’entrata in vigore della L. n. 256 del 1993, in luogo diversi dal comune di residenza o di dimora abituale; in conseguenza delle carcerazioni subite il C. aveva perso la pericolosità sociale, non rilevando le violazioni della misura di sorveglianza ed i reati contro il patrimonio che erano conseguenza della sua situazione personale.
3 – Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
4 – Il ricorso è infondato e deve essere pertanto respinto.
5 – Premesso che i provvedimenti adottati nel procedimento di prevenzione, sono impugnabili per cassazione, a norma della L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 11, soltanto per violazione di legge, per cui, pur volendosi fare rientrare nella violazione di legge la assenza di motivazione, a norma dell’art. 125 c.p.p., si deve trattare proprio di assenza di motivazione, la Corte di Appello di Bologna ha dato ampia e puntuale risposta, del tutto conforme al parametro normativo, alle doglianze del C. in ordine agli elementi addotti e che, a suo avviso, avrebbero comportato la prova del venire meno della pericolosità sociale (le continue carcerazioni subite e la commissione di ulteriori reati subito dopo la cessazione delle varie carcerazioni), mentre invece secondo il Tribunale e la Corte di Appello costituivano un chiaro indizio della persistenza della pericolosità sociale, sempre attuale, non rilevando all’uopo le disagiate condizioni del sorvegliato speciale che ben avrebbe potuto presentarsi alle forze di polizia, sottostare agli obblighi e chiedere aiuto ai familiari ed ai servizi onde sottrarsi alla continua spirale di condanne.
6 – Occorre poi considerare che, trattandosi di richiesta di revoca anticipata della misura, la valutazione del venire meno della pericolosità sociale doveva essere valutata con particolare rigore, non essendo all’uopo sufficiente neppure un corretto comportamento per un breve lasso di tempo (nella specie, comunque, non verificatosi) per fare ritenere un totale cambiamento di vita e di personalità del soggetto interessato e quindi escludere la pericolosità sociale del soggetto intesa come capacità di riprendere la attività criminosa.
7 – A tale stregua il giudizio espresso dalla Corte di merito, non solo è incensurabile, ma è anche condivisibile, poichè la persistenza della pericolosità sociale è stata desunta da comportamenti specificamente indicati ed indicativi delle continue violazioni della legge penale da parte del sorvegliato speciale.
8 – Quanto poi alla richiesta di modificazione del luogo di soggiorno obbligato, si ritiene che correttamente sia stato imposto, in conformità alla modifica legislativa della L. n. 1423 del 1956, art. 3, da parte della L. n. 327 del 1988, nel comune di (OMISSIS) dove il proposto aveva, all’epoca di applicazione della misura, sia la residenza che la dimora abituale o dove anche tuttora deve ritenersi che abbia la dimora attuale.
Posto che laddove la legge fa riferimento alla residenza o alla dimora abituale è evidente che non vuole riferirsi alla residenza anagrafica, la quale costituisce soltanto un indizio della residenza effettiva (art. 43 c.c.), bensì al luogo in cui si trovano le consuetudini di vita e le normali relazioni sociali della persona, va rilevato che anche dopo che il C. è stato cancellato dall’anagrafe di (OMISSIS) ha conservato la sua dimora abituale in tale centro poichè lì si trova la sua famiglia e lì è tornato tutte le volte che ne ha avuto necessità, ad esempio per essere assegnato agli arresti domiciliari.
D’altronde il ricorrente non ha neppure indicato quale sarebbe la sua residenza anagrafica ed anzi si è qualificato come soggetto senza fissa dimora, il che conferma che l’unico suo aggancio con le normali relazioni sociali e familiari sia proprio (OMISSIS) e che quindi correttamente l’obbligo di dimora sia stato fissato in tale luogo, non esistendo alternative. Non può d’altronde ritenersi che un soggetto possa sottrarsi all’obbligo di soggiorno obbligato soltanto omettendo di richiedere la residenza anagrafica ovvero di tenere una casa a disposizione personale, poichè proprio ciò è indicativo di particolare pericolosità sociale ed impone l’obbligo di dimora nel luogo in cui è maggiore il controllo sociale e cioè nel luogo in cui si trovano le relazioni familiari e sociali dell’interessato.
9 – Consegue per legge al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 c.p.p.).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *