Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-12-2011, n. 26849 Donazione e legato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.E. con un primo atto di citazione del 10.10.91 conveniva in giudizio il fratello B.A. in quanto coerede del defunto genitore B.R., per sentirlo dichiarare tenuto alla collazione ereditaria di un fondo che era stato oggetto di donazione indiretta. La domanda attrice veniva accolta dall’adito tribunale di Firenze con sentenza poi confermata dalla Corte d’Appello di Firenze con la decisione n. 960/01 Con un secondo atto di citazione del 14.10.91 il medesimo B.E. chiedeva lo scioglimento della comunione ereditaria, dalla quale restava escluso il terreno in questione, per il quale non era proposta, nell’ambito del medesimo giudizio, la domanda di collazione formulata in sede autonoma. La divisione dei beni veniva quindi pronunciata dall’adito tribunale di Firenze con sentenza depos. il 3.10.2000, a cui le parti davano spontanea esecuzione.

Lo stesso B.E., quindi, con una terza citazione notif. il 30.7.2001 chiedeva lo scioglimento della divisione ereditaria del solo cespite ammesso a collazione con la menzionata sentenza della Corte fiorentina n. 960/01, rimasto fuori della giudizio di divisione ereditaria. Si costituiva il fratello A. opponendosi, osservando che essendo ormai passata in giudicato la sentenza di scioglimento della comunione ereditaria, senza che in tale giudizio fosse stata chiesta la collazione del bene, non era possibile riproporre di nuovo domanda di divisione, per un bene la cui esistenza era già nota alle parti e la cui appartenenza all’asse ereditario era sostenuta espressamente , ma in diverso giudizio, da uno dei condividenti. Il Tribunale adito, con sentenza del 22.1.2004 rigettava la domanda, escludendo che l’art. 762 c.c., fra i casi di supplemento di divisione, contemplasse la possibilità di recuperare alla massa ereditaria il cespite risultante da un obbligo di collazione accertato a divisione ormai avvenuta. Avverso detta sentenza B.E. proponeva appello, auspicando una più estensiva interpretazione del menzionato art. 762 c.c.. L’adita Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 1063/06 depositata il 10.5.2006, accoglieva la tesi prospettata dall’appellante e, dato atto che la sentenza che disponeva la collazione del terreno nelle more era divenuta definitiva, in riforma dell’appellata sentenza, ordinava lo scioglimento della comunione del compendio immobiliare di cui trattasi, condannando B.A. al pagamento delle spese del doppio grado.

Avverso la predetta pronuncia, B.A. ricorre per cassazione con un primo ricorso notif. il 22.7.2006 e con un successivo del 20.11.2006; entrambi i ricorsi sono d’ identico contenuto e si articolano in 3 mezzi; il 2 ricorso, a differenza del primo, contiene la formulazione dei quesiti di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c.; resiste B.E. con controricorso eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Motivi della decisione

In via preliminare occorre esaminare la questione dell’eccepita inammissibilità dei ricorsi. Non v’è dubbio che l’eccezione è fondata. Invero il primo ricorso (senza la formulazione dei quesiti ex art. 366 bis c.p.c.) è stato notificato il 22 luglio 2006, mentre il secondo ricorso (con i quesiti di diritto) è stato notificato il 20 novembre 2006, quindi tardivamente, ben oltre il termine breve di decadenza di giorni 60, decorrenti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, dalla notifica del 1^ ricorso, che costituisce in capo al notificante, la prova della legale conoscenza della decisione impugnata.

Questa S.C. ha più volte stabilito che "la riproposizione dell’impugnazione inammissibile od improcedibile, consentita fino a che non sia intervenuta la pronunzia giudiziale d’inammissibilità od improcedibilità, è soggetta al termine breve decorrente dalla data della notificazione della prima impugnazione, atteso che tale notificazione, al fine della conoscenza legale della sentenza da parte dell’impugnante, deve ritenersi equipollente alla notificazione della sentenza medesima, n. 12803 del 27/09/2000; Cass. n. 8761 del 26/06/2001; n. 835 del 18/01/2006; n. 12010 del 08/08/2003; n. 15551 del 11/08/2004; n. 7618 del 30/03/2010). Ritiene il Collegio che alcuna rilevanza può avere la notifica della sentenza impugnata che il controricorrente aveva successivamente notificato il 27.9.09, dopo cioè la notifica del 1 ricorso; tale evento non ha può ritenersi che abbia rimesso in termini il ricorrente, in quanto come si è detto, la notifica dell’impugnazione è equipollente alla notifica la sentenza.

Pertanto il 2^ ricorso dev’essere dichiarato inammissibile in quanto tardivamente proposto, mentre il 1^ ricorso è ugualmente inammissibile in quanto privo dei quesiti di cui all’art. 366 bis c.p.c.. Le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li dichiara entrambi inammissibili;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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