T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 28-07-2011, n. 2005 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il ricorso in epigrafe, il ricorrente, ha impugnato i provvedimenti in epigrafe con cui è stata confermata la revoca della licenza di porto di fucile per uso tiro a volo, nonché disposto (in via cautelativa) il divieto di detenere armi e munizioni, chiedendo a questo Tribunale di disporne l’annullamento, previa sospensione incidentale, perché viziati da eccesso di potere e violazione di legge.

Si è costituito in giudizio il MINISTERO DELL’INTERNO chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza del 4/02/2010, il Tribunale ha accolto l’istanza di sospensione cautelare.

Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza.

2. Il ricorso deve essere accolto per i seguenti motivi.

2.1. Nell’ordinamento vigente non sono previste e tutelate posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione e porto di armi, costituendo anzi tali situazioni delle eccezioni – ad apposito divieto previsto dall’art. 699 c.p., e dall’art. 4, comma 1, legge n. 110/1975 – circondate di particolari cautele.

2.2. Ai sensi dell’art. 39 R.D. 18 giugno 1931 n. 773, il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, alle persone ritenute capaci di abusarne; parimenti, ai sensi degli articoli 11 e 43 R.D. 18 giugno 1931 n. 773, la licenza di porto d’armi può essere ricusata dal Questore a coloro che non danno affidamento di non abusare delle armi. Tale disciplina è diretta al presidio dell’ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi da indebito uso ed inosservanza degli obblighi di custodia, nonché della commissione di reati che possano essere agevolati dall’utilizzo del mezzo di offesa.

2.2. I provvedimenti concessivi dell’autorizzazione alla detenzione e del porto di armi postulano, quindi, che il beneficiario di esso sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell’arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati.

I provvedimenti di ricusazione, avendo finalità preventive, non richiedono che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente un’erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto fermo restando in capo all’amministrazione l’onere di esternare non solo il presupposto di fatto che l’ha indotta ad intervenire, ma anche le ragioni per le quali il soggetto viene ritenuto capace di abusare delle armi e munizioni medesime.

Tanto premesso può affrontarsi la controversia per cui è causa.

3. La revoca del porto d’armi è motivata in ragione del deferimento del ricorrente alla autorità giudiziaria in data 29 giugno 2009, a seguito di denuncia querela sporta, in data 26 giugno 2009, dalla di lui moglie, D.M.V., dalla quale è attualmente separato, per soprusi, umiliazioni, minacce. Il Collegio non è stato messo al corrente dalle parti circa l’adozione di una concreta iniziativa processuale penale.

4. Orbene, ai fini dell’accoglimento, come già rilevato in sede cautelare, è dirimente osservare che l’amministrazione non ha inviato all’interessato l’avviso di avvio del procedimento, e che non vi erano ragioni d’urgenza in quanto le armi erano già state a quest’ultimo sottratte in via cautelativa prima dell’adozione del provvedimento di revoca.

5. Con riguardo alla censura, dedotta per entrambi i provvedimenti impugnati, con cui il ricorrente lamenta la mancanza dei presupposti di legge e il difetto di motivazione, la Sezione più volte si è espressa nel senso che la semplice denuncia di reato all’autorità giudiziaria non è solitamente circostanza che da sola possa giustificare il diniego di rinnovo e il divieto di detenzione del porto di arma per sopravvenuta inaffidabilità del titolare dell’autorizzazione di polizia, che deve essere conseguente solo ad una valutazione complessiva della personalità del soggetto destinatario del diniego di rinnovo dell’autorizzazione di polizia onde valutarne l’incidenza in ordine al giudizio di affidabilità e/o probabilità di abuso nell’uso delle armi. Tale principio, tuttavia, trova eccezione in presenza di circostanze (quali possono essere l’estrema gravità dei fatti denunciati, la loro reiterazione, la contiguità fisica tra denunciato e denunciante, l’attendibilità del denunciante et similia) che, pur in attesa di un riscontro oggettivo da parte dell’Autorità Giudiziaria, appaiono idonee a supportare, per un ragionevole fine di cautela e prevenzione, un giudizio di pericolosità sociale per l’ordine e la sicurezza pubblica, la cui valutazione può legittimamente fondarsi anche su considerazioni probabilistiche.

5.1. Nella specie, ritiene il Collegio che i provvedimenti impugnati siano sprovvisti di adeguata motivazione dal momento che il "fatto storico" della minaccia (l’unico che pare rilevare ai fini dell’adozione degli atti impugnati), avuto riguardo all’essere oggetto di antitetiche ricostruzioni, alla sua collocazione temporale (è di tre mesi anteriore alla denunciaquerela), alla sua contestualità rispetto all’interruzione della relazione sentimentale tra il ricorrente e la querelante, non pare idoneo, in assenza di adeguati riscontri (testimonianze, episodi simili, carichi penali pendenti) che possano suffragare una lettura degli episodi quale indice sintomatico di scarso equilibrio caratteriale e di indole incline alla violenza, a supportare un giudizio di pericolosità sociale dell’interessato per l’ordine e la sicurezza pubblica poiché, nella sua isolatezza, non rende verosimile un giudizio prognostico ex ante circa la sopravvenuta inaffidabilità del ricorrente; ciò anche avuto riguardo alla incensuratezza del ricorrente (da alcuno posta in contestazione).

6. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma. Resta fermo l’onere di cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decretolegge n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

ACCOGLIE il ricorso e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati indicati in epigrafe;

CONDANNA il MINISTERO DELL’INTERNO al pagamento delle spese di lite in favore del ricorrente che si liquida complessivamente in Euro 1.100,45, oltre IVA, CPA e rimborso C.U., come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *