Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-04-2011) 21-07-2011, n. 29219 Cause di non punibilità, di improcedibilità, di estinzione del reato o della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il difensore di R.G. ha presentato ricorso avverso la sentenza emessa il 22.6.2010 dal tribunale di Lecce, con la quale è stata applicata la pena di quattro mesi di reclusione, in ordine al reato ex art. 485 c.p., per i seguenti motivi:

1. violazione di legge in riferimento all’art. 444 c.p.p., comma 2:

il giudice non ha tenuto conto della mancanza di prova circa la responsabilità del R. e quindi non ha svolto il doveroso accertamento sulle condizioni legittimanti il proscioglimento ex art. 129 c.p.p.;

2. violazione di legge in riferimento all’art. 163 c.p., per la mancata concessione della sospensione condizionale della pena: il giudicante non ha concesso il beneficio, nè ha motivato il rigetto, nonostante l’esplicita richiesta proveniente dal procuratore speciale.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Secondo un consolidato e condivisibile orientamento interpretativo, in tema di patteggiamento, una volta esclusa, con adeguato apparato argomentativo, la sussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., tutte le statuizioni non illegittime, concordate tra le parti e recepite dal giudice,precludono alle parti stesse la proposizione, nella successiva sede dell’impugnazione in sede di legittimità, di censure o eccezioni attinenti alla regolarità della procedura e al merito delle valutazioni sottese al prestato consenso, da considerare superate dall’accordo intervenuto tra le parti (sez. 1, n 6898 del 18.12.1996, Milanese; sez. 5 n 102 del 18.1.1995, Pepe). Nel caso in esame, sussiste adeguata motivazione in riferimento all’esclusione dei presupposti ex art. 129 c.p.p. e comunque non è ravvisabile nel ricorso alcuna precisazione sugli elementi di fatto e di diritto rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 129 c.p.p..

Inoltre va rilevato che la richiesta di applicazione della pena, non è stata sottoposta alla condizione della concessione del beneficio ex art. 163 c.p..

Pertanto, posto che non è ravvisabile alcuna statuizione illegittima; tenuto conto che l’accordo si è perfezionato a seguito di piena legittimità dell’udienza del giudizio direttissimo e comunque a sua conclusione nessuna irritualità è stata rilevata, l’impugnazione è da considerare inammissibile. Consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500 alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500 in favore della Cassa delle Ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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