Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 14-12-2011, n. 26871 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 24.5 – 7.8.2007 la Corte d’Appello di Brescia, in riforma della pronuncia emessa dal Tribunale di Mantova, rigettava l’opposizione a cartella esattoriale proposta dalla Millennium Travel S.r.l. nei confronti dell’INPS (e in contraddittorio con la ESATRI S.p.A., concessionaria del servizio di riscossione per la provincia di Milano, nonchè con la S.C.CI. S.p.A., società per la cartolarizzazione dei crediti INPS), per contributi evasi e conseguenti sanzioni civili in ordine al rapporto intercorso fra detta società e C.L., rapporto che i giudici bresciani – contrariamente a quanto sostenuto dalla società opponente, che aveva parlato di associazione in partecipazione – qualificavano come di lavoro subordinato.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Millennium Travel S.r.l., in liquidazione, affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso l’INPS. Le intimate ESATRI S.p.A. (concessionaria del servizio di riscossione per la provincia di Milano) e S.C.C.I. S.p.A. (società per la cartolarizzazione dei crediti INPS) non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1- Con il primo motivo la società ricorrente si duole di omessa e/o insufficiente motivazione in ordine all’asserito onere di impugnare in via incidentale la statuizione di prime cure nella parte in cui aveva escluso la genuinità del contratto di associazione in partecipazione stipulato inter partes (pur, poi, ritenendo carente la prova della subordinazione), nonchè riguardo alle deposizioni da cui erano state ricavate le modalità del rapporto di lavoro subordinato (tali non potendosi considerare le dichiarazioni della C., che aveva tutto l’interesse a sostenere la tesi dell’INPS) e alle prove della subordinazione.

Il motivo è inammissibile sotto più profili.

In primo luogo, essendo stato formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ex art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis, vista la data di deposito dell’impugnata sentenza), si sarebbe dovuto concludere, per costante giurisprudenza di questa S.C., con un momento di sintesi del fatto controverso e decisivo, per circoscriverne puntualmente i limiti in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 1.10.07 n. 20603;

Cass. Sez. 3^ 25.2.08 n. 4719; Cass. Sez. 3^ 30.12.09 n. 27680).

Invece, nel caso in esame la società ricorrente investe contemporaneamente nella doglianza tutte le affermazioni contenute nell’impugnata sentenza, senza chiudere la propria esposizione con un momento di sintesi del fatto rispetto al quale si anniderebbe il denunciato vizio argomentativo.

In secondo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 possono farsi valere i vizi della motivazione in fatto e non di quella in diritto (quest’ultima può sempre essere corretta ex art. 384 c.p.c., u.c.), tale essendo quella inerente all’esistenza o meno dell’onere di impugnare in via incidentale la statuizione di prime cure che aveva escluso la genuinità del contratto di associazione in partecipazione stipulato inter partes.

Valgano analoghe considerazioni per la motivazione sulla subordinazione: i vizi denunciati attengono non a singoli "fatti" decisivi e controversi, bensì al risultato della loro complessiva valutazione.

Invero, per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema – da cui non si ravvisa motivo alcuno di discostarsi – il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti (ora, di "fatti", dopo la novella di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006) decisivi e controversi, potendosi in sede di legittimità solo controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e l’apprezzamento operati dal giudice del merito, soltanto al quale spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli successive pronunce conformi, fra cui, da ultimo, Cass. Sez. Lav. 18.3.2011 n. 6288).

2- Con il secondo motivo la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2222 e 2697 c.c., nonchè degli artt. 339, 436, 100, 113 e 116 c.p.c. nella parte in cui l’impugnata sentenza ha ravvisato un’ipotesi di subordinazione anzichè di contratto d’opera; attribuisce altresì all’INPS l’onere della prova della subordinazione (in particolare, per quanto riguarda natura dell’attività, soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro), in difetto della quale il rapporto doveva considerarsi come di lavoro autonomo; prosegue la ricorrente denunciando altresì violazione di norme processuali per non avere la Corte territoriale adeguatamente valutato le prove e, quindi, respinto l’appello dell’INPS, nonchè per aver ritenuto che la società avesse l’onere di impugnare in via incidentale la statuizione di prime cure che aveva escluso la genuinità del contratto di associazione in partecipazione stipulato inter partes.

Il motivo è infondato.

Se è vero che la società ricorrente, in quanto totalmente vittoriosa in primo grado, non aveva l’onere di impugnare in via incidentale l’affermazione del Tribunale che aveva pur escluso la genuinità del contratto di associazione in partecipazione stipulato inter partes, negando poi – nel contempo – che vi fosse prova della subordinazione, nondimeno la contraria affermazione in punto di diritto contenuta nella decisione della Corte territoriale (suscettibile di correzione ex art. 384 c.p.c., u.c., come si è già anticipato) è sostanzialmente irrilevante nella presente sede.

Invero, la natura subordinata del rapporto de qua è stata asserita non già in base alla mancata impugnazione di cui s’è detto, bensì in forza del positivo accertamento dei principali indici sintomatici della subordinazione come elaborati dalla giurisprudenza di questa S.C., quali il controllo su quantità e modalità della prestazione della lavoratrice, il suo stabile inserimento nel contesto aziendale della Millennium Travel, l’assenza di rischio di impresa e di obbligo di rendiconto da parte della C., la possibilità di godere di ferie autorizzate nonchè la soggezione a precisi obblighi disciplinari, di orario e di presenza al lavoro, il tutto espressamente codificato nel contratto stipulato fra le parti.

In contrario la società ricorrente si limita ad un mero diverso apprezzamento di tali circostanze fattuali, per suggerirne una lettura alternativa, compatibile con la natura autonoma – anzichè subordinata – del rapporto, il che esula dai compiti di questa S.C. Trattandosi di positivo accertamento della subordinazione e non di sentenza emessa in base alla mera ripartizione dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c., ogni ulteriore discorso a riguardo è ininfluente.

3- In conclusione, il ricorso è da disattendersi.

Le spese del giudizio di legittimità nei confronti dell’INPS, vengono liquidate come da dispositivo e seguono la soccombenza.

Non è, invece, dovuta pronuncia sulle spese nei confronti degli altri intimati, che non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio nei confronti dell’INPS, che liquida in Euro 2.500,00 oltre accessori di legge. Nulla spese nei confronti degli altri intimati.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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