T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 28-07-2011, n. 6734

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

il presente giudizio può essere definito nel merito ai sensi degli articoli 60 e 74 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, previo accertamento della completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, e sentite sul punto le parti costituite;

ATTESO che il ricorso appare fondato;

RILEVATO che con esso l’interessata impugna il provvedimento con il quale il visto per studio universitario è stato rigettato per le seguenti motivazioni:

"Il suo stato attuale di disoccupata dopo aver presentato le sue dimissioni alcuni anni fa dal servizio attivo all’interno del Ministero dell’Educazione;

il mezzo espressivo del corso "Scienze della comunicazione sociale" a livello universitario è l’italiano, lei ha mostrato una conoscenza insufficiente della lingua italiana, ciò che le avrebbe consentito di seguire il suddetto corso;

Mancanza di una prova credibile del ritorno in patria al completamento del corso universitario;

Presentazione di informazioni ingannevoli nella richiesta di visto;"

RILEVATO che avverso detto diniego l’interessata oppone:

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 2 del T.U. di cui al d.lgs. n. 286/1998 e s.m.i.; violazione dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241: l’interessata lamenta che il provvedimento è motivato in maniera erronea con riferimento alla circostanza che serva la lingua italiana per seguire il corso al quale l’interessata si è iscritta e cioè "Scienze della comunicazione sociale" presso l’Università Pontificia, atteso che interrogato sul punto il Segretario Generale dell’istituto, questi ha rappresentato che, trattandosi di università ecclesiastica di diritto pontificio non era richiesta la lingua italiana, non essendo peraltro applicabile alla stessa la normativa prevista per gli Atenei italiani e che unico requisito era il certificato di preiscrizione; rappresenta che l’unico motivo per cui si è dimessa dal posto di lavoro è proprio quello di poter incrementare il bagaglio culturale; quanto poi alla prova credibile del suo rientro in patria la stessa esibisce in atti la polizza fideiussoria presentata dalla cittadina dello Zimbabwe che la ospita e che copre anche le spese di rimpatrio, oltre il vitto, l’alloggio e l’assicurazione sanitaria;

2. illegittimità del provvedimento per violazione dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241: è mancato il preavviso di provvedimento negativo che le avrebbe consentito di rappresentare le sue posizioni all’Amministrazione consolare;

AVUTO riguardo agli esiti della istruttoria disposta dal Tribunale con ordinanza a n. 3923 nella Camera di Consiglio del 5 maggio 2011 che non paiono scalfire quanto dalla ricorrente rappresentato in ricorso e con memoria difensiva depositata a seguito della detta istruttoria;

RILEVATO che, in particolare, in ordine alla circostanza messa in rilievo dall’Ambasciata d’Italia in Harare secondo cui, a seguito di consultazione del sito INTERNET dell’Università Pontificia Salesiana sarebbe emerso che la lingua italiana è "condizione indispensabile" e che "per essere ammessi bisogna superare l’apposito esame in lingua italiana", non contrasta con la risposta del Segretario generale dell’Università Pontificia Salesiana, secondo cui "esistono percorsi di studio non in italiano e l’italiano non serve", sicché anche la notazione che l’intervista svolta con la ricorrente in italiano è dovuta proseguire in inglese in quanto la stessa non pareva comprendere la prima lingua, non appare assumere rilevanza, posto che sempre nella predetta nota del Segretario Generale di UNISAL – esibita in atti dalla ricorrente – è chiarito che esiste una specifica procedura per il rilascio dei visti agli studenti delle università pontificie con l’indicazione di quali documenti essi devono presentare e tra i quali è previsto solo il certificato di preiscrizione, debitamente rilasciato all’interessata;

RILEVATO che in ordine al terzo motivo per cui il visto è stato rifiutato e come dimostrato dalla mancanza di una prova credibile del ritorno in patria al completamento del corso universitario, si palesa pure evidente la dedotta violazione dell’art. 4, comma 2 del d.lgs. n. 286 del 1998 dal momento che la ricorrente ha esibito l’invito di una cittadina dello Zimbabwe ad ospitarla per la durata del corso di studi e la polizza fideiussoria il cui importo comprende la quota di Euro 413,17 per l’assicurazione obbligatoria del beneficiario al SSN, la quota di Euro 10.179,37 con riferimento ad un periodo di soggiorno del beneficiario per un periodo non superiore ad un anno e la quota di Euro 774,68 per il pagamento delle spese di rimpatrio del beneficiario, con la conseguenza che il viaggio di ritorno appare coperto, almeno allo scadere del primo anno di corso universitario;

RILEVATO che anche il quarto motivo di diniego e cioè la "presentazione di informazioni ingannevoli nella richiesta di visto" pare riferirsi, come ha chiarito l’Amministrazione nella relazione istruttoria, alla circostanza che la ricorrente ha indicato quale propria madre la signora che la ospiterà in Roma, mentre invece la madre naturale è un’altra, come risulta dal certificato anagrafico e considerato che pure esso è inconsistente, in quanto come specificato dall’interessata nella ridetta memoria di risposta all’istruttoria la detta ospite è la seconda moglie del padre da quando ella aveva l’età di 4 anni ed ella la considera una seconda madre, sicché da tale dato non è consentito inferire la falsità delle informazioni offerte al momento del visto dalla ricorrente;

CONSIDERATO che, pur non disconoscendo la giurisprudenza che individua nei provvedimenti di diniego di visto atti vincolati nei confronti dei quali non appare sussistere alcun utile apporto degli interessati che consegua al preavviso di provvedimento negativo, tuttavia, nel particolare caso in esame qualora l’Amministrazione avesse consentito alla ricorrente una adeguata partecipazione al procedimento con tutta probabilità ella avrebbe potuto esporre le stesse osservazioni effettuate col ricorso e con la memoria difensiva a seguito dell’istruttoria, senza esserne onerata;

RITENUTO che pertanto per le superiori considerazioni il ricorso va accolto e per l’effetto va annullato il provvedimento in epigrafe;

CONSIDERATO che, data la delicatezza delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio ed onorari tra le parti;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento dell’Ambasciata d’Italia in Harare al n. 1089 in data 12 ottobre 2010 adottato nei confronti della ricorrente.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *