Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-12-2011, n. 26844 Difformità e vizi dell’opera

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Svolgimento del processo

Con atto notificato il 1.11.1993 snc Editras proponeva opposizione al d.i. del Tribunale di Pescara che le ingiungeva di pagare alla ditta D’Alfonso Adelmo Domenico L. 48.457.340, oltre spese, quale saldo per lavori eseguiti in virtù di contratto di appalto del 23.9.92.

Eccepiva la nullità del decreto, l’infondatezza della pretesa non essendo stati ultimati i lavori e difetti di quelli eseguiti, svolgendo riconvenzionale per danni in L. 12.923.735.

L’opposta resisteva ed espletati interrogatorio formale dell’opponente e ctu, la sezione stralcio, previo accoglimento della riconvenzionale proposta da Editras e compensazione col credito del D., riconosceva a quest’ultimo Euro 448.81. condannandolo però a metà delle spese processuali.

Proposto appello dal D., nella resistenza di controparte, la Corte di appello di L’Aquila, con sentenza, 881/05, in riforma condannava Editras a pagare Euro 15.332,74 oltre accessori ed alle spese con compensazione di un quarto, rigettando la riconvenzionale;

ciò sul presupposto che il Tribunale non si era pronunciato sulla decadenza dalla garanzia ex art. 1667 c.c. per omessa denunzia entro 60 giorni dalla scoperta, eccezione formulata nella comparsa di costituzione del D., per cui l’opponente aveva l’onere di provare la tempestività della denunzia, condizione necessaria per l’esercizio dell’azione di garanzia.

Fondata era anche la doglianza sulle spettanze per non essere stata inglobata l’IVA. Ricorre Editras con quattro motivi, non svolge difese controparte.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamentano violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 1667 c.c. ed omessa motivazione.

La Corte di appello non ha tenuto conto delle argomentate precisazioni esposte nella comparsa di costituzione in appello del 4.11.202, ribadite in conclusionale, circa il mancato completamento dell’opera.

L’opponente fin dall’atto di opposizione aveva prodotto ctp circa il non completamento dell’opera e la ctu aveva accertato che mancava totalmente la finitura in vernice di alluminio e la guaina risultava tutta posata in opera tranne per una esigua superficie che il ctp aveva indicato in 15 mq e che, non essendo stata realizzata, veniva detratta dai conteggi.

Col secondo motivo, in subordine, si lamentano violazione degli artt. 1667 e 1669 c.c., art. 116 c.p.c. e vizi di motivazione perchè, in ogni caso, non poteva applicarsi l’art. 1667 c.c..

Col terzo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. perchè l’importo liquidato è superiore a quello richiesto di Euro 14.014,72.

Col quarto motivo si lamentano violazione dell’art. 1224 c.c. e vizi di motivazione perchè trattasi di debito di valuta.

La prima censura merita accoglimento con assorbimento delle altre.

Essendo pacifico che con l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo fu dedotto che i lavori non erano ultimati, circostanza che trova riscontro nella ctu espletata sia pure limitatamente alla finitura in vernice ed alla mancanza di guaina per una esigua superficie detratta dai conteggi, va applicato il consolidato principio secondo il quale, nel caso in cui l’appaltatore non abbia portato a termine l’esecuzione dell’opera commissionata, restando inadempiente all’obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti è quella generale in materia di inadempimento contrattuale, dettata dagli artt. 1453 e 1455 c.c., mentre la speciale garanzia prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c. trova applicazione nella diversa ipotesi in cui l’opera sia stata portata a termine ma presenti vizi, difformità o difetti.

Ne consegue che, in caso di omesso completamento dell’opera, anche se questa, per la parte eseguita, risulti difettosa o difforme, non è comunque consentito, al fine di accertare la responsabilità dell’appaltatore per inesatto adempimento, fare ricorso alla disciplina dell’anzidetta garanzia, che per l’appunto, richiede necessariamente il totale compimento dell’opera (Cass. n. 13983/2011, Cass. n. 3302/2006, Cass. n. 11950/1990).

In definitiva va accolto il primo motivo, con cassazione sul punto della sentenza e rinvio per un nuovo esame e per le spese alla Corte di Appello di Campobasso. con assorbimento, come dedotto delle altre censure.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, per un nuovo esame e per le spese, alla Corte di appello di Campobasso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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