Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-04-2011) 21-07-2011, n. 29249

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 6.6.2010, il tribunale di Napoli ha rigettato la richiesta di riesame, presentata nell’interesse di E. G. e M.A. e ha confermato l’ordinanza 26.6.10, applicativa della custodia in carcere, emessa dal Gip dello stesso tribunale, in ordine ai reati ex art. 416 bis c.p. e di detenzione e porto di armi comuni da sparo, con l’aggravante L. n. 203 del 1991, ex art. 7. Gli indagati hanno presentato ricorso per vizio di motivazione: il contenuto dell’ordinanza non consente, pur in presenza dell’esposizione grafica, di conoscere e valutare l’iter agomentativo attraverso cui il giudice è pervenuto alla decisione adottata. Il tribunale ha concluso, in ordine ai gravi indizi a carico degli indagati, che essi consistono nella circostanza che l’esame dello Stub ha dimostrato che sui loro indumenti vi sono tracce riconducibili all’esplosione di colpi di arma da fuoco e non genericamente di polvere da sparo e che i colpi in questione erano stati esplosi da lontano e verso soggetti in fuga. Da ciò emerge, secondo il tribunale, che le due vittime fossero a loro volta armate e che avessero a loro volta esploso colpi di arma da fuoco. Non ha quindi tenuto conto della tesi difensiva, secondo cui la presenza di tracce riconducibili all’esplosione di colpi di arma da fuoco ben poteva spiegarsi con la distanza particolarmente vicina tra gli indagati e gli aggressori. Va quindi rilevata la non completezza della motivazione,in ordine alle specifiche argomentazioni e doglianze avanzate dalla difesa e conseguentemente la nullità dell’ordinanza.

I ricorsi non meritano accoglimento.

Quanto all’art. 416 bis c.p., l’ordinanza del tribunale indica quali fonti degli indizi sull’inserimento degli indagati nel clan camorristico capeggiato da S.N., classe (OMISSIS), le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia L.S., la sua convivente, D.R.F. e F.S., componente del sotto-gruppo aversano. Quest’ultimo, nel fornire indicazioni sugli altri componenti di tale frangia del clan, menziona M. ed E..

Sulla credibilità di queste fonti conoscitive, il tribunale si è espresso, con specifico riferimento a L., in senso positivo nella premessa della propria ordinanza, in cui ha precisato i propri canoni ermeneutici e la piena corrispondenza ad essi di tutte le fonti dichiarative utilizzate. A queste fonti e alla loro capacità dimostrativa, il tribunale ha aggiunto la ulteriore forza persuasiva delle intercettazioni telefoniche ed ambientali.

Sugli indizi a carico degli indagati,in ordine ai reati di detenzione e porto di armi da fuoco, il tribunale rievoca due episodi in cui M. ed E. sono stati oggetto di azioni intimidatorie con esplosione di colpi di arma da fuoco, diretti contro di loro.

Questi episodi, in cui gli indagati sono stato soggetti passivi di condotte altrui di detenzione e porto di armi da sparo, non incidano sugli indizi a loro carico in ordine ai medesimi reati, contestati al capo F della rubrica.

Tali indizi derivano dall’esame Stub, da cui emerge che gli indumenti e il corpo di M. ed E. presentano tracce riconducibili all’esplosione di arma da fuoco. Tali tracce sono state interpretate come dimostrative non della presenza di polvere residuata dai colpi di arma da fuoco ricevuti ed esplosi da altri, da lontano, verso soggetti in fuga, ma come dimostrative che sono stati gli indagati stessi a essere armati e a esplodere colpi di arma da fuoco.

Questa interpretazione dei risultati dell’esame Stub è pienamente razionale e condivisibile, nè può condurre a diversa conclusione la critica formulata dai ricorrenti, che si limita a proporne un’altra, secondo argomentazioni di fatto, del tutto al di fuori del perimetro del sindacato da svolgere in sede di giudizio di legittimità.

La motivazione dell’ordinanza quindi è svolta secondo il corretto percorso costituito dalla precisa descrizione degli elementi probatori dichiarativi e documentali, nonchè dalla loro razionale e insindacabile interpretazione.

Ne consegue che i ricorsi vanno rigettati con condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali. La cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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