Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-03-2011) 21-07-2011, n. 29186

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza deliberata il 30 luglio 2010 e depositata il successivo 9 agosto, il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., ha confermato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palmi, il 16 luglio 2010, di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di M.M., P.B. e F. C., sottoposti ad indagini, insieme a numerose altre persone, per il delitto di partecipazione all’associazione transnazionale di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta, operante nel territorio della provincia di Reggio Calabria, in quello nazionale (Italia settentrionale) e in paesi esteri (Australia, Canada, Germania e Svizzera), strutturata, nella Calabria meridionale, secondo un modulo organizzativo capace di coniugare la diffusa ramificazione a livello locale e il capillare controllo territoriale attraverso ventiquattro unità di base, chiamate, secondo le loro minori o maggiori dimensioni per numero di affiliati, "locali" e "società" (individuate, quest’ultime, in quelle di (OMISSIS)), le une e le altre ricomprese nei tre "mandamenti" del Centro (città di (OMISSIS)), Jonico e Tirrenico, con il governo unitario dell’associazione attraverso un organo di vertice, denominato "Provincia", avente funzioni di coordinamento tra le plurime locali e società, di selezione e nomina dei membri degli apparati dirigenziali, di controllo e risoluzione di eventuali controversie, di garanzia del rispetto delle regole e di applicazione delle sanzioni nei confronti dei trasgressori.

1.1. A fondamento della ritenuta appartenenza di M.M. al predetto sodalizio e, in particolare, alla "società" di Rosarno, il Tribunale ha addotto, facendo propria la motivazione del provvedimento cautelare genetico, i seguenti elementi: a) conversazioni tra presenti captate sull’autovettura Astra nella disponibilità del M. nei giorni 8, 13, 14, 16 e 20 agosto 2009 e 3 settembre 2009; conversazione tra presenti captata nell’agrumeto nella disponibilità di O.D. (classe (OMISSIS)), indicato come capo-crimine al vertice della Provincia; b) riunione tenutasi nella sera dell'(OMISSIS) presso la masseria nella disponibilità dello stesso M., in contrada (OMISSIS); c) dichiarazioni del collaboratore di giustizia, F.S.; d) sequestro di armi e munizioni rinvenute dalla polizia, il 15 febbraio 2010, nella suddetta masseria appartenente al M..

In particolare, dalla conversazione captata il 20 agosto 2009 era emerso lo stretto rapporto esistente tra il M. e O. D., avendo quest’ultimo confidato al primo che il giorno precedente, (OMISSIS), in occasione della festa di matrimonio della figlia di Pe.Gi., altro affiliato di rango alla ‘ndrangheta, erano stati selezionati i nuovi dirigenti dell’associazione a livello provinciale, le cui nomine sarebbero state ratificate nel corso dell’imminente festa della (OMISSIS), il successivo (OMISSIS), presso il santuario aspromontano di (OMISSIS); nel medesimo colloquio l’indagato sfogava all’ O. il proprio disappunto per il comportamento di tale C.D., dal quale era stato criticato perchè non gli avrebbe comunicato "le novità" ovvero le notizie di rilievo sul piano associativo, confessando così il M. il proprio ruolo nel sodalizio criminale di mastro di giornata, vale a dire di persona incaricata di raccogliere e trasmettere le informazioni rilevanti agli altri sodali.

Nel provvedimento del Tribunale particolare rilievo è attribuito anche ad una precedente conversazione del giorno 8 agosto 2009 tra l’indagato e l’ O., dalla quale risultava la programmazione di una riunione di ‘ndrangheta, nella quale sarebbe stati conferiti i "gradi criminali" a cinque persone indicate dal M. (e quasi tutte identificate dagli inquirenti), con menzione altresì di coloro che le avevano presentate e accreditate presso la cosca.

La riunione ebbe effettivamente luogo il successivo 11 agosto presso la masseria dell’indagato, secondo l’ordinanza che richiama, al riguardo, il controllo eseguito dai Carabinieri, in quel giorno, al termine del convegno, e l’identificazione di alcuni dei partecipanti tra cui lo stesso M. col proprio figlio.

Nelle altre conversazioni intercettate l’indagato precisò che le cariche criminali furono conferite, in quella riunione, solo a tre persone perchè le altre tre non si erano presentate, riconfermando il proprio ruolo di mastro di giornata inserito nella copiata (elenco di nomi di appartenenti all’associazione consegnato ai nuovi adepti come segno di appartenenza).

Altri elementi integranti i gravi indizi di colpevolezza sono costituiti, secondo il Tribunale, dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, F.S., che aveva confermato l’appartenenza del M. all’associazione col ruolo di mastro di giornata, e dal ritrovamento, il (OMISSIS), di alcune armi, tutte clandestine, e di numerose munizioni proprio nella masseria di campagna nella disponibilità dell’indagato e del proprio figlio, in cui si sarebbero riuniti i presunti sodali l’ (OMISSIS).

Conseguentemente le obiezioni difensive, di cui alla memoria del 28 luglio 2010, circa la genericità dei richiami alla funzione svolta dal M. all’interno dell’associazione, la mancata verifica del reale svolgimento della riunione presso la masseria, essendo i carabinieri intervenuti solo a posteriori operando controlli sulla strada, e, comunque, la carenza di elementi fattuali indicativi di partecipazione dinamica, funzionale e causalmente rilevante del M. all’ipotizzato sodalizio criminale, sono state ritenute dal Tribunale infondate e inidonee ad intaccare il predetto quadro indiziario apprezzato come grave.

1.2. A sostegno dei pur ritenuti gravi indizi di appartenenza all’associazione di P.B., nipote del M., il collegio territoriale ha addotto il contenuto di tre conversazioni oggetto di intercettazioni ambientali: quella in data 8 agosto 2009 tra il M. e O.D.; quella del 13 agosto 2009 tra il M. e persona identificata in T.B.; e quella del 16 agosto 2009 tra il M. e un interlocutore non identificato.

Nella prima il M. rivelò all’ O. i candidati al conferimento delle cariche criminali nell’imminente riunione dell’ (OMISSIS), menzionando per ciascuno di loro anche i rispettivi garanti, tra cui il proprio nipote B., identificato nel P.; nella seconda conversazione, successiva al convegno, il M. comunicò al T. che il proprio nipote B. era riuscito, grazie all’avvertimento telefonico di altro partecipante, ad evitare il controllo stradale dei Carabinieri, i quali, all’esito della riunione dell'(OMISSIS), sulle strade del rientro, effettivamente controllarono tre delle più numerose autovetture che avevano lasciato la masseria e, precisamente, una prima automobile con a bordo gli identificati F.M. e Z.K.; una seconda su cui viaggiavano T.B. e O.D.; ed una terza su cui si trovavano il M. e il proprio figlio, M. R..

Nel commentare l’avvenimento con l’amico T., nella conversazione del 13 agosto, il M. affermò che tale G. (identificato in Pr.Gi. di (OMISSIS)) e B. (individuato nel P.), avvertiti da Ma. (identificato nel F., uno dei fermati), erano riusciti ad evitare il controllo dei Carabinieri, lasciando pertanto intendere che essi fossero tutti presenti alla riunione.

Nella terza conversazione captata il 16 agosto 2009 il M., discutendo con una persona non identificata, ritornò sul tema dei nuovi aderenti da inserire nell’associazione, facendone espressamente i nomi insieme a quelli dei rispettivi garanti e specificando, a proposito di uno di loro, che "era portato" da suo nipote, indicato col nome e cognome di P.B..

Secondo il Tribunale, pertanto, contrariamente ai rilievi difensivi, l’indagato non è raggiunto da un’isolata e insignificante battuta del M., ma attinto da gravi indizi di aver partecipato alla riunione dell'(OMISSIS) e di essere, quindi, stabilmente inserito nell’associazione criminale, apportando alla stessa un concreto e rilevante contributo anche con l’accreditamento dei nuovi adepti.

1.3. Passando all’esame della posizione di F.C., il Tribunale ravvisa i gravi indizi della sua appartenenza al medesimo sodalizio mafioso nel contenuto di due conversazioni, svoltesi nel carcere di Vibo Valentia, tra lo stesso F. e il cognato detenuto, O.P., in date 27 febbraio e 20 marzo del 2009.

Nella prima l’ O. incaricò il F. di informarsi, presso tale G.R., circa i gradi più elevati della carriera criminale al fine di potere ottenere un avanzamento, affermando di essere attualmente investito del grado di crociata, e commentando col cognato la caratura del G., il quale, ad avviso del F., sarebbe stato "completo" e, cioè, avrebbe avuto un grado di rilievo apicale; i due interlocutori fecero, quindi, riferimento agli elevati titoli ‘ndranghetistici di vangelo e tre quartino e alla necessità che la promozione dell’ O. detenuto fosse approvata dai suoi omonimi congiunti, l’anziano O.D. e il cugino O.M., detto (OMISSIS), che aveva forte influenza sul primo.

Nella seconda conversazione il F. comunicò ad O. P. che i suoi congiunti, aventi entrambi lo stesso nome di O.M. (l’uno nato nel (OMISSIS), fratello del detenuto, e l’altro da identificare nel predetto cugino, soprannominato "(OMISSIS)", nato nel (OMISSIS)), si erano recati a P. presso l’abitazione di M.F., il quale aveva dato il proprio assenso al conferimento del grado superiore al proprio nipote, L.S.S., compagno di cella di O.P. nel carcere di (OMISSIS). Nel medesimo colloquio il F. riferì che O.M. si era recato anche presso G.R., in adesione alla precedente richiesta del fratello detenuto, e aveva parlato con lo zio, O.D., e il cugino "(OMISSIS)", i quali avevano espresso il loro assenso alla promozione criminale di O.P. seppure di un solo grado, mentre quest’ultimo aspirava ad un riconoscimento maggiore.

I contenuti dei predetti colloqui, contrariamente all’assunto difensivo, sarebbero significativi, secondo il Tribunale, dell’intraneità del F. alla cosca e ai suoi meccanismi operativi, non giustificandosi altrimenti le confidenze allo stesso fatte dal cognato detenuto, gli incarichi ricevuti, e le riservate informazioni – appannaggio delle persone più fidate – trasmesse all’ O. proprio dal F., al quale l’ordinanza attribuisce lo specifico ruolo di "postino". 1.3. Quanto alle esigenze cautelari esse discendono, per tutti e tre gli indagati, dai ritenuti gravi indizi di colpevolezza con riguardo al delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, non risultando elementi idonei ad escludere la presunzione di pericolosità sociale dei prevenuti e risultando, per disposizione normativa ( art. 275 c.p.p., comma 3), la misura custodiate l’unica adeguata ad assicurare le dette esigenze.

2. Avverso la predetta ordinanza ricorrono, con distinti ricorsi, tutti e tre gli indagati tramite il comune difensore, avvocato Gregorio Cacciola del foro di Palmi.

2.1. M.M. denuncia erronea applicazione e/o violazione di legge con riferimento all’art. 273 c.p.p. e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione con travisamento del fatto.

Gli elementi acquisiti non configurerebbero i gravi indizi di colpevolezza apprezzati dal Tribunale e, in particolare, il contenuto della conversazione captata il 20 agosto 2009 non consentirebbe di affermare che il M. si sia autoattribuito il ruolo di "mastro di giornata" per il suo vago richiamo alle "novità" che avrebbe dovuto comunicare a tale C.D..

Anche la telefonata dell’8 agosto 2009 non assumerebbe il rilievo indiziario attribuitole dal Tribunale, d’accordo col Giudice per le indagini preliminari, posto che la presunta riunione di ‘ndrangheta in essa programmata non sarebbe stata accertata dai Carabinieri, pure appostatisi nei pressi della masseria del M., ed essa non potrebbe essere desunta dai successivi controlli stradali cui furono sottoposti solo alcuni dei presunti partecipanti.

Mancherebbe, in ogni caso, alla luce della giurisprudenza più recente, in tema di apporto causalmente apprezzabile richiesto per la configurazione del delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, l’individuazione di comportamenti concreti del M. funzionali alla vita dell’associazione, con irrimediabile carenza, allo stato, del quadro indiziario illegittimamente apprezzato come grave dal Tribunale.

2.2. Anche P.B. denuncia erronea applicazione e/o violazione di legge con riferimento all’art. 273 c.p.p. e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione per travisamento del fatto.

Secondo il ricorrente la gravità indiziaria a suo carico non potrebbe essere integrata dai meri richiami a tale B., identificato nella sua persona, captati in conversazioni inter alios (quella dell’8 e del 14 agosto 2009), tenuto conto che la sua presenza alla presunta riunione ‘ndranghetistica dell’ (OMISSIS) non fu accertata, non essendo egli stato sottoposto ad alcun controllo dei Carabinieri, donde la mancanza di elementi fattuali per affermare che egli abbia preso parte alla contestata associazione ed abbia ad essa apportato un consapevole contributo di apprezzabile rilevanza causale, non essendo la partecipazione penalmente rilevante riducibile ad un mero status di appartenenza.

2.3. F.C.denuncia, a sua volta, erronea applicazione e/o violazione di legge con riferimento all’art. 273 c.p.p. e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione con travisamento del fatto.

I gravi indizi di colpevolezza non sussisterebbero, posto che i contenuti dei due colloqui in carcere col cognato attestano, piuttosto, la sua ignoranza delle cariche e gradi criminali insieme al mancato adempimento dell’incarico ricevuto di parlare con G.R., contattato invece dal fratello del detenuto, O.M. (classe (OMISSIS)); in ogni caso non esisterebbe alcun elemento da cui possa desumersi un suo contributo alla pretesa associazione di tipo mafioso, potendo al massimo ravvisarsi nel suo comportamento solo la disponibilità ad aiutare il cognato eventualmente sussumibile nella più lieve ipotesi criminosa di cui all’art. 418 c.p., peraltro non tradottasi in alcuna concreta attività di sostegno.

Motivi della decisione

3. I ricorsi dei tre indagati sono infondati.

3.1. Partendo dalla posizione di M.M., il quadro indiziario a carico dello stesso, sopra ricapitolato, ha formato oggetto di analitica ricognizione e di adeguata e coerente motivazione nell’ordinanza impugnata, in sintonia con le fonti di prova acquisite, non scalfite dai rilievi difensivi che non adducono ad alcuna specifica violazione di legge nè a reali vizi della motivazione, ma si limitano alla mera enunciazione della violazione dell’art. 273 c.p.p. in tema di gravità indiziaria e al depotenziamento, sulla base di un’interpretazione alternativa degli elementi probatori estranea al controllo di legittimità, dei medesimi indizi puntualmente e logicamente esaminati dal Tribunale del riesame in risposta a tutte le obiezioni difensive.

3.2. Parimenti infondate sono le censure mosse alla valutazione del compendio indiziario, anch’esso analiticamente esaminato e oggetto di motivazione adeguata e coerente nel provvedimento impugnato, con riguardo alla posizione di P.B., del quale si esclude la partecipazione alla riunione ‘ndranghetistica dell'(OMISSIS) sulla base di un’interpretazione dei dati probatori ancora una volta alternativa a quella sostenuta dal giudice del riesame in aderenza alle risultanze investigative e dopo aver valutato le censure difensive. Il ricorrente, inoltre, disconosce il valore indiziario di altri elementi emersi dalle intercettazioni ambientali che individuano nel P., nipote del M., al di là della sua presenza alla suddetta riunione, una persona particolarmente accreditata all’interno del sodalizio e, come tale, idonea a farsi garante della lealtà dei nuovi adepti.

3.3. Prive di pregio, infine, sono le censure mosse all’ordinanza impugnata con riguardo alla posizione di F.C., laddove si contesta l’esistenza di indizi indicatori di un ruolo dinamico dell’indagato all’interno del sodalizio criminale, funzionale al perseguimento degli interessi dello stesso, e si circoscrive il suo intervento alla sola sfera familiare in appoggio del cognato detenuto, O.P..

Ancora una volta la denuncia del ricorrente, nonostante l’enunciata violazione dell’art. 273 c.p.p. e la lamentata contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, si risolve nel prospettare una diversa interpretazione dei dati probatori acquisiti, dai quali, invece, con argomentazioni adeguate, puntuali e coerenti, il giudice del riesame deduce l’intraneità alla cosca del F. non solo per il suo rapporto con il cognato, qualificato da espliciti riferimenti al sodalizio di appartenenza, ma anche per il suo ruolo esterno, ponendosi il F., nei dialoghi captati, come accreditato interlocutore di altri autorevoli esponenti del sodalizio criminale.

3.4. A confutazione di un ulteriore argomento di censura, comune a tutte e tre le posizioni finora distintamente esaminate, relativo alla mancata indicazione, nell’ordinanza impugnata, dei gravi indizi di esistenza della stessa ipotizzata associazione di tipo mafioso, denominata ‘ndrangheta, nel territorio e nel tempo indicati nella contestazione cautelare, argomento addotto nell’odierna discussione difensiva del ricorso, va detto che esso non fu prospettato, a suo tempo, nei motivi del proposto riesame ed è stato, quindi, intempestivamente evocato in questa sede; mentre la pur denunciata carenza motivazionale, sempre con riguardo a tutti gli indagati, degli indicatori fattuali del concreto contributo causale da ciascuno di loro apportato alla vita dell’associazione, è smentita dai contenuti del compendio indiziario come sopra richiamati per ciascuna posizione, in armonia al dato giurisprudenziale secondo cui il contributo effettivo, che integra la condotta di chi "fa parte" di un’associazione di tipo mafioso, può essere anche minimo e di qualsiasi forma e contenuto, purchè destinato a fornire efficacia al mantenimento in vita della struttura o al perseguimento degli scopi di essa e, quindi, consistere anche nel prestare la propria disponibilità ad agire ai fini anzidetti (Sez. 2, n. 2350 del 21/12/2004, dep. 26/01/2005, Papalia; Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, dep. 20/09/2005, Mannino; Sez. 1, n. 1470 del 11/12/2007, dep. 11/01/2008, Addante).

4. Alla completa reiezione dei ricorsi consegue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria provvederà alle comunicazioni previste dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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