T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 28-07-2011, n. 6787

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il proposto gravame l’odierno ricorrente, ricercatore confermato presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’intimata Università, ha impugnato la determinazione rettorale, assunta ai sensi dell’art.17, comma 35 nonies della L. n.102/2009 ed in esecuzione delle delibere del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione rispettivamente del 22 e del 30 dicembre 2009, con cui è stata disposta la cessazione dal servizio a far data dal 1° luglio 2010.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di doglianza:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art.7 della L. n.241/1990. mancata comunicazione dell’avvio del procedimento;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art.17, comma 35 nonies, del D.L. n.78/2009, convertito con modificazioni nella L. n.102/2009. Eccesso di potere per violazione di circolare;

3) Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della violazione di circolare. Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art.17, comma 35, della L. n. 102/2009;

4) Violazione e falsa applicazione dei principi costituzionali di libertà di insegnamento, di cui all’art.33 della Costituzione, di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art.97 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione degli artt.19, comma 1, 24, comma 1, e 34, comma 7, del DPR n.382/1980;

5) Violazione e falsa applicazione dell’art.6 della L. n.241/1990. Carenza di istruttoria;

6) Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art.6 della L. n.241/1990. Carenza di istruttoria;

7) Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà. Violazione e falsa applicazione degli artt.8 9 e 11 dello Statuto dell’Ateneo;

8) Violazione e falsa applicazione dell’art.17, comma 35 nonies, della L. n.102/2009, dell’art.1, comma 1, della L. n.230/2005, degli artt. 32 e 34 del d.lgvo n.382/1980, dell’art.12 della L. n.341/1990, degli artt. 2, commi 2 e 3, e 3, comma 2, del d.lgvo n.165/2001;

9) Questione di legittimità costituzionale dell’art.17, comma 35 nonies, della L. n.102/2009 per violazione degli artt.1, 3, 4 e del criterio di ragionevolezza. nonchè per violazione degli artt.11 e 117 della Costituzione e dell’art.6 della Direttiva 2000/78/CE del 27.11.2000;

10)Violazione e falsa applicazione dell’art. 34 DPR 11 luglio 1980 n. 382.

Nelle more del giudizio sono intervenute le delibere del Senato Accademico del 17.2. 2010 e del 29.3 2010 nonchè quelle del Consiglio di Amministrazione del 18.2.2010 e del 29.3.2010, in esito alle quali:

a) sono stati individuati tre criteri alternativi che consentivano ai ricercatori che ne possedevano almeno uno e che si trovavano nella condizioni di cui all’art 17, comma 35 nonies, L. n. 102/09, di permanere in servizio;

b) sono stati, altresì, individuati i ricercatori, non risultanti in possesso di almeno uno dei suddetti criteri, nei cui confronti è stata disposta la cessazione dal servizio, con decorrenza 1° agosto 2010.

Relativamente all’odierno ricorrente, essendo stato riscontrato che lo stesso non risultava in possesso di alcuno dei tre criteri previsti per la permanenza in servizio, l’Università ha adottato nei suoi confronti il DR n.2282 del 28 luglio 2010 che l’ha collocato in quiescenza a far data dal 1° agosto 2010.

Con motivi aggiunti l’attuale istante ha impugnato le menzionate delibere del Senato Accademico, quelle del Consiglio di Amministrazione ed il decreto rettorale da ultimo citato, deducendo a tal fine i seguenti motivi di doglianza:

I) Violazione e falsa applicazione dell’art.17, comma 35 nonies, della L. n.102/2009. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento;

II) Violazione e falsa applicazione dell’art.6 della L. n.241/1990; Difetto di istruttoria. Violazione e falsa applicazione dell’art.1, comma 1, della L. n.230/2005, dell’art.32 del DPR n.382/1980 e dell’art3 della L. n.349/1958. Eccesso di potere per contraddittorietà tra provvedimenti, per illogicità e per sviamento;

III) Violazione e falsa applicazione dell’art.6 della L. n.241/1990. Difetto di istruttoria; violazione e falsa applicazione dell’art.1, comma1, della L. n.230/2005, dell’art.32 del DPR n.382/1980 e dell’art. 3 della L. n.349/1958. Eccesso di potere per contraddittorietà tra provvedimenti, per illogicità e per sviamento;

IV) Violazione e falsa applicazione dell’art.6 della L. n.241/1990. difetto di istruttoria; eccesso di potere per travisamento dei fatti, per illogicità e per sviamento. Violazione e falsa applicazione dell’art.7 della L. n.241/1990;

V) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della L. n.241/1990; Difetto di istruttoria; Eccesso di potere per travisamento dei fatti, per illogicità e per sviamento;

VI) Violazione e falsa applicazione degli artt.3 e 6 della L. n.241/1990. carenza di motivazione e difetto di istruttoria. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, per illogicità, per sviamento e per ingiustizia manifesta.

Si sono costituite le intimate amministrazioni contestando la fondatezza delle dedotte doglianze e concludendo per il rigetto delle stesse.

Alla pubblica udienza del 4.5.2011 il ricorso e i motivi aggiunti sono stati assunti in decisione.

In primis il Collegio dichiara improcedibili per sopravvenuta carenze di interesse le doglianze dedotte in via principale, avuto presente che il provvedimento rettorale con queste ultime impugnato è stato successivamente superato dal DR del luglio 2010, il quale è stato adottato sulla base delle citate deliberazioni del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione intervenute nel febbraiomarzo 2010, in forza delle quali sono stati previsti i criteri per la permanenza in servizio dei ricercatori che si trovavano nelle condizioni delineate dall’art. 17, comma 35 nonies, della L. n.102/2009.

Con la prima delle doglianze dedotte con i motivi aggiunti l’odierno istante ha fatto presente che illegittimamente i decreti di risoluzione del rapporto di lavoro con ricercatori con più di 40 anni di anzianità contributiva sono stati adottati dall’intimata Università in assenza degli atti di programmazione del fabbisogno di personale per ciascuna struttura universitaria interessata, con la conseguenza che è mancata del tutto una motivazione in ordine alla ricadute sull’attività di ricerca e didattica della singola Facoltà e del Dipartimento interessato derivanti dalla cessazione dal servizio del singolo ricercatore.

Al riguardo il Collegio osserva che la resistente Università, come si legge chiaramente dalla delibera del Senato Accademico del febbraio 2010 (ma anche dalle altre delibere in contestazione), tenuto conto della riduzione del fondo di finanziamento ordinario statale, dell’elevata età media del proprio corpo docente e dei conseguenti oneri finanziari ha ritenuto come proprio obiettivo prioritario istituzionale " riassestare il proprio corpo docente delle 1380 unità (al 31.12.2009) a 1250 (al 31.12.210) che equivarrebbe all’abbassamento di circa 5 punti percentuali nel rapporto assegni fissiFFO avvicinandolo al 90%".

Ha soggiunto che "le perdite che si registrerebbero….potrebbero essere in qualche modo coperte, facendo affidamento sul reclutamento di ricercatori universitari a tempo determinato".

Inoltre, nel documento allegato alla suddetta deliberazione (e facente parte integrante della stessa), il ricorso alla l. 102/2009 è stato ritenuto un elemento essenziale ai fini del raggiungimento dell’allineamento al 90% nonchè " dell’obiettivo di rideterminare le unità di personale docente e non docente in un numero congruo con la dimensione reale dell’Università e con le sue esigenze didatticoscientifiche e con la sua popolazione studentesca, in definitiva nel rispetto delle sue esigenze organizzative e funzionali".

La suddetta deliberazione dopo aver individuato le cessazioni dal servizio dei ricercatori de quibus, ha ritenuto che " con 1250 docenti, numero considerato strategico, e, grazie ad una sempre più diffusa programmazione dei corsi di laurea interfacoltà, l’Università di Messina è in condizione di garantire il patrimonio culturale indispensabile per mantenere la sua tradizionale e consolidata offerta formativa, ottimizzando le risorse umani disponili".

Si è anche evidenziato, nel documento suddetto, che "in definitiva, non si tratta solo di fare i conti con le criticità di bilancio ma anche con il tetto di spesa, invalicabile per disposizione di legge. Inoltre, l’età media dei docenti dell’Ateneo di Messina, che nel 2005 si attestava a 56 anni, è in atto 53,2 anni, ancora elevata se comparata a quella media delle Università italiane inferiore a 52 anni, a dimostrazione della necessità di ringiovanimento del corpo docente. Su questo versante, l’Università di Messina ha impostato in modo coerente la propria programmazione del fabbisogno di personale dal 2004 ad oggi, procedendo a numerosi concorsi di ricercatore oltre che di professori di 1^ e 2^ fascia, in rapporto alle cessazioni intervenute. E’ appena il caso di ricordare che l’assunzione di un ricercatore o professore di prima nomina comporta un onere finanziario che è circa la metà rispetto a quello di analoga figura a fine carriera".

Alla luce di quanto sopra evidenziato, la censura in esame deve essere rigettata atteso che è palese che la resistente Università ha valutato gli impatti conseguenti alle cessazioni dal servizio dei ricercatori, ritenendole, in un quadro generale di ottimizzazione delle risorse umane disponibili e tenuto conto degli inderogabili vincoli finanziari, non in grado di pregiudicare la qualità della propria offerta formativa. Né si è trattato di un pensionamento "di massa" ed indiscriminato, essendo state valutate, nell’ambito dei criteri stabiliti per il mantenimento in servizio, le singole posizioni.

Da rigettare è anche la successiva ed articolata doglianza con cui è stato fatto presente che:

a) il resistente Ateneo non ha tenuto in alcuna considerazione nell’adozione dei criteri le ricadute sull’attività didattica derivanti dalla cessazione dal servizio dei ricercatori;

b) il criterio di permanenza prescelto " unico docente di SSD presente nella Facoltà" risultava essere del tutto insignificante in quanto non si è tenuto conto delle complessive esigenze didattiche, e risultava in palese contrasto con la delibera assunta dal Senato accademico nella seduta del 22 dicembre 2009, in cui la possibilità di deroga alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro era subordinata alla "presenza del ricercatore nel SSD in rapporto alle finalità didattiche, legate all’offerta formativa".

In merito il Collegio osserva in ordine al primo dei suddetto profili di doglianza che le ricadute in tema di qualità dell’offerta formativa e della esigenze didattiche conseguenti alla cessazione dal servizio dei ricercatori in questione è stata oggetto di attenta valutazione nelle menzionate delibere del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione nelle quali è stata tenuta presente la situazione in cui si sarebbero venute a trovare sotto il profilo della didattica le singole Facoltà a seguito dell’applicazione dell’art.17, comma 35 nonies, della L. n.109/2009 e si è ritenuto di potere comunque far fronte alle relative esigenze, ad esempio con la rimodulazione dell’offerta formativa, con le nuove assunzioni, con la possibilità dei contratti di insegnamento ai ricercatori ancorché in pensione, fino al compimento del 70° anno di età, e con il mantenimento in servizio, infine, dei ricercatori assolutamente indispensabili (in quanto unici rappresentanti del SSD nella facoltà di afferenza).

Per quanto concerne il secondo profilo del motivo di censura in esame, se è incontestabile che con le delibere del 2010 il criterio più restrittivo dell’ unico docente di SSD presente nella Facoltà ha assunto di per sè un valore determinante al fine di consentire la permanenza in servizio del ricercatore, non per questo il mero contrasto con quanto previsto dalle delibere del 2009 ne può comportare l’illegittimità, in quanto, con una valutazione assolutamente discrezionale ed insindacabile in questa sede, tranne che per palesi errori di fatto o per manifeste illogicità in alcun modo ravvisabili nella fattispecie in esame nè evidenziate dall’odierno istante, è stato ritenuto che l’utilizzo del suddetto criterio non risultava in contrasto con le esigenze didatticoscientifiche dell’Università tenuto conto della popolazione studentesca, e risultava conforme alle esigenze organizzative e funzionali della stessa.

Alla luce di tali argomentazioni, pertanto, anche la censura de qua deve essere rigettata.

Pure infondata è la censura sopra rubricata, nell’ordine, come III)con cui è stato fatto presente che il criterio dell’unico rappresentante del S.S.D. nella Facoltà di appartenenza risulta essere di per sè illogico in quanto " considerato in maniera avulsa dalle esigenze didattiche, scientifiche ed assistenziali, si rivela un dato "freddo", insuscettibile di rappresentare le reali esigenze della comunità universitaria".

In disparte la circostanza che la dedotta censura viene a sindacare palesemente il merito dell’azione amministrativa in quanto viene a contestare l’idoneità nonchè l’efficacia del criterio de quo ad assicurare il proficuo svolgimento dell’attività di ricerca e di didattica dell’Università, il Collegio osserva che l’Università, come si evince dalla citate delibere del febbraio e del marzo 2010, ha avuto ben presente gli impatti derivanti dall’utilizzo del suddetto criterio sul numero dei docenti, ritenendo, con un giudizio scevro da manifeste illogicità, che il ricorso al menzionato criterio risultava al contempo compatibile con le proprie esigenze didattiche alla luce della popolazione studentesca e non impediva il raggiungimento dell’equilibrio finanziario, il quale, in conseguenza della riduzione del finanziamento statale, rappresentava l’obiettivo prioritario da perseguire.

Con la doglianza di cui al punto IV), l’odierno istante contesta la logicità del secondo dei criteri de quibus in base al quale il ricercatore doveva avere una produttività scientifica negli ultimi cinque anni nella media dei docenti dello stesso SSD dell’ateneo, affermando che:

a) la valutazione dell’attività scientifica dei singoli ricercatori è stata rapportata a quella media "dei docenti" dell’Ateneo, al riguardo inaccettabilmente comprendendo ed aggregando anche la produttività dei professori;

b) la valutazione dell’attività scientifica (ma anche didattica ed assistenziale) dei singoli ricercatori non ha previsto alcuna forma di partecipazione degli interessati;

c) la produzione scientifica di un docente non poteva essere valutata per brevi periodi ed in maniera del tutto avulsa da quelli precedenti e in ogni caso la suddetta valutazione non poteva essere limitata ad un mero dato numerico, per cui l’Università doveva tener conto dell’aspetto qualitativo dei lavori realizzati e doveva prendere in esame la produzione scientifica del ricercatore nel suo complesso, tenuto anche conto del ritardo con cui vengono assegnati i fondi di ricerca;

d)è stato contraddittoriamente escluso dall’esame di produttività scientifica l’anno 2009.

Anche tale censura investe radicalmente il merito delle scelte effettuate dall’Università per valutare la capacità scientifica del singolo ricercatore; in tale contesto il Collegio non può non osservare che il criterio de quo non appare di per sè manifestamente illogico, considerato che:

a) occorreva individuare un criterio che consentisse di valutare in modo quanto più possibile omogeneo professionalità scientifiche molto differenti tra di loro, al fine di evitare nel contempo forme di disparità di trattamento tra i singoli ricercatori;

b) il riferimento alla produttività media dei docenti, formulata tenendo conto di quella dei professori, degli associati e dei ricercatori, non appare in alcun modo illogico, tenuto conto che entrambe queste figure di docenti hanno come compito istituzionale l’attività di ricerca;

c) il riferimento poi agli ultimi cinque anni non appare di per sè illogico in quanto è ben significativo dell’impegno attuale profuso dal ricercatore nello svolgimento dell’attività di ricerca;

d) stante la natura vincolata dell’accertamento effettuato dall’Università in ordine alla verifica del possesso del suddetto requisito da parte dei singoli ricercatori non era necessaria alcuna partecipazione degli interessati, nè il ricorrente ha concretamente dimostrato che era in possesso del requisito de quo e che l’omessa partecipazione al suddetto accertamento gli ha precluso di dimostrarlo. Non ha dimostrato (né asserito), inoltre, che la sua produzione scientifica dell’anno 2009, per l’entità e qualità della stessa, gli avrebbe consentito di essere mantenuto in servizio.

Oltretutto, gli interessati erano stati comunque preavvertiti, sin dalla fine del 2009, inizio 2010, dell’avvio di un procedimento attivato nei loro confronti ai fini della cessazione dal servizio per raggiungimento dell’anzianità contributiva massima ex 17 comma 35 nonies della legge n. 102/2009.

Alla luce di tali argomentazioni, quindi, anche la censura in esame deve essere rigettata.

Non meritevole di accoglimento è anche la successiva doglianza con cui è stata contestato il terzo dei criteri adottati dall’Università individuato nella circostanza che " il soggetto destinatario del provvedimento è titolare nell’A.O.U. di metodiche e procedure clinicodiagnostico terapeutiche in atto non vicariabili, nonchè per altre facoltà di procedure tecniche in atto vicariabili" sostenendo a tal fine la genericità del termine "vicariabili".

Al riguardo il Collegio sottolinea che:

a) il termine vicariabile etimologicamente fa riferimento alla circostanza che una determinata attività possa essere espletata altrettanto proficuamente anche da altri soggetti;

b) l’odierno istante non ha in alcun modo evidenziato che l’attività che svolgeva assumeva tale carattere e che illegittimamente l’Università non ne ha tenuto conto.

Inammissibile è infine, per carenza di interesse, è l’ultimo profilo di doglianza con cui è stato contestata la legittimità dell’operato della resistente Università con riferimento alle situazioni di altri ricercatori (nominativamente indicati) partecipanti a progetti di ricerca o per quali l’Azienda Ospedaliera universitaria ha espresso parere favorevole (immotivatamente disatteso) alla prosecuzione del rapporto di lavoro.

Tanto premesso, il proposto complessivo gravame deve essere dichiarato in parte improcedibile ed in parte deve essere rigettato.

Sussistono giusti motivi, tuttavia, tenuto conto della particolarità delle questioni trattate, per compensare tra le parti le spese presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui relativi motivi aggiunti, dichiara il primo improcedibile e respinge i secondi.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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