T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 28-07-2011, n. 6759

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, avendo conseguito il diploma di scuola secondaria superiore, intendeva iscriversi al Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e Protesi Dentaria (classe LM46) della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Siena. Asserisce la ricorrente che, pur ritenendo illegittima la determinazione del contingente dei posti disponibili per le nuove immatricolazioni, non avendo però un concreto ed immediato interesse a contestare il bando, partecipava comunque alla prova di ammissione.

Espletata la prova, la ricorrente però non rientrava nel contingente previsto, essendosi collocata al 30° posto con p. 47,50 mentre i posti disponibili erano 19; di conseguenza non è stata ammessa al Corso di Laurea in questione.

Asserisce sempre la ricorrente che, se le domande fossero state correttamente poste, l’interessata avrebbe potuto rispondere ad altri quiz ed avere la possibilità di rientrare nel contingente; difatti ad oggi – l’odierna ricorrente è rimasta esclusa dagli ammessi per 1 solo punto.

Ma v’è di più. La ricorrente sarebbe rientrata comunque nel contingente dei posti disponibili secondo l’Offerta Formativa dell’Università di Siena (26 posti) se solo il MIUR non avesse illegittimamente ridotto i posti; difatti la ricorrente ha conseguito 47,50 p. al pari del 26° in graduatoria.

Con il ricorso in esame la ricorrente impugna gli atti indicati in epigrafe ed in sostanza l’esclusione e tutti gli atti presupposti, deducendo i seguenti motivi di gravame:

1) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ ART. 3 L. 2/08/1999 N. 264. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA, MANCATA E/O ERRATA VALUTAZIONE DEI PRESUPPOSTI. SVIAMENTO DI POTERE

Il MIUR ha fissato il contingente numerico in misura addirittura inferiore all’offerta formativa avanzata dalle Università sebbene nelle premesse del DM 3/7/09 il MIUR avesse espressamente citato la giurisprudenza di Codesto Ecc.mo TAR ("VISTA la posizione del T.A.R. Lazio, Sez.III, esplicitata in più pronunce, con cui si ritiene prevalente l’offerta formativa degli Atenei rispetto alle esigenze del Servizio Sanitario Nazionale); difatti l’Università di Siena aveva una capacità recettizia di almeno 26 posti ma il Ministero ha illegittimamente operato una ulteriore riduzione portandola a 19 posti comprensiva degli extracomunitari! Tale riduzione, appare quindi assolutamente illegittima e contraria ai principi sopra esposti (v. TAR Lazio n. 2443/2009).

Ma ciò che più lascia esterrefatti è la motivazione che il MIUR ha adottato nel ridurre il contingente rispetto all’offerta formativa dell’Università.

Si legge nel DM 3/7/2009:

"RITENUTO di dover considerare il fattore di criticità risultante dall’ anno di fabbricazione di alcuni "riuniti", la percentuale del loro utilizzo quando trattasi di poltrone attrezzate in convenzione e la loro ubicazione in strutture poste a distanza dalla sede del corso di laurea, quali elementi che incidono in maniera preponderante per la formazione clinica professionalizzante"

Dunque il MIUR ha ritenuto di dover considerare "l’anno di fabbricazione" di alcuni riuniti quale parametro per determinare il numero programmato.

Tale elemento non è previsto fra i parametri di valutazione della L n. 264/99 ma soprattutto appare una motivazione del tutto illogica soprattutto se si considera che l’Università deve adeguare le proprie strutture (e quindi anche i riuniti) alle esigenze formative: come si può garantire una formazione professionalizzante secondo gli standards europei con riuniti vecchi ?

E SOPRATTUTTO SE IL PROBLEMA RIGUARDA I RIUNITI CHE SONO VETUSTI, NON È CERTO CON LA RIDUZIONE DEGLI STUDENTI CHE SE NE AUMENTA L’EFFICIENZA E SI GARANTISCE LO STANDARD QUALITATIVO DI FORMAZIONE PREVISTO DALLE DIRETTIVE EUROPEE! ANZI CIÒ È SOLO LA CONFERMA DELLA PRETESTUOSIT À DELLA MOTIVAZIONE INDICA T A DAL MINISTERO PER OPERARE LA RIDUZIONE.

INOLTRE: SI DUBITA CHE IL MIUR ABBIA CONCRETAMENTE VERIFICATO L’EFFICIENZA DEI RIUNITI DELL’UNIVERSITÀ DI SIENA, CHE NEL DETERMINARE L’OFFERTA FORMATIVA HA SENZA DUBBIO TENUTO CONTO DI TALE FATTORE (SULLA BASE DELL’ ART. 3 L. N. 264/99 CHE PREVEDE LA VERIFICA DI ATTREZZATURE E LABORATORI SCIENTIFICI PER LA DIDATTICA).

E SE L’UNIVERSITÀ È PERVENUTA AD INDIVIDUARE IN 26 POSTI IL CONTINGENTE (ANCHE SE TALE VALORE NUMERICO È COMUNQUE INFERIORE ALLE EFFETTIVE POTENZIALITÀ DELL’ ATENEO) LA RIDUZIONE OPERATA DAL MIUR È ASSOLUTAMENTE ILLEGITTIMA PERCHÉ NON SUPPORTATA DA ALCUNA (REALE) ATTIVITÀ ISTRUTTORIA.

Dunque il MIUR ha illegittimamente ridotto il numero dei posti disponibili rispetto all’offerta formativa (26 posti) peraltro senza fornire alcuna specifica motivazione con riferimento all’Università di Siena.

Peraltro per effetto di tale illegittima riduzione, l’odierna ricorrente non è riuscita a rientrare nel contingente previsto.

Dall’esame delle delibere impugnate è palese che gli organi Accademici non hanno rispettato i parametri previsti dalla L. n. 264/99; è sufficiente leggere quanto deliberato dal Consiglio di Facoltà di Medicina nella seduta del 26/5/2009 (pag. 9) ove testualmente si legge:

"La Facoltà è chiamata a ratificare la richiesta pervenuta da parte del! "Ufficio Ordinamenti Didattici e Relazioni Istituzionali del nostro Ateneo, in merito alla definizione del! "offerta formativa 2009/2010 relativa ai Corsi di laurea in oggetto…, comunica i seguenti dati:

Odontoiatria e Protesi Dentaria (LM46) utenza sostenibile 26"

Non v" è dubbio pertanto che la determinazione dei posti disponibili per l’Università di Siena non sia stata determinata in relazione ai parametri previsti né dall’art. 3 L. n. 264/99 né dalla normativa regolamentare e soprattutto risulta comunque determinata per difetto.

Difatti, la valutazione della capacità recettiva delle strutture didattiche con riferimento ai parametri stabiliti dal legislatore risulta priva di legittima motivazione e di adeguato riscontro istruttorio. E’ evidente che il contingente è stato determinato per difetto non tenendo conto delle effettive potenzialità della Università.

Il Consiglio di Facoltà si è limitato a ratificare l’operato dell’Ufficio Ordinamenti Didattici senza che vi fosse alcuna corrispondenza in concreto ai parametri previsti dal legislatore.

Ma l’Amministrazione ha proceduto in modo del tutto approssimativo e generico senza fornire alcun elemento da cui poter dedurre il rispetto dei parametri di legge.

2) VIOLAZIONE DELLA L. N. 264/99 CON RIFERIMENTO AGLI ART. 3, 33, 34 E 97 COSTo INCOSTITUZIONALITÀ DELL’ART. 3, COMMA 1, LETT. A) DELLA L. 02/08/1999, N. 264 PER CONTRASTO CON GLI ARTT. 2,3, 4, 33 E 35 COSTo VIOLAZIONE DELLE DIRETTIVE 75/362 E 74/363 E 93/16 DEL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, ANCHE IN RELAZIONE AGLI ARTT. 3 E 4 COSTo VIOLAZIONE DEGLI ART. 49 E 43, 149, 150 DEL TRATTATO CE E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI ED INTEGRAZIONI E DELL’ART. 35 COSTo ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE

L’art. 3 comma l letto a) della L. n. 264/99 effettivamente pone al centro della programmazione nazionale del contingente numerico il potenziale formativo offerto dal sistema universitario, ma pone anche come elemento valutativo non esclusivo ma aggiuntivo e accessorio – il criterio del fabbisogno di professionalità; difatti la norma citata stabilisce che il contingente nazionale è determinato "tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo".

Il riferimento al "’fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo" deve essere interpretato non come un criterio limitativo, bensì come un criterio minimo che deve essere assolutamente garantito sotto un duplice profilo.

In primo luogo nell’ipotesi che le strutture universitarie non siano adeguate per fare fronte al {abbisogno, il legislatore ha imposto che in ogni caso l’Amministrazione debba garantire il fabbisogno professionale con il conseguente obbligo di provvedere ad adeguare le strutture universitarie (leggi anche riuniti vetusti..).

Il "’fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo" indica quindi la soglia minima che deve essere in ogni caso garantita.

In secondo luogo tale parametro deve essere inteso non solo con riferimento a sistema nazionale bensì ("almeno") a quello comunitario.

In buona sostanza da un lato le Università devono adeguare la propria offerta formativa alla crescente domanda mediante ampliamento delle strutture e da dall’altro lato il MIUR deve incentivare tale sviluppo tenendo conto del fabbisogno nazionale e comunitario; peraltro è fuor di dubbio che a livello comunitario (ma anche nazionale ed internazionale – v. oltre) vi sia una carenza di professionisti nelle discipline sanitarie, tanto da allarmare gli organismi internazionali come l’OMS e gli stessi governi comunitari ove tale carenza sta raggiungendo livelli di criticità per il sistema sanitario interno e quindi comunitario (v. es. Gran Bretagna).

Come noto la normativa comunitaria in tema di libera circolazione dei lavoratori assume particolare rilievo in quanto essa persegue l’obiettivo di tutelare gli individui che intendono esercitare nel territorio di uno Stato membro dell’UE un’attività economica o lavorativa e ciò anche con riferimento agli esercenti attività professionale o arti (L. 49 e 43 trattato CE). Correlato alla libertà di circolazione e stabilimento, si pone l’impegno sancito dall’art. 150 del Trattato per l’attuazione di una politica di formazione professionale e di istruzione volta a garantire, attraverso il rispetto degli standards minimi di formazione, la possibilità per i cittadini di circolare liberamente nella UE ed esercitare la propria professione. (v. direttive CEE n. 75/362 e segg.).

Si può quindi ragionevolmente affermare (come peraltro già evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 383/98) che ormai il sistema formazionelavorolibera circolazione da funzione pubblica interna ( art. 95 Cost.) è divenuta una funzione comunitaria il cui esecutivo deve adeguarsi nel rispetto dei principi della UE.

Orbene se dunque la visione del mondo del lavoro deve abbandonare la dimensione nazionale per abbracciare quella comunitaria, appare evidente che anche la determinazione del contingente nazionale per l’accesso al corso di laurea de quo deve porsi su tale dimensione.

Difatti se è vero che il rispetto degli standards di formazione minimi richiesti dalle direttive comunitarie ha legittimato (nel pensiero della Corte Costituzionale) la limitazione del numero di posti in relazione alle strutture universitarie e se la determinazione del contingente (ex art. 3 letto a) L. 264/99) deve tenere conto "anche" del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo, allora è evidente che il MIUR avrebbe dovuto tenere conto non solo del fabbisogno nazionale bensì anche di quello comunitario.

In sostanza, in un quadro transnazionale, è evidente che la valutazione del fabbisogno di professionalità debba riferirsi a tutto l’ambito dei Paesi aderenti alla UE.

La disposizione in questione, infatti, non fa riferimento a un fabbisogno nazionale, ma a quello del sistema sociale e produttivo: in questo senso la disposizione supera, almeno sotto questo aspetto, la precedente previsione risul tante dall’ art. 6 ter del D. Lgs. n. 502/92, come modificato dall’ arto 6, comma 1, del D. Lgs. n. 229/1999, che fa riferimento al fabbisogno del Sistema sanitario nazionale (cfr. al riguardo TAR Umbria, 3 settembre 2003, n. 716).

Occorre quindi adottare un’interpretazione della disposizione che sia ragionevolmente evolutiva, e che tenga conto sia della priorità del diritto costituzionale allo studio sia della conformità con l’ordinamento comunitario, che comunque non prevede questo limite connesso al fabbisogno, ed anzi appare volto a garantire la libera circolazione dei professionisti.

Ciò comporta che le stime ministeriali restrittive sono da considerarsi del tutto prive di fondamento, in quanto non appare certamente alcuna proporzione immaginabile tra i numeri risultanti dalle stesse e l’ambito comunitario di riferimento.

Nel senso che, in concreto, i limiti massimi delle capacità recettive attuali del sistema universitario italiano nell’ambito dell’Odontoiatria appaiono già assai ristretti, e quindi non paiono passibili di un" ulteriore riduzione sulla base di un parametro di fabbisogno, ove quest’ultimo venga correttamente inteso con riferimento a un ambito esteso (almeno) alla dimensione comunitaria."

Ma detta "ricognizione" dello spazio Europeo dell’istruzione superiore e della mobilità dei professionisti, non risulta effettuata dal MIUR.

Il Ministero, si è limitato a considerare il fabbisogno delle singole Regioni e comunque in misura errata!

Si legge difatti nel DM 4/7/2009:

"CONSIDERATA La necessità di tener conto anche del. fabbisogno sanitario del. 1. e singole Regioni e delle Province Autonome di Trento e di BoLzano, ai sensi deLL’art. 3 comma 1, della citata 1.egge n. 264/1999;

CONSIDERATI i dati acquisiti dal predetto Ministero in vista dell’Accordo StatoRegioni"

Dunque nessuna valutazione del fabbisogno nella sua dimensione comunitaria è stata effettuata dal Ministero.

In ogni caso anche la programmazione riferita al fabbisogno delle Regioni è del tutto errata.

In ipotesi subordinata ove l’Amministrazione abbia correttamente interpretato l’art. 3 della L. n. 264/99 nel senso che il riferimento al "fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo", in tale ipotesi è fuor di dubbio che detta norma dell’art. 3 L. n. 264/99 della L. 264/99 deve ritenersi in palese contrasto con le norme Costituzionali e le norme comunitarie, con conseguente violazione degli artt. 33 e 34 Cost., e delle stesse direttive comunitarie dell’U.E, che prevede il principio della liberalizzazione dell’ accesso alle professioni, finalizzate solo all’omogeneizzazione dell’iter formativo con lo scopo di promuovere la libera circolazione dei professionisti all’interno della Comunità.

Ne consegue in tal caso la illegittimità costituzionale dell’art. 3 L. 264/99 per contrasto con gli arti. 3, 33, 34 e 97 Cost.

3) VIOLAZIONE DELL’ ART. 6 TER DEL D.LVO N. 502/1992. ULTERIORE VIOLAZIONE DELL’ ART. 3 COMMA 1 DELLA L. N. 264/99 CON RIFERIMENTO AGLI ART. 3, 33,34 E 97 COSTo E AI PRINCIPI DI DIRITTO COMUNITARIO. DIFETTO DI ISTRUTTORIA. CONTRADDITTORIETA" MANIFESTA. VIOLAZIONE DELLE DIRETTIVE 75/362 E 74/363 E 93/16 DEL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, ANCHE IN RELAZIONE AGLI ARTT. 3 E 4 COSTo

a) Le considerazioni che precedono, rendono chiaro ed evidente come la determinazione del numero programmato per il Corso di cui trattasi sia stata viziata da una carente istruttoria. A tale fine è sufficiente leggere i DM 3/7/2009 e 4/8/2009. Da questi emerge che non solo il MIUR non ha tenuto conto del fabbisogno di livello comunitario, ma ha addirittura errato (per difetto) nella determinazione del contingente con riferimento al fabbisogno nazionale, evidenziando una grave carenza di istruttoria!

In mancanza delle indicazioni derivanti dall’ Accordo GovernoRegioni, il MIUR non poteva definire la programmazione degli accessi al corso di cui trattasi.

Difatti lo stesso MIUR, in modo assolutamente contraddittorio, ammette che al momento della determinazione del numero programmato non era stato ancora definito l’Accordo suddetto e che quindi i dati sui quali è stato fissato il numero programmato erano indubbiamente parziali e provvisori.

b) Ma occorre tenere presente anche un altro elemento che evidenzia la illegittimità dei provvedimenti impugnati.

In sede di CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO, LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO in data 25/3/2009 è stato sottoscritto un Accordo tra Governo e Regioni concernente la determinazione del fabbisogno per il SSN (e quindi esclusi i liberi professionisti) di medici specialisti da formare per il triennio accademico 2008/092009/102010/11.

Ed invero esaminando i dati dei precedenti anni accademici si può affermare la tendenza ad un progressivo aumento del fabbisogno anche di odontoiatri e pertanto è chiaro che il MIUR ha sottostimato il fabbisogno nazionale che risulta di soli 690 unità!

Ma il MIUR anziché interpellare le Università al fine di valutare un eventuale aumento del contingente in base alla possibilità di ampliamento delle strutture, non vi ha provveduto.

Nella programmazione dei posti disponibili non sono state indicate le motivazioni che hanno determinato tale "fabbisogno".

4) VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 33, 34 E 35 COSTo ILLEGITTIMITA COSTITUZIONALE DELL’ART. 3 L. 264/99. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI COMUNITARI IN TEMA DI LIBERA CONCORRENZA.

Il MIUR ha stravolto il valore ed i principi previsti dalla L. 264/99 e dalla Corte Costituzionale. Fra l’altro … limitare l’accesso ai corsi universitari in funzione dello sbocco lavorativo oltre a sminuire il ruolo e la funzione del sistema universitario italiano, preclude lo sviluppo della ricerca scientifica il cui valore è tanto declamato quanto in concreto sottovalutato.

Ma il MIDR ha tenuto in considerazione la possibilità che una certa percentuale di studenti potrebbe non esercitare mai la professione?

Da qui l’illegittimità degli atti impugnati.

5) ULTERIORE ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA CON RIFERIMENTO ALL’ ART. 3 L. N. 264/99

Nel D.M. 3/7/2009 con cui il Ministro ha determinato il numero di posti disponibili a livello nazionale per l’ammissione ai corsi di laurea specialistica in Odontoiatria e Protesi Dentaria per l’a.a. 2009/2010, non si rinviene alcun elemento da cui si possa desumere in che modo siano stati considerati i criteri indicati.

In particolare, non si riesce a comprendere l’iter seguito per giungere alla determinazione finale. Invero dall’ esame degli atti emerge la mancata valutazione, da parte del Ministro, degli elementi che il legislatore ha espressamente indicato per una corretta determinazione del numero di accessi ai corsi universitari a numero programmato a livello nazionale.

L’Amministrazione ha proceduto in modo del tutto approssimativo e generico e soprattutto NON HA TENUTO CONTO DELLE INDICAZIONI FORNITE DALLE STESSE UNIVERSITÀ. Il Ministero, nel decreto impugnato, ha programmato un numero inferiore a quello proposto dalle Università con la sola finalità di contenere il numero delle immatricolazioni in considerazione delle esigenze degli ordini professionali. La violazione della L. n. 264/99 è talmente palese – soprattutto se si tiene conto che si verte in tema di diritti di rilevanza costituzionale – che non richiede ulteriori commenti.

6) ULTERIORE VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA L. N. 264/99. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE. TRAVISAMENTO DEI FATTI E MANIFESTA ILLOGICITA’

In sede di determinazione del proprio potenziale formativo, tuttavia, il Consiglio di Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Siena non si è attenuto ai suddetti parametri di valutazione, come peraltro è avvenuto nella quasi totalità degli atenei. Difatti l’organo Accademico si è limitato a "ratificare" quanto richiesto dall’Ufficio Ordinamenti Didattici senza alcuna motivazione.

Così l’Università ha determinato il numero di accessi al primo anno del corso di laurea specialistica in Odontoiatria e Protesi Dentaria, per l’a.a. 2009/2010, non sulla base delle risorse effettivamente disponibili per il predetto corso, bensì con riferimento indistinto alle risorse a disposizione di tutti i corsi attivati dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia. Da qui il lamentato vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione.

7) ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELL’ART. 3 DELLA L. N. 264/99 IN PARTE DE QUA PER CONTRASTO CON GLI ARTT. 3, 33, 34 e 97 COST.

L’art. 3 comma 1 della L. n. 264/99 stabilisce che il Ministro definisce con regolamento la determinazione del numero dei posti a livello nazionale (lett. a) e la ripartizione dei posti tra le varie università (lett. b) tenendo conto dell’offerta potenziale del sistema universitario; la valutazione dell’offerta potenziale d ciascun Ateneo viene quindi svolta sulla base dei parametri indicati dal successive comma 2.

Considerando i provvedimenti impugnati si deve ipotizzare che la citata normativa debba essere interpretata nel senso che la valutazione dell’offerta potenziale sia svincolata dalla domanda formativa e che quindi sia rimessa alla mera discrezionalità dell’ Amministrazione; peraltro, fra i parametri indicati dall’art. 3 comma 2 L n. 264/99, non vi è effettivamente alcun cenno alla valutazione della domanda di istruzione (che fra l’altro potrebbe facilmente essere determinata sulla base delle attività di orientamento e di preiscrizione previste dal precedente comma 1). In tale ipotesi però la normativa si pone in contrasto con i principi costituzionali del diritto all’accesso agli studi per tutti ( artt. 33 e 34 Cost.) e con il principio della funzione sociale del diritto allo studio ( art. 3 Cost.). E’ del tutto irrazionale ed illogico che nel rapporto fra offerta e domanda formativa non si debba tener conto della seconda; l’offerta deve essere sempre funzionalizzata alla domanda; una normativa che consenta la determinazione dell’offerta prescindendo dalla domanda si deve pertanto ritenere anche censurabile per illogicità ( art. 97 Cost.)

In tale contesto è fuor di dubbio che la limitazione alle immatricolazioni al primo anno dei corsi a numero programmato debba considerarsi del tutto eccezionale. Nella loro funzione pubblicistica le Università hanno il preciso compito di dotarsi di strutture adeguate a far fronte alla crescente domanda formativa che non può e non deve essere disattesa. Tale funzione viene garantita dall’art. 33 u.c. Cost. che nconosce alle Università l’autonomia statutaria. Ma, l”autonomia universitaria" è comunque funzionale a garantire l’effettività del diritto allo studio.

Ne consegue che la L. n. 264/99, se l’interpretazione che ne ha dato l’Amministrazione si deve ritenere esatta, è in palese contrasto proprio con l’art. 33 u.c. Cost. laddove attribuisce alle Università il potere di stabilire autonomamente l’offerta formativa senza tener conto della domanda formativa.

8) ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DEGLI ARTT. 1, 3 E 4 DELLA L. 2/08/1999 N. 264 PER CONTRASTO CON GLI ARTT. 2, 3, 4, 32, 33 e 34 COST. ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELL’ART. 6TER DEL DLGS 30/12/1992 N. 502, COME MODIFICATO DALL’ ART. 6 COMMA 1 DEL DLGS 19/6/1999 N. 229, PER CONTRASTO CON GLI ARTT. 2 E 33 COST.

La limitazione all’accesso alle Università come ha affermato la Corte Costituzionale può essere quindi consentita solo eccezionalmente e temporaneamente quando si renda necessario per consentire un effettivo esercizio del diritto allo studio.

In nessun modo può essere imposta alcuna limitazione per altre ragioni come quella di limitare l’accesso alle professioni sanitarie.

Sotto tale profilo anzi lo Stato deve garantire il diritto alla salute ( art. 32 Cost.) e quindi anche per tale ragione deve garantire l’adeguamento delle strutture universitarie non solo per realizzare il diritto allo studio per tutti, !!!!. anche per realizzare un’effettiva tutela del diritto alla salute (che non può identificarsi con la pretesa delle corporazioni di limitare l’accesso alle professioni).

Quindi, come già in precedenza detto la normativa di cui all’art. 3 deve essere interpretata nel senso che l’individuazione del contingente nazionale da parte del Ministero deve tenere conto del "fabbisogno di professionalità" sia nazionale che comunitario inteso come criterio minimo che deve essere garantito; in buona sostanza il "fabbisogno" deve essere inteso come soglia minima necessaria per coprire adeguatamente il fabbisogno sociale di medici.

In altri termini un’interpretazione della norma che consentisse al MIUR di limitare gli accessi al corso de qua sulla base del fabbisogno massimo di professionisti, sarebbe in palese contrasto non solo con gli artt. 33 e 34 Cost., ma anche con l’art. 32 Cost.; difatti la norma costituzionale tutela il diritto alla salute e alla assistenza sanitaria e pertanto una norma che limitasse il numero massimo dei odontoiatri e non garantisse invece il numero minimo necessario per rendere effettiva detta tutela, sarebbe incostituzionale.

Invero il "fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo" non può che costituire un criterio di garanzia di un numero minimo di professionisti necessari per garantire alla collettività la tutela del diritto alla salute.

Una tale interpretazione sarebbe illogica anche sotto il profilo dell’accesso al lavoro; di fatti se lo Stato ritiene, in palese violazione dei principi della libera iniziativa ( art. 41 Cost.), di intervenire per limitare l’accesso alle attività professionali, in tale caso non può intervenire per alcune attività e non per tutte; difatti è di tutta evidenza che l’intervento parziale per limitare l’accesso per alcune attività si traduce in una illogica distorsione degli accessi alle attività professionali con la conseguenza di una limitazione per alcuni settori ed una esposizione forzata di altre.

9) VIOLAZIONE DEI PRINCIPI IN MATERIA CONCORSUALE. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELLA PAR CONDICIO FRA I CANDIDATI. VIOLAZIONE DELL’ ART. 4 L. 264/94 E DEGLI ARTT. 97,3,33 COSTo VIOLAZIONE DEL D.P.R. 3/5/1957, n. 686 E DEL DPR 487/1994

La selezione si è svolta modo irregolare senza alcuna garanzia di segretezza e di par candicio e dei principi generali in materia concorsuale.

Invero il MIUR si è limitato a delegare tutta la gestione organizzativa al CINECA di Bologna senza però indicare allo stesso le procedure necessarie al fine di garantire la massima correttezza e segretezza delle operazioni e quindi la par condicio per una selezione di cosÌ rilevante importanza per migliaia di cittadini.

Nessuna garanzia è prevista per la fase più delicata della selezione ovvero la valutazione degli elaborati che è stata delegata in toto al CINECA.

In particolare dal momento in cui i plichi contenenti le prove dei candidati vengono consegnati al CINECA al momento in cui lo stesso restituisce i moduli delle risposte, non è stata prevista alcuna forma di garanzia, nessuna Commissione che assicuri la regolarità delle operazioni (delicatissime) di apertura dei plichi.

In buona sostanza chi ha aperto i plichi, ha effettuato gli abbinamenti, ha verificato la regolarità del confezionamento dei plichi?

Di tutto ciò nulla si sa. Manca qualsiasi garanzia di segretezza ed imparzialità: chiunque difatti può manipolare le schede con le risposte senza alcun rischio di controllo.

È paradossale che si preveda l’istituzione di apposite Commissioni giudicatrici (v. bando) che poi di fatto non svolgono il proprio compito istituzionale che viene delegato ad un soggetto terzo (il CINECA) che non offre alcuna garanzia di imparzialità.

A tal fine è sufficiente ricordare che l’art. 14 del DPR 487/1994 al comma 5 prevede espressamente che i pieghi sono aperti alla presenza della commissione esaminatrice.

Nella fatti specie la Commissione giudicatrice non ha aperto i plichi… ma si è limitata ad inviarli al CINECA che poi ha restituito i moduli con la valutazione dei quiz.

Tutto ciò viola la par condicio tra i candidati, la trasparenza, la segretezza e la regolarità della prova, regola imposta peraltro dai principi generali in materia di concorsi richiamati dallo stesso DM 18/6/2009.

10) ECCESSO DI POTERE PER DISPARITÀ" DI TRATTAMENTO. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’ AFFIDAMENTO. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI REGOLARITÀ E CORRETTEZZA DELL’ESAME E DELLA PAR CONDICIO.

La presenza dei quesiti non correttamente formulati e/o con risposte inesatte ha alterato il regolare svolgimento della prova di esame.

Ad esempio il Ministero con riferimento al quesito 54 ha indicato come risposta esatta una risposta errata; il quesito stabiliva:

"L’ATROPINA È UN FARMACO IN GRADO DI DILATARE LA PUPILLA, DI ACCELERARE IL BATTITO CARDIACO E DI PROVOCARE UN AUMENTO DELLA PRESSIONE SANGUIGNA. INDICA SU QUALE COMPONENTE DEL SISTEMA NERVOSO AGISCE:

A) sistema nervoso simpatico (indicata dal MIUR come risposta corretta)

B) sistema nervoso centrale

C) sistema nervoso parasimpatico (risposta corretta)

D) sistema nervoso somatico

E) sistema nervoso periferico"

Ma l’atropina è un parasimpatico litico e agIsce bloccando il sistema parasimpatico, pur avendo come conseguenza effetti di tipo simpatico; pertanto alla domanda "su quale componente del sistemà agisce" doveva essere ritenuta corretta la risposta C) e non la A). Sono gli effetti che sono tipici del simpatico e non la sede di azione. Dunque la risposta indicata dal MIUR è errata o quantomeno dubbia rispetto alla C).

Dunque la domanda è mal formulata.

Visto il D.M. 18 giugno 2009 e visto il bando, la ricorrente però faceva affidamento sulla circostanza che ciascuna domanda avesse una ed una sola risposta esatta. La ricorrente dopo la lettura delle suddette domande ha impiegato molto tempo per individuare e scegliere la risposta da dare.

La circostanza che vi fossero domande mal formulate ed in più con più risposte ambigue, ha indubbiamente falsato la prova della ricorrente che non si è potuta concentrare su altri quesiti (considerando che ai sensi dell’art. 3, V comma del D.M. 18/6/2009, per lo svolgimento della prova era assegnato il tempo di 135 minuti (con una media di 1,6 minuti a domanda); si ricordi che la ricorrente è rimasta esclusa solo per un punto!

E difatti la ricorrente ha errato o non ha risposto proprio a quelle domande con risposte ambigue o non corrette.

In sintesi il punteggio complessivo conseguito è stato inferiore a quello che la ricorrente avrebbe conseguito nel caso in cui tutti i quesiti fossero stati regolarmente formulati.

Non solo. A causa della non correttezza della formulazione dei quesiti la ricorrente si è notevolmente confusa ed innervosita; la ricorrente ha messo in discussione la propria preparazione complessiva alla quale aveva dedicato molto tempo e molte energie vista l’importanza di essere ammessi al corso di laurea. Tutto ciò ha alterato lo svolgimento della prova.

Ciò ha notevolmente avvantaggiato tutti i candidati che non erano molto preparati e che, non conoscendo la risposta esatta ai quesiti, rispondevano alle domande affidandosi al caso.

11) VIOLAZIONE DELLA L. 241/90 CON RIFERIMENTO AGLI ART. 97 E 54 COST SOTTO ALTRO PROFILO.

Da quanto sin qui esposto emerge altresì la assoluta incapacità tecnica della Commissione che ha predisposto i test. Non v’è dubbio che ciò ha comportato per i candidati un dispendio di energie e di tempo prezioso, ma soprattutto ha evidenziato gravi carenze da parte del Ministero; in tal modo i candidati sono stati costretti a soffermarsi molto tempo sui dati forniti nelle risposte alterando la regolarità della selezione.

12) ULTERIORE VIOLAZIONE DEI PRINCIPI IN MATERIA CONCORSUALE E DI CORRETTEZZA DEL PROCEDIMENTO. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELLA P AR CONDICIO FRA I CANDIDATI. VIOLAZIONE DELL’ART. 4 L. 264/94 E DEGLI ARTT. 97,3,33 COSTo

Tuttavia ad abudantiam si deve osservare come il procedimento delineato dal MIUR nel DM 20/04/2005 in merito allo svolgimento delle prove selettive evidenzia palesi irregolarità.

In primo luogo la violazione della segretezza. Dalla semplice lettura delle modalità organizzative del test indicate nel citato DM, emerge con tutta evidenza come non siano state minimamente indicate le procedure dirette a garantire la segretezza dei quesiti posti ai candidati. Ad esempio non è dato sapere dove i plichi contenenti. i quiz sono stati custoditi, chi sono stati i responsabili, chi ha garantito la segretezza durante la stampa dei quiz, ecc. Inoltre l’art. 4 L. 264/94 richiede che l’accesso ai corsi a numero programmato sia possibile previo superamento di una prova di "cultura generale" sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore.

E’ evidente quindi che la selezione deve avere per oggetto l’accertamento della cultura generale del candidato tenendo però presente come criterio base "i programmi della scuola superiore".

Nella fatti specie però le domande formulate dal MIUR sono al di fuori delle capacità di un candidato che proviene dalla scuola secondaria superiore.

Si costituisce in giudizio l’Amministrazione resistente che nel controdedurre alle censure di gravame, chiede la reiezione del ricorso.

Motivi della decisione

Si prescinde dall’esame delle questioni pregiudiziali data la palese infondatezza del gravame.

Con il primo, terzo quinto e sesto motivo di gravame parte ricorrente censura gli atti impugnati per difetto di motivazione e di istruttoria, lamentando che il Ministero, a fronte di una capacità recettizia di almeno 26 posti avrebbe illegittimamente operato una ulteriore riduzione portandola a 19 posti senza alcuna motivazione e non supportata da alcuna (reale) attività istruttoria non tenendo nel debito conto delle indicazioni fornite dalla stessa Università con l’ulteriore circostanza che il Consiglio di Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Siena si sarebbe limitato a "ratificare" quanto richiesto dall’Ufficio Ordinamenti Didattici senza alcuna motivazione.

Le doglianze sono prive di fondamento sia sotto il profilo motivazionale e della carenza istruttoria sia sotto quello dell’affermazione secondo cui il Decreto Ministeriale 3 luglio 2009, con cui è stato determinato il numero dei posti disponibili a livello nazionale per le immatricolazioni al Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e Protesi Dentaria, per l’anno accademico 2009/2010, nonché disposta la ripartizione dei posti stessi fra le singole sedi universitarie, sarebbe illegittimo in quanto adottato senza che fossero effettuati accertamenti precisi sulle potenzialità della sede universitaria resistente.

Ed invero, come evidenziato giustamente dall’Avvocatura generale dello Stato, il Ministero, infatti, ha seguito l’iter disciplinato dalla legge per la definizione dei posti a livello nazionale ed ha motivato le proprie determinazioni con riferimento agli atti endoprocedimentali intervenuti ed alle considerazioni e decisioni degli Atenei, conformemente a quanto stabilito dall’ art. 3 della Legge 264/1999.

Si fa, invero, riferimento, nel decreto ministeriale, alle considerazioni espresse in data 21 aprile 2009 dall’ Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato; ai dati acquisiti dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali in vista dell’Accordo StatoRegioni; alle osservazioni ed alle proposte "formulate dal Gruppo tecnico insediato presso il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca ai fini della programmazione dei corsi universitari per il prossimo anno accademico, di cui fanno parte i rappresentanti del Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali, della Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome, del Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario, dell "Osservatorio delle Professioni sanitarie, i Presidenti delle Conferenze dei Presidi delle Facoltà di Medicina e Chirurgia e di Medicina Veterinaria, della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri e della Federazione degli Ordini dei Veterinari Italiani"; alla nota del Presidente del Comitato di valutazione del sistema universitario in data 19 giugno 2009 "con cui fa rinvio alle indicazioni espresse dai componenti dello stesso Comitato nell’ambito del predetto Gruppo tecnico.

Le relative determinazioni, anche sul piano motivazionale, integrano l’atto ministeriale in questione.

E’ stato, poi, espressamente precisato, nelle premesse del contestato D.M., che "per garantire la formazione professionale di qualità degli odontoiatri sono necessarie esercitazioni specifiche "," che "per le medesime devono risultare indispensabili l’utilizzo, da parte di ciascuno studente, di una unità operativa complessa, C.d. riunito, nonché la presenza di personale docente, di tutor e di laboratori ",: che occorre, infine, considerare "il fattore di criticità risultante dall "anno di fabbricazione di alcuni riuniti, la percentuale del loro utilizzo quando trattasi di poltrone attrezzate in convenzione e la loro ubicazione in strutture poste a distanza dalla sede del corso di laurea, quali elementi che incidono in maniera preponderante per la formazione clinica professionalizzante".

Ciò stante, non si può parlare di carenza di motivazione o di istruttoria inadeguata.

Il decreto, infatti – anche ad ammettere la necessità di motivazione per un atto, quale esso è, di carattere generale (cfr., in tema, T.A.R. Lazio Roma, sez. III bis, 31.08.2004, n. 8125) – esplica in termini chiari e perspicui l’iter logico giuridico seguito (e l’istruttoria esperita) per la determinazione dei posti disponibili per l’accesso al corso di laurea m oggetto.

Né in sede di ricorso introduttivo parte ricorrente si sofferma sulla sua posizione di interesse a vulnerale la determinazione dei posti disponibili con specifico riferimento alla sua collocazione in graduatoria.

Anzi sul punto l’Università di Siena, in adempimento agli incombenti istruttori ha chiarito che:

– «…. il Senato Accademico aveva deliberato relativamente all’Offerta Formativa nella seduta del 7 maggio 2009.

– «….Nella seduta del 26.05.2009 del Consiglio di Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Siena, è stato deliberato di poter accogliere, per l’A.A. 2009/2010, una domanda complessiva di studenti iscrivibili al primo anno non superiore a n.26, di cui n.1 destinati agli studenti stranieri residenti all’ estero, tenuto conto delle risorse e strutture di cui alle schede allegate alla delibera stessa. Il Ministero poi, con D.M. 3.07.2009, ha assegnato a questo Ateneo 19 posti per l’ammissione al primo anno.

– «…La ricorrente è risultata essere al numero 63 della graduatoria locale. Successivamente, a seguito dello scorrimento della graduatoria, conformemente a quanto previsto dall’ art.3 del D.R. di approvazione degli atti concorsuali citati dovuto alla presenza di posti resisi vacanti, a causa della mancata iscrizione di alcuni vincitori, la Sig.na Cutini è risultata ricoprire il posto n. 26… (ultima graduatoria del 9.12.2009)

– «….La circostanza lamentata da controparte, di essere rimasta fuori per un solo punto non ha alcuna rilevanza, infatti in un solo punto possono essere ricomprese più posizioni.

– «…. anche a voler ipotizzare che il Ministero avesse fissato il contingente numerico nella misura uguale all’Offerta Formativa avanzata da questa Università (26 posti), e pur nella considerazione che a seguito dell’ultimo scorrimento della graduatoria di merito, la ricorrente risulti collocata al 26° posto, come già detto, la stessa non sarebbe comunque rientrata nel contingente del numero dei posti disponibili che sarebbero stati solo 25.

– «…Un posto, infatti, risultava riservato a studenti extracomunitari non residenti in Italia, come da bando di concorso all’ art.1…»

Del pari infondate si appalesano le doglianze contenute nel secondo, quarto, settimo ed ottavo motivo di gravame.

A tale riguardo parte ricorrente contesta, in primo luogo, il criterio del "’fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo", in quanto generico ed indeterminato, contrario a norme costituzionali e comunitarie, riferito al solo livello nazionale e non a quello comunitario.

Lamenta la illegittimità del Decreto Ministeriale 3 luglio 2009 in quanto risulta essere stato adottato senza uno dei necessari atti presupposti, prescritti dalla n. 264/1999.

La medesima afferma, in particolare, che l’intestato Ministero, con il predetto decreto, "avrebbe dovuto… determinare il numero complessivo dei posti a livello nazionale e la ripartizione di questi tra i singoli atenei, non solo in base alle capacità ricettive di ogni singolo ateneo, ma, ai sensi dell "art. 3, comma l, letto a), anche in ragione del fabbisogno sanitario nazionale, relativo alla professione di odontoiatra per l’anno accademico 2009 – 2010, effèttuata dal Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali ai sensi dell "arI. 6 ter del D. Lgs. n. 502/1992 e successive modifiche".

"Ebbene – aggiunge l’istante – alla data del presente decreto la rilevazione effettuata dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali ai sensi dell’art. 6 ter del D. Lgs. 502/1992 e successive modifiche, non si era ancora tradotta in Accordo formale in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome e, pertanto, stante la necessità di emanare il presente decreto per consentire la pubblicazione del bando di concorso da parte degli Atenei nel rispetto di quanto disposto dall’art. 4, comma l, della legge n. 264/1999, il Ministero ha determinato il numero dei posti senza tenere conto del prescritto fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo ".

A tale riguardo l’Avvocatura generale dello Stato controdeduce correttamente come nelle premesse del contestato D.M. sia stata, infatti, affermata la necessità di tener conto "anche del fabbisogno sanitario delle singole Regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’art. 3, comma 1 della… legge n. 264/1999".

A tal fine, sono stati considerati i dati acquisiti dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali in vista dell’Accordo Stato Regioni (non ancora intervenuto alla data del decreto in questione); dati che "palesano un "esigenza nazionale inferiore alla potenzialità formativa del sistema universitario, deliberata dagli organi accademici con espresso riferimento ai parametri di cui all’articolo 3, comma 2, lettere a), b), c) della richiamata legge n. 264".

E’ stato precisato che "per garantire la formazione professionale di qualità degli odontoiatri sono necessarie esercitazioni specifiche"; che "per le medesime devono risultare indispensabili l’utilizzo, da parte di ciascuno studente, di una unità operativa complessa, c.d. riunito, nonché la presenza di personale docente, di tutor e di laboratori"; occorre, infine, considerare "il fattore di criticità risultante dall’anno di fabbricazione di alcuni riuniti, la percentuale del loro utilizzo quando trattasi di poltrone attrezzate in convenzione e la loro ubicazione in strutture poste a distanza dalla sede del corso di laurea, quali elementi che incidono in maniera preponderante per la formazione clinica professionalizzante ".

Sulla base delle riferite considerazioni, l’intestato Ministero ha ritenuto "di determinare per l’anno accademico 2009/2010 il numero dei posti disponibili a livello nazionale per l’ammissione al corso di laurea specialistica/magistrale in odontoiatria e protesi dentaria in ragione di una riduzione percentuale operata rispetto alla programmazione del! "anno accademico precedente ".

Dalla lettura del decreto emerge pertanto la correttezza dell’ operato del Ministero, che ha dato attuazione alla specifica normativa di settore, nella consolidata interpretazione confermata anche dalla più recente giurisprudenza amministrativa.

D’altra parte evidenzia altresì la difesa erariale come le restrizioni numeriche poste all’accesso ad alcuni corsi universitari, come appunto quello del caso di specie, trovano ragione nell’obbligo dello Stato italiano di assicurare adeguati livelli e standard di formazione minimi "a garanzia che i titoli universitari rilasciati attestino il possesso effettivo delle conoscenze necessarie ali "esercizio delle attività professionali corrispondenti, cosi come richiesto da varie direttive comunitarie concernenti il reciproco riconoscimento, negli Stati membri, dei titoli stessi e il diritto di stabilimento, dei professionisti, negli Stati dell’Unione" (Corte Costituzionale, 27 novembre 1998, n. 383).

Ciò, necessariamente, presuppone che tra la disponibilità di strutture e il numero di studenti vi sia un rapporto di congruità in relazione alle specifiche modalità di apprendimento.

Un eventuale affollamento di popolazione universitaria, quantitativamente sproporzionata rispetto alle concrete potenzialità didattiche delle facoltà mediche – le cui risorse non sono di fatto illimitate – potrebbe comportare, infatti, problemi di efficienza, nell’insegnamento di una disciplina caratterizzata da una marcata valenza professionale; problemi che fatalmente sarebbero destinati a tradursi in un pregiudizio proprio per quei soggetti più capaci e meritevoli che la Costituzione intende garantire, oltre che per lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica (cfr., T.A.R. Emilia Romagna Parma, sez. I, 18.12.2007, n. 638; T.A.R. Lazio Roma, sez. III bis, 08.03.2006, n. 1842).

In tale quadro, la Legge n. 264/1999 prevede che la determinazione annuale del numero dei posti disponibili per i corsi universitari come quello di specie sia programmata a livello nazionale, "sulla base della valutazione dell’offerta potenziale del sistema universitario, tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo" (art. 3, comma l, lett. a).

Da ciò consegue, prosegue la difesa erariale, che il criterio del "fabbisogno" di medici svolge un ruolo secondario ed eventuale, "operando come criterio potenzialmente limitativo del numero degli accessi solo in caso di fabbisogno di professionalità minore dell "offerta potenziale valutata sulla scorta dei parametri previsti dalla legge" (T.A.R. Toscana, sez. I, 3 marzo 2009, n. 365; cfr. C.d.S., sez. VI, 29 aprile 2008, n. 1931: "il criterio del fabbisogno di medici… non viene in rilievo alla pari dell’altro, ma è soltanto secondario, eventuale e dipendente da una possibilità che non è reale: quella di una disponibilità cosi ampia di offèrta formativa, da suggerirne una compressione per non saturare eccessivamente la professione e il mercato "), circostanza, questa appena indicata, che si è appunto verificata nel caso di specie e che risulta compiutamente evidenziata nel testo del Decreto.

Affermata la necessità di tener conto "anche del fabbisogno sanitario delle singole Regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’art. 3, comma 1 della… legge n. 264/1999", è stato, infatti, espressamente precisato, nelle premesse del D.M., che i dati considerati al riguardo (acquisiti dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali in vista dell’ Accordo Stato – Regioni) "palesano un "esigenza nazionale inferiore alla potenzialità formativa del sistema universitario, deliberata dagli organi accademici con espresso riferimento ai parametri di cui ali "articolo 3, comma 2, lettere a), b), c) della richiamata legge n. 264 ".

Né può sostenersi in secondo luogo che l’istituzione del numero chiuso a livello nazionale costituisca di fatto una violazione della normativa comunitaria in tema di libera circolazione dei medici ed odontoiatri.

Sia in Italia che negli altri Stati dell’Unione Europea che adottano misure simili all’istituto del "numero chiuso", nessun limite viene posto al libero esercizio della professione di odontoiatra.

Il numero programmato pone, infatti, una non irragionevole limitazione al numero di iscritti in ambito nazionale al corso di laurea de quo e non all’esercizio della libera professione.

Nessuna norma comunitaria vieta il numero chiuso; le direttive concernono il reciproco riconoscimento dei titoli sulla base di standard di formazione minima a garanzia di un reale possesso delle conoscenze necessarie allo svolgimento della professione, ma lasciano agli Stati di determinare gli strumenti, i mezzi e le modalità più opportune per adempiere all’obbligo di risultato imposto dalla normativa comunitaria (cfr. C.d.S. n. 1931/2008; nonché T.A.R. Toscana n. 365/2009).

Peraltro l’affermazione di principio contenuta nell’art. 2 del protocollo addizionale della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, secondo la quale "il diritto all’istruzione non può essere rifiutato a nessuno", non può essere tradotta automaticamente, come più volte rilevato dalla Corte Costituzionale, nell’affermazione che il diritto allo studio appartenga a tutti i cittadini indiscriminatamente. A tale proposito già questa Sezione con sentenza 10.01.2006, n. 189 ha avuto modo di ribadire che "è ben vero che in linea di massima il diritto all’istruzione non può essere rifiutato al nessuno, ma tale affermazione, che discende anche da un principio costituzionale. è stata accolta e regolamentata dalla normativa statale di riferimento, la cui legittimità costituzionale è già stata riconosciuta proprio in relazione ai limiti di accesso a determinate facoltà universitarie. Sulla base di tale principio, peraltro, tutti i richiedenti sono stati ammessi a sostenere le prove di selezione, ma solo coloro che sono risultati graduati entro il limite dei posti legittimamente programmati sono stati ammessi al corso di laurea. Si tratta di una limitazione che non può determinare alcun sospetto di illegittimità costituzionale del sistema, in considerazione delle ragioni che impediscono, anche alla stregua di norme e principi comunitari, iscrizioni indiscriminate e sovradimensionate rispetto alle potenzialità del sistema universitario".

Quanto in terzo luogo alle sollevate questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 3 E 4 della L. 2/08/1999 N. 264 per contrasto con gli artt.. 2, 3, 4, 32, 33 e 34 Cost. e dell’art.6ter del Dlgs 30/12/1992 n. 502, come modificato dall’art.6 comma 1 del Dlgs 19/6/1999 n. 229, per contrasto con gli artt. 2 e 33 Cost, deve ribadirsi come altre volte già rilevato che la questione di legittimità costituzionale della normativa sul c.d. "numero chiuso universitario" è stata sostanzialmente già affrontata nella nota decisione della Corte Costituzionale n. 383 del 27 novembre 1998, che ha dichiarato non fondate analoghe questioni sollevate in riferimento agli artt. 3, 33, 34 e 97 della Costituzione.

Le restrizioni numeriche poste all’accesso ad alcuni corsi universitari, come appunto quello che ne occupa, trovano ragione nell’ obbligo dello Stato italiano di assicurare adeguati livelli e standard di formazione minimi "a garanzia che i titoli universitari rilasciati attestino il possesso effettivo delle conoscenze necessarie ali "esercizio delle attività professionali corrispondenti, così come richiesto da varie direttive comunitarie concernenti il reciproco riconoscimento, negli Stati membri, dei titoli stessi e il diritto di stabilimento, dei professionisti, negli Stati dell "Unione ".

Come ripetutamente evidenziato anche da questa Sezione, l’art. 34 Cost., pur sancendo il diritto dei "capaci e meritevoli" di raggiungere i gradi più alti degli studi, non comporta che l’accesso all’istruzione universitaria debba essere garantito senza condizioni ed indiscriminatamente a tutti i cittadini.

Invero, tale diritto, al pari di altre libertà e diritti della personalità di rilievo costituzionale, non può essere riconosciuto in modo assoluto e generalizzato, ma deve trovare necessario contemperamento con altre rilevanti esigenze, di pari importanza – quale, ad esempio, quella di evitare il sovraffollamento – rivenienti da direttive comunitarie che impongono un preciso obbligo di risultato che gli Stati membri sono chiamati ad adempiere, predisponendo misure adeguate a garanzia delle previste qualità teoriche e pratiche dell’ apprendimento.

Sicché la corretta previsione e disciplina del c.d. numero chiuso "non costituisce un’arbitraria limitazione del diritto allo studio, ma una garanzia di qualità dell’insegnamento secondo gli standard europei»(cfr.,, T.A.R. Toscana, sez. I, 3 marzo 2009, n. 365).

Per quanto concerne, in quarto luogo, la lamentata violazione dell’autonomia universitaria, sul rilievo che i criteri selettivi, le modalità di svolgimento delle prove ed il contenuto dei test sarebbero stati fissati a livello nazionale esautorando gli Atenei, già questa Sezione ha chiarito (T.A.R. Lazio Roma, sez. III bis 10.01.2006, n. 189) come "la legge n. 264/1999, che è fonte primaria, demanda a decreti ministeriali la determinazione delle modalità e dei contenuti delle prove… All’Università, nella materia che ne occupa, è affidato un compito decisivo nella determinazione dei posti disponibili per ciascun corso di laurea, ma non va dimenticato che il Ministero, anche dopo la riforma universitaria, mantiene un potere di coordinamento del sistema, e non è comunque irrazionale che al Ministero stesso sia riservato dalla legge… un potere di disciplina per la regolamentazione in modo uguale per l’intero territorio nazionale delle modalità e delle prove d’accesso a corsi il cui numero viene programmato appunto a livello nazionale. Ogni questione di legittimità costituzionale… della normativa suddetta, appare quindi manifestamente infondata, dovendosi considerare, tra l’altro, che l’art. 33 della Costituzione postula che l’autonomia delle Università si spieghi comunque nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. L’intervento statale è dunque giustificato quando si reputi che alcune materie, richiedendo valutazioni d’insieme, non possono essere rimesse alla autonomia dei singoli Atenei. Tale essendo la disciplina legittimamente applicabile nella materia di specie, non vale richiamare (come, peraltro, fa anche la ricorrente nell’ atto introduttivo del giudizio) le disposizioni di carattere generale contenute nel regolamento n. 509/92 concernente l’autonomia universitaria, che con le disposizioni specifiche il questione (ricollegabili… a fonti primarie) non contrastano ma vanno invece coordinate" (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 14.10.2005, n. 8608; Id., sez. III bis 08.11.2004, n. 12668; Id., sez. III bis, 31.08.2004, n. 8125; Id., sez. III bis 19.05.2004, n. 4727; Id., sez. III bis, 09.03.2004, n. 2209).

Con il nono e dodicesimo motivo di gravame si lamenta la violazione del principio della par condicio posto che nessuna garanzia sarebbe prevista per la fase più delicata della selezione ovvero la valutazione degli elaborati che è stata delegata in toto al CINECA (nono motivo) con violazione della segretezza delle prove e dei quesiti posti ai candidati senza menzione dei responsabili, garanti della segretezza (dodicesimo).

Le doglianze sono prive di consistenza.

Deve al riguardo osservarsi che in assenza di statuizioni prescrittive di livello primario non si rinviene alcun obbligo a carico della Commissione ministeriale, trattandosi di una fase tecnica di elaborazione dei dati che la stessa legge attribuisce alla gestione di operatori tecnici, nell’ambito della quale è escluso qualsiasi giudizio di valutazione individuale da parte dei componenti la Commissione: salvo quello di apprestare le dovute iniziative volte a tutelare la segretezza delle operazioni.

Trattasi in sostanza di meri fatti o atti tecnici prodromici alla fase procedimentale propriamente detta, per la quale la norma primaria non prescrive alcun obbligo procedimentale ed in assenza di statuizioni normative al riguardo, il loro svolgimento deve solo ispirarsi al principio della garanzia della segretezza delle prove.

Né parte ricorrente fornisce alcun elemento teso a dimostrare la violazione del principio della segretezza delle prove e sotto tale profilo la doglianza risulta generica.

Quanto alla contestazione del tipo di prove prescelte e alla presenza di quesito non correttamente formulato e/o con risposte inesatte contrassegnato dal n. 54 ed a domande formulate al di fuori delle capacità di un candidato (decimo udicesimo e dodicesimo motivo), le censure dedotte risultano prive di fondamento alla stregua della discrezionalità amministrativa nella specie esercitata dalla P.A. insindacabile in questa sede risolvendosi in censure tese a censurare il merito dell’azione amministrativa o risolventesi in affermazioni del tutto indimostrate costituenti mere allegazioni di parte.

Sulla base delle suesposte considerazioni, il ricorso va respinto.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio, ivi compresi diritti ed onorari.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) definitivamente pronunciandosi sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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