Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 08-04-2011) 21-07-2011, n. 29222

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza in data 26-2-2010 la Corte di Appello di Firenze riformava – nei confronti di F.G. – la sentenza emessa dal GUP in data 6-2-2007, assolvendo l’imputato dal delitto di sequestro di persona ai danni di C.A., perchè il fatto non costituisce reato.

Dichiarava non doversi procedere per le residue imputazioni (di ingiurie, minacce, danneggiamento, lesioni personali, come da rubrica ascritte, per essere tali reati estinti per prescrizione).

Confermava le statuizioni civili della sentenza di primo grado.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato.

Con il primo motivo il ricorrente deduceva il travisamento dei fatti e delle prove in relazione alla condanna relativa agli interessi civili.

Al riguardo evidenziava che la Corte aveva disatteso i principi che impongono di valutare la responsabilità dell’imputato, avendo motivato in modo del tutto generico, ritenendo configurabile la responsabilità del prevenuto per le lesioni di cui all’art. 582 c.p., sulla base del certificato medico in atti e della deposizione della persona offesa, che si riteneva confermata da altre testimonianze.

Il ricorrente illustrava le premesse dei fatti contestati, ritenendo che esse fossero rilevanti al fine di dimostrare l’innocenza dello stesso ricorrente, evidenziando che la parte lesa aveva agito al fine di ottenere l’abitazione in cui era il F., al quale la donna era stata legata, escludendo il predetto imputato.

Il F. precisava altresì che era stato denunziato per bigamia, e che aveva provveduto alle necessità della convivente e del figlio della predetta, con una somma pari a novanta milioni, secondo quanto emerge dal ricorso.

Inoltre era stata acquistata una proprietà immobiliare della quale erano titolari entrambi, ciascuno al 50%.

Nel 2000 il F. aveva fatto notificare al figlio della C. ( B.) un decreto ingiuntivo per avere in restituzione la somma di lire 44.700.000.

Successivamente si erano verificate aggressioni ai suoi danni da parte del B., che aveva definito il procedimento ai sensi dell’art. 444 c.p.p..

Tanto rilevatoci ricorrente censurava la valutazione resa dalla Corte territoriale, che aveva escluso che le lesioni subite dalla donna potessero essere state cagionate da un terzo.

A riguardo menzionava la deposizione di tale P., che aveva riferito circa i comportamenti che aveva tenuto la stessa donna, che aveva una volta schiaffeggiato il F..

Inoltre il ricorrente affermava di non essersi trovato nella villa nella data in cui si verificarono le lesioni (19/20 luglio 2000).

In base a tali rilievi, che secondo il ricorrente erano avvalorati da altre deposizioni, il F. rilevava che vi era la concreta possibilità di ritenere che sia la C. che il figlio avessero avuto problemi con varie persone, e che la Corte aveva trascurato di valutare tali elementi tenendo in considerazione le dichiarazioni della persona offesa.

Il ricorrente riteneva dunque erronea e carente la decisione in merito alle statuizioni civili, al pari della condanna al risarcimento in favore della B. (in riferimento al capo 6 della rubrica).

In tal senso chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso deve ritenersi inammissibile.

Invero l’imputato formula argomentazioni in fatto, attinenti strettamente alla pregressa situazione di contrasto con la persona offesa evidenziando circostanze di per sè ininfluenti ai fini di inficiare la motivazione della sentenza impugnata circa i presupposti sui quali si basa il riconoscimento della fondatezza delle statuizioni civili. Invero la Corte ha valutato in modo del tutto esauriente le risultanze dalle quali era emersa l’esistenza delle lesioni, contrastando logicamente la tesi difensiva tendente a ipotizzare che le lesioni fossero state cagionate da terzi, e d’altra parte non è censurabile la valutazione delle dichiarazioni di parte lesa, anche perchè suffragate da ulteriori dati probatori.

Le deduzioni del ricorrente restano peraltro inammissibili in questa sede, sia perchè argomentate in fattoria perchè innanzi al giudice di appello la difesa aveva dedotto solo l’eccessiva entità della provvisionale.

La Corte deve pertanto dichiarare l’inammissibilità del ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si ritiene di dover determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *