Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-04-2011) 21-07-2011, n. 29248 Costituzione delle servitù

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 29.12.10, emessa ex art. 310 c.p.p., il tribunale di Trieste ha rigettato l’appello presentato nell’interesse di D. N. e B.L., avverso l’ordinanza 24.11.10 del Gip, che aveva confermato l’ordinanza applicativa della custodia in carcere disposta dal Gip dello stesso tribunale, con ordinanza 27.10.10, nell’ambito del procedimento avente ad oggetto i reati ex artt. 600 e 602 c.p., per aver "comprato" la minore V. G. per costringerla a commettere furti. Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge e vizio di motivazione: il tribunale ha rilevato che le dichiarazioni della persona offesa sono favorevoli alla tesi difensiva, ma ha ritenuto che tale elemento potrà essere valutato solo contestualmente agli altri elementi probatori, nel corso del giudizio di merito. Ha quindi omesso di dare atto dell’insussistenza di elementi idonei a superare la presunzione relativa di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3 e di considerare se, allo stato, il quadro indiziario sia compatibile o meno con misure coercitive meno afflittive, violando il principio costituzionale e la giurisprudenza della Corte Europea, secondo cui la libertà personale deve essere sottoposta al minor sacrificio possibile.

Le dichiarazioni della compagna di cella della B. possono giustificare la contestazione ex artt. 111 e 611 c.p. – come è avvenuto nell’udienza preliminare- ma non giustificano la mancata considerazione degli elementi favorevoli agli indagati (stabile dimora, attività lavorativa, incensuratezza, gravi condizioni di salute di D.);

2. violazione di legge in riferimento all’art. 299 c.p.p.: è stata prodotta documentazione attestante le gravi condizioni di salute del D. e il Gip ha disposto perizia medica, nelle cui conclusioni il dott. Ba. raccomandava una visita psichiatrica per la prescrizione di terapia atta alla prevenzione di ansia e depressione, nonchè, in alternativa il trasferimento in centro clinico carcerario per i dovuti controlli. Il D. è stato così trasferito al centro clinico di San Vittore.

A seguito di successiva istanza, diretta al Gup, al fine di ottenere accertamenti clinici e visita psichiatrica, il giudice disponeva perizia, affidandola allo stesso dottor Ba., la cui relazione concludeva per condizioni di salute compatibili con il regime carcerario, ribadendo l’esigenza di continui controlli sullo stato di salute e del mantenimento in un centro clinico. Secondo il ricorrente, le inadempienze dei giudici sulla richiesta di visita psichiatrica, avrebbero dovuto sostituire la misura della custodia carceraria, riconoscendo la sproporzione della misura stessa con lo stato di salute dell’indagato e tenendo conto che per entrambi è stato escluso il pericolo di fuga.

3. violazione di legge in riferimento all’art. 267 c.p.p., comma 5, art. 271 c.p.p., comma 1 e art. 273 c.p.p., comma 1 bis: la difesa non ha avuto modo di esaminare in modo completo le intercettazioni delle conversazioni e di riscontrarle, una per una, sul registro riservato, previsto dall’art. 267 c.p.p., comma 5. Pertanto le intercettazioni sono inutilizzabili.

Il ricorso non merita accoglimento.

Il tribunale – dato atto che si è formato giudicato cautelare sulla gravità indiziaria a carico dei ricorrenti- ha rilevato che il nuovo dato,costituito dalle favorevoli dichiarazioni della minore, che ha escluso che gli indagati l’abbiano "comprata" per costringerla a rubare, non incide sul consistente spessore indiziario del contenuto delle intercettazioni telefoniche, che sono state vagliate dal Gip e dal tribunale del riesame come integranti i gravi indizi di colpevolezza del reato p. e p. dall’art. 600 c.p..

Il tribunale, inoltre, prospetta la possibilità che questi elementi indiziali sin qui raccolti siano oggetto di nuova valutazione, una volta che, nel prosieguo del procedimento, siano state acquisite nuove conoscenze, legittimanti nuovi giudizi comparativi e nuove conclusioni nel merito della responsabilità di D. e B..

Questa naturale previsione non equivale certamente a disconoscere la forza dimostrativa degli attuali risultati delle indagini e la loro piena adeguatezza a dimostrare la sussistenza della base indiziaria legittimante, ex art. 273 c.p.p., la misura cautelare della custodia carceraria. Tanto più che le confidenze della B., riferite agli inquirenti dalla compagna di cella D.S.M., confermano la tesi accusatoria già emersa dalle intercettazioni telefoniche.

Razionalmente, il tribunale conclude che il già solido apparato indiziario, su cui si è formato il giudicato cautelare, si è ulteriormente rafforzato, senza che possa considerarsi destabilizzato e impoverito dalle dichiarazioni della sola persona offesa.

Quanto alla censura relativa al mancato riconoscimento dello stato patologico del D., il tribunale analizza, scandisce e riassume i risultati degli accertamenti medici, di cui riconosce, con razionale e insindacabile valutazione, efficacia di convincimento, in ordine alla piena compatibilità delle condizioni di salute con il regime carcerario.

I rilievi della difesa sulla mancata disposizione di ulteriori accertamenti si manifestano in tutta la loro fragilità, sia alla luce delle unanimi valutazioni positive sulla compatibilità delle condizioni sanitarie con il regime detentivo, sia alla luce del suo attuale ricovero nel centro clinico del carcere, e delle costanti terapie, che addirittura hanno portato a un miglioramento delle condizioni di salute. Quanto alla richiesta di sostituzione della misura cautelare, correttamente il tribunale ha rilevato che il combinato disposto dell’art. 275 c.p.p., comma 3 e dell’art. 51 c.p.p., comma 3 bis, esclude che, in caso di base indiziaria in relazione al reato ex art. 600 c.p., sia applicata misura diversa da quella della custodia in carcere.

Ugualmente infondato è il motivo del ricorso sull’impossibilità per la difesa di consultare il registro riservato, previsto dall’art. 267 c.p.p., comma 5, nonchè di controllare tempestività e correttezza dei dati ivi annotati. Nessuna norma di rito prevede il riconoscimento alla difesa di un diritto di consultazione e di controllo del registro, in cui sono annotati i decreti di autorizzazione, convalida e proroga delle intercettazioni e l’inizio e il termine di ciascuna intercettazione. Conseguentemente non è previsto dal codice di rito, in caso di suo violazione, la sanzione processuale dell’inutilizzabilità del contenuto delle intercettazioni telefoniche.

I ricorsi vanno quindi rigettati con condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui alìart. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali. Art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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