Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 29-04-2011) 21-07-2011, n. 29089 Cause di non punibilità, di improcedibilità, di estinzione del reato o della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.N.G. ricorre avverso la sentenza, in data 4 marzo 2010, del Gup del Tribunale di Trani, con cui è stato condannato, "sull’accordo delle parti ex art. 444 c.p.p., per i reati di riciclaggio, ricettazione, falso e altro, e ne chiede l’annullamento, in ordine alla motivazione per la parte relativa al mancato dissequestro del rimorchio tg (OMISSIS), per la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. in presenza di una motivazione assolutamente insufficiente, in relazione all’erronea applicazione di pene accessorie e misure di sicurezza, e, in ogni caso, in ordine all’erronea qualificazione del fatto come riciclaggio anzichè come mera ricettazione.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Osserva la Corte che il ricorso è, da un lato, privo della specificità prescritta dall’art. 581, lett. c) in relazione all’art. 591 c.p.p. e, dall’altro, manifestamente infondato; questa Corte ha stabilito che "La sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento di cui all’art. 129 c.p.p., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza delle cause di non punibilità di cui all’art. 129 succitato". (Cass. pen. sez. 3^, 18.6.99, Bonacchi ed altro, 215071).

La richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicchè la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti alla congruità della pena, o alla mancata concessione di benefici, o all’applicazione di consequenziali pene accessorie, o a mancate restituzioni di beni in sequestro di cui non sia evidente la legittima proprietà, in contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute, (v. anche Cass. pen. Sez. 3^, 27.3.2001, Ciliberti, 219852).

Ciò premesso poichè non viene assolutamente contestata l’insussistenza di una ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p. e che dalla motivazione emerge chiaramente il riferimento agli atti da cui è stata ritenuta l’insussistenza della possibile applicazione dell’art. 129 c.p.p. e che non vi sono elementi atti ad escludere la configurabilità del reato di riciclaggio, come pure corretta appare l’applicazione dell’art. 29 c.p., comma 1 che nella richiesta di patteggiamento "allargato" non è stata avanzata alcuna richiesta di dissequestro e restituzione del mezzo in questione; che in sede di legittimità è precluso qualsiasi accertamento di fatto, necessario in questo caso per verificare la sussistenza dell’interesse e la fondatezza della richiesta; che l’interessato può far valere su questo punto le sue ragioni in sede esecutiva, il ricorso deve ritenersi manifestamente infondato e pertanto inammissibile.

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1500,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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