Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-03-2011) 21-07-2011, n. 29162

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 11 marzo 2010 il Tribunale di Voghera, in composizione monocratica, pronunciando sull’opposizione proposta da C.G. avverso il decreto del Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale col quale era stata condannata alla pena di Euro 100,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 659 c.p., in danno dei vicini di casa, V.N. e M. M.C., commesso verso le ore 23 del (OMISSIS), in Voghera, ha dichiarato l’imputata responsabile della contravvenzione ascrittale e, con le attenuanti generiche, l’ha condannata alla pena di Euro 200,00 di ammenda col beneficio della sospensione condizionale della pena.

A sostegno della decisione, il Tribunale ha addotto le dichiarazioni delle persone offese e dei testimoni indicati dal Pubblico ministero, la testimonianza dell’amministratore del condominio, citato ai sensi dell’art. 507 c.p.p., e, anche, le deposizioni dei testimoni indicati dalla difesa, ritenendo in particolare provato che, la sera del (OMISSIS), la C. avesse disturbato il riposo del V. e della di lui moglie, abitanti nello stesso edificio al piano superiore, con rumori e schiamazzi provenienti dalla sua abitazione, valutati idonei ad arrecare disturbo, per la loro intensità e durata, ad un numero indeterminato di persone e tali da provocare la reazione esasperata del V., il quale, all’inizio, aveva ripetutamente battuto sul pavimento per segnalare il disagio, e, successivamente, si era personalmente rivolto alla C. per chiederle di porre fine al disturbo.

2. Avverso la predetta sentenza la C., tramite i suoi difensori di fiducia, ha proposto appello, convcrtito in ricorso per cassazione ex art. 568 c.p.p., comma 5, essendo la sentenza inappellabile ai sensi dell’art. 593 c.p.p., comma 3. 2.1. Con il primo motivo la C., dopo aver ricordato che il V. aveva rimesso la querela sporta contro di lei in data 11 gennaio 2008 e, tuttavia, il processo aveva avuto ugualmente corso trattandosi di reato perseguibile d’ufficio, ha chiesto di essere assolta ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 1, perchè il fatto non sussiste, ovvero, in subordine, a norma dell’art. 530, comma 2, dello stesso codice di rito, per mancanza, insufficienza e contraddittorietà della prova assunta nel corso del dibattimento.

La ricorrente ha lamentato, in particolare, l’omesso controllo dell’attendibilità delle persone offese da parte del primo giudice e la non adeguata considerazione delle altre testimonianze che non avrebbero suffragato l’ipotesi accusatoria.

2.2. Con il secondo motivo la C. ha dedotto che il fatto, quale era emerso dall’istruzione dibattimentale, non era idoneo a configurare gli estremi del reato di cui all’art. 659 c.p., il quale postula l’attitudine della presunta attività rumorosa ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, effetto da escludere nel caso in esame, donde la richiesta assoluzione perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

2.3. Con il terzo motivo la C. ha censurato il trattamento sanzionatorio applicatole, chiedendo la rideterminazione della pena entro il minimo edittale e la concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, poichè a suo carico risulta un unico precedente per fatto successivamente depenalizzato.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è stato proposto, come appello, dai difensori di fiducia della C., avvocati Daniela Silvestre e Alessandro Volpi del foro di Milano, unici firmatari dell’atto di impugnazione, i quali non sono iscritti nell’albo speciale di questa Corte di cassazione.

Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, "alla regola secondo cui il ricorso per cassazione è inammissibile qualora i motivi siano sottoscritti da avvocato non iscritto nello speciale albo dei professionisti abilitati al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, non è prevista deroga per il caso di appello convertito in ricorso, In caso diverso verrebbero elusi in favore di chi abbia erroneamente qualificato il ricorso obblighi sanzionati per chi abbia proposto l’esatto mezzo di impugnazione" (Sez. 3, n. 2233 del 14/07/1998, dep. 10/10/1998, Allegretti, Rv.

211855; Sez. 1, n. 11353 del 06/07/1995, dep. 22/11/1995, Pensa, Rv.

203649).

Segue, a norma dell’art. 613 c.p.p., comma 1, la declaratoria di inammissibilità del ricorso, restando precluso l’esame delle proposte doglianze, e la condanna della ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si stima equo determinare nella misura media di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *