Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-04-2011) 21-07-2011, n. 29221

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 29.4.2010, la corte di appello di Salerno ha confermato la sentenza 19.12.07 del tribunale della stessa sede con cui D. F.S. è stato condannato, previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, alla pena di 3 mesi di reclusione, perchè ritenuto responsabile del reato di diffamazione, in danno di P.C., perchè, connettendosi con la società Telecom, attraverso un’utenza telefonica, utilizzando il personal computer, trasmetteva a tutte le sedi regionali SIAE in Italia e alla casella postale elettronica Salerno – Napoli chiocciola siae.it, in uso al P., un messaggio di posta elettronica, contenente narrazioni di fatti e valutazioni sull’attività lavorativa del P., ritenute diffamatorie.

Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge in riferimento agli artt. 8 e 9 c.p.p., vizio di motivazione: nel determinare la competenza territoriale dell’autorità giudiziaria di Salerno, i giudici di merito non hanno tenuto conto che luogo in cui è stata redatta e inviata la missiva elettronica è stato Milano e quindi, in base al focus commissi delicti, la competenza territoriale, ex art. 8 c.p.p., comma 1, è da riconoscere al tribunale di quella sede. In base alla ricostruzione del luogo e del momento della consumazione del reato, la corte riconosce la loro incertezza e quindi, avrebbe dovuto applicare la regola suppletiva dell’art. 9 c.p.p., comma 2, secondo cui competente è sempre il tribunale di Milano.

2. violazione di legge in riferimento all’art. 595 c.p., vizio di motivazione: i giudici di merito hanno assolto la moglie convivente del D.F., dando rilievo determinante ai rapporti di colleganza professionale dell’imputato e della persona offesa. Illogicamente non ha tenuto conto degli stretti rapporti delle intere famiglie dei predetti, per cui non può escludersi che all’origine del fatto vi sia astio o rancore della donna;

3. violazione di legge in riferimento all’art. 595 c.p., comma 3: la corte ha omesso di motivare sulla sussistenza dell’aggravante, in quanto la missiva non era rivolta erga omnes, in quanto i suoi destinatari erano ben individuati in base alla casella di posta elettronica;

4. violazione di legge in riferimento alla L. n. 689 del 1981, art. 53, vizio di motivazione: la sentenza impugnata non giustifica il rigetto della richiesta di conversione della pena detentiva .

Il ricorso non merita accoglimento.

Quanto alla censura sulla competenza territoriale, secondo un condivisibile orientamento interpretativo, il reato di diffamazione – consistente nell’immissione nella rete internet di frasi offensive – deve intendersi commesso nel luogo in cui le offese sono percepite da più fruitori della rete (sez. 2, n. 36721 del 21.2.08 rv 242085;

conf. Sez. 5, n. 4741 del 17.11.2000 rv 217745). Secondo un logico e quindi incensurabile argomento fattuale, nella città di Salerno le affermazioni offensive sono state sicuramente percepite Realizzando così l’evento del reato suddetto e dando modo al P., messo a loro conoscenza, di denunciare il fatto. Rimane quindi, in assenza di altri elementi fattuali, meramente eventuale l’avvenuta percezione del messaggio diffamatorio presso le altre sedi SIAE, dove pure è stato inviato.

Sulla base di queste razionali valutazioni, ai giudici di merito hanno ritenuto non necessario il ricorso alle regole suppletive indicate dall’art. 9 c.p.p..

Quanto alla ricostruzione dei fatti e alla loro valutazione, le decisioni dei giudici di merito sono caratterizzate da un concorde apparato logico argomentativo, che le rende un unicum indissolubile, sul piano storico e giuridico, a fronte del quale le censure del ricorrente non appaiono inquadrabili nel perimetro del sindacato da svolgere in sede di giudizio di legittimità. Va quindi considerato del tutto inconferente il richiamo all’amichevole rapporto tra le due famiglie, che non può certo assolutamente escludere, sul piano della comune esperienza, l’innestarsi all’interno dell’ambito lavorativo di intenti e comportamenti di segno opposto, non certamente ostacolati da esterni rapporti interfamiliari. Correttamente è stato poi rilevato che il messaggio diffamatorio aveva contenuti esclusivamente di carattere professionale, che ne fissano la sua esclusiva radice nell’ambiente lavorativo.

Quanto all’aggravante di cui all’art. 595 c.p., comma 3, i giudici di merito hanno rilevato la sua sussistenza in quanto i fatti e le valutazioni negative sono state diffuse mediante il particolare e formidabile mezzo di pubblicità, quale la posta elettronica, con lo strumento del forward a pluralità di destinatari.

Quanto alla motivazione sul trattamento sanzionatorio e sulla mancata conversione, i giudici di merito danno rilievo alla gravità dei fatti e l’attenuata carica afflittiva della pena detentiva, e condizionalmente sospesa, e quindi esercitano in maniera corretta e incensurabile il potere discrezionale riconosciuto dalla L. n. 689 del 1981, art. 58 (v. su un caso diverso, ma analogamente in tema di esercizio di questo potere discrezionale, sez. v. 3 n. 21265 del 27.2.03 rv 224512).

Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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