Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-04-2011) 21-07-2011, n. 29225 Falsità ideologica in atti pubblici commessa da privato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 8/7/2010 la Corte di Appello di Torino pronunziava la parziale riforma della sentenza emessa dal tribunale di Alessandria in data 17-l-2007, nei confronti di C. V., assolvendo il predetto imputato dal reato ascrittogli al capo 2) ( art. 495 c.p.) perchè il fatto non sussister in riferimento al reato di cui all’art. 483 CP.(contestato al capo 1 – per avere l’imputato reso una falsa denunzia di smarrimento del certificato di proprietà dell’auto, ai CC.in data 17-12-2003) rideterminava la pena inflitta, con le generiche equivalenti alla recidiva, in mesi tre di reclusione, confermando nel resto la sentenza di primo grado che aveva applicato il condono previsto dalla L. n. 241 del 2006.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo la erronea applicazione dell’art. 483 c.p..

Rilevava che secondo la giurisprudenza di legittimità il falso di cui all’art. 483 c.p. è ravvisabile nelle ipotesi in cui l’attestazione non veritiera del privato sia destinata ad essere riportata nell’atto pubblico, e cioè a costituirne l’oggetto, escludendo i casi in cui sia il pubblico ufficiale colui che utilizzi le notizie false ricevute dal privato.

2-Con ulteriore motivo, in via subordinatala difesa deduceva la erronea applicazione dell’art. 62 bis c.p., ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b).

A riguardo evidenziava che il giudice di appello avrebbe dovuto ritenere le attenuanti generiche come prevalenti sulla contestata recidiva, essendo l’imputato gravato da precedenti penali risalenti ad epoca lontana e non avendo la Corte valutato elementi favorevoli all’imputato (quale l’esistenza di un lavoro e di una famiglia, con un figlio in tenera età).

La difesa chiedeva dunque l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso risulta privo di fondamento.

Invero, quanto al primo motivo – si evidenzia che secondo l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, al quale risulta essersi adeguata la Corte territoriale, integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico ( art. 483 c.p.) la falsa denuncia di smarrimento del certificato di proprietà di un’autovettura, effettuata mediante dichiarazione raccolta dai carabinieri, in quanto tale denuncia è destinata a comprovare la verità del fatto dello smarrimento, che costituisce il necessario presupposto del procedimento amministrativo di rilascio di un duplicato ( D.M. n. 514 del 1992, art. 13, commi 1 e 2). Sez. 5, 11 ottobre 2005, n. 36643, e in senso conforme, Sez. 5, 7 marzo 2006, n. 8058, Corsaro – RV 232378 – v. altresì Sez. 5, 1 settembre 1999, n. 10388, De Salve – per cui integra il reato di cui si tratta la denunzia – ricevuta da un ufficiale di polizia giudiziale – di smarrimento di targhe e documenti di circolazione.

In tal senso vanno disattesi i rilievi della difesa, con i quali si nega l’esistenza dell’elemento materiale del reato, essendosi in presenza di dichiarazioni che costituiscono il presupposto per lo svolgimento del procedimento amministrativo di cui si è detto.

In ordine al secondo motivo, devono ritenersi inammissibili le argomentazioni della difesa attinenti al possibile giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva.

Invero la Corte di appello ha compiutamente motivato sul motivo di gravame inerente alla riduzione di pena al minimo edittale, avendo evidenziato la non trascurabile gravita del fatto, non innocuo, stante la finalità di conseguire un profitto derivante da una truffa ai danni della Prete Auto s.r.l..

Pertanto è stato ritenuto adeguato dal Giudice di appello il giudizio di equivalenza delle generiche effettuato da primo giudice.

Tale valutazione, rispondente ai canoni normativi, ai sensi dell’art. 69 c.p. resta incensurabile nel giudizio di legittimità, trattandosi di valutazione strettamente discrezionale che appare sorretta da adeguata motivazione idonea a rivelare l’iter logico seguito dal giudice di merito nella decisione.

Pertanto il ricorso deve essere rigettato.

Il ricorrente deve essere condannatole per legge, al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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