Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 29-04-2011) 21-07-2011, n. 29092

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

che:

P.V. ricorre avverso la sentenza, in data 20 luglio 2010, della Corte d’appello di Torino, che a parziale conferma della sentenza del Tribunale di Novara del 19 maggio 2009 lo condannava per i reati di truffa aggravata e falso.

A sostegno dell’impugnazione il P. deduce:

a) la nullità del giudizio d’appello per la mancata notifica del decreto che dispone il giudizio emesso dal GIP del Tribunale di Novara;

Secondo il ricorrente il decreto notificato nel domicilio eletto è stato materialmente consegnato a Pe.St. qualificatasi "incaricata alla ricezione", ma totalmente sconosciuta al ricorrente;

b) Nullità della sentenza per mancanza contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione all’art. 192 c.p.p., nn. 1 e 2.

In realtà erroneamente il ricorrente sarebbe stato individuato come persona coinvolta nell’attività truffaldina, opera invece di due suoi clienti, dai quali egli sarebbe stato in realtà vittima in quanto raggirato dopo che costoro lo avevano indotto ad assumere la veste di fiduciario per conto terzi. c) Nullità della sentenza per violazione di cui all’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione all’art. 43 c.p..

Il ricorrente sottolinea l’insussistenza dell’elemento psicologico dei reati contestati, in ragione dell’assenza di consapevolezza con riferimento alle azioni truffaldine poste in essere dai suoi clienti. d) Nullità della sentenza per violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione agli artt. 133 e 62 bis c.p..

Il ricorrente lamenta l’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche e i criteri di dosimetria della pena utilizzati nei suoi confronti, anche con riferimento alle pene inflitte ai correi per il medesimo fatto.

I motivi sono manifestamente infondati e il ricorso è inammissibile.

Osserva la Corte che nel ricorso, con riferimento al primo motivo, si prospettano censure insussistenti in base alla documentazione presente in atti.

La Corte d’appello ha giustamente sottolineato come, in caso di domicilio dichiarato, presso lo studio del professionista, quale era il P., la persona indicata dall’ufficiale giudiziario come "incaricata" a ricevere la posta, in temporanea assenza del titolare dello studio, rende idonea la notifica a raggiungere lo scopo per cui è stata effettuata, in presenza del collegamento tra il luogo dichiarato e la consegna effettuata (v. Cass., sez. 2^, 16 gennaio 2003, n. 9010, C.E.D. cass. N. 223658). L’espressione utilizzata, proprio con riferimento alla specificità del luogo, studio professionale dell’interessato, attesta peraltro l’esistenza di un rapporto di convivenza temporanea,prevista sotto il profilo organizzativo, a nulla rilevando che in concreto il rapporto non si qualifichi per lo svolgimento della medesima attività di lavoro ma, in assenza di prova contraria, sia poi allo stesso funzionalmente collegato, come la presenza nello studio professionale con un ruolo attivo lascia correttamente presumere (v. anche Sez. 2^, 24 febbraio 2009, n. 24540, C.E.D. cass., n. 244419).

Per quanto riguarda gli altri motivi, nella sentenza risultano affrontate tutte le questioni dedotte nel ricorso e che peraltro, nella quasi totalità, erano già state proposte in appello.

Ritiene il collegio che nel ricorso per cassazione contro la sentenza di appello non può essere riproposta – ferma restando la sua deducibilità o rilevabilità "ex officio" in ogni stato e grado del procedimento – una questione che aveva formato oggetto di uno dei motivi di appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori logico – giuridici, come è avvenuto nel caso di specie. Ne deriva, in ipotesi di riproposizione di una delle dette questioni con ricorso per cassazione, che la impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, ultima parte". (Cass. pen., sez 6, 25,1.94, Paolicelli:

197748).

In apparenza poi si deducono vizi della motivazione ma, in realtà, si prospetta una valutazione delle prove diversa e più favorevole al ricorrente, ciò che non è consentito nel giudizio di legittimità;

si prospettano, cioè, questioni di mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come quella del provvedimento impugnato che, pertanto, supera il vaglio di legittimità (Cass. sez. 4, 2.12.2003, Elia ed altri, 229369; SU n 12/2000, Jakani, rv 216260), in particolare con il vaglio operato nei confronti della sussistenza delle condizioni per confermare il ruolo attivo del P. nella genesi e nello sviluppo della vicenda criminosa (v. il riferimento ai fax in cui si è qualificato "intestarlo fiduciario" delle quote della società interessata all’acquisto dell’immobile di proprietà delle parti offese, facendosi così garante dell’operazione, insieme ai contatti telefonici accertati nello stesso tempo con i due complici truffatori; v. parag. 12 e 13 della sentenza d’appello). Allo stesso modo appare corretta la valutazione operata dai giudici di merito nell’applicazione del trattamento sanzionatorio, comprensivo del giudizio di non meritevolezza della concessione delle attenuanti generiche, in quanto correlato ad un fatto di rilevante gravità economica, posto in essere con evidente consapevolezza criminosa, in base ad un piano preordinato nei minimi particolari.

Va dichiarata, pertanto l’inammissibilità del ricorso cui consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e, inoltre, al versamento della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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