Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-02-2011) 21-07-2011, n. 29179 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – D.G.C. è stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 7 settembre 2010 dal GIP del Tribunale di Lecce, siccome gravemente indiziato del delitto di cui agli artt. 110 e 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, (capo J della rubrica); reato contestato come commesso in (OMISSIS).

Secondo la contestazione provvisoria il D.G., agendo in concorso con altri indagati tra cui G.A., in più occasioni, aveva illegalmente detenuto – a fine di cessione – della sostanza stupefacente del tipo cocaina, che veniva custodita all’interno degli uffici di un’impresa edile (la Valerio Edilizia di V.A.) e "confezionata" per la successiva cessione a terzi anche dall’indagato, il quale, secondo l’accusa, in almeno tre occasioni l’aveva ceduta a terzi: il (OMISSIS), a S. L.; il (OMISSIS), a Sp.St. ed il (OMISSIS) a B.F..

1.1 – Il provvedimento cautelare è stato confermato dal Tribunale di Lecce, investito dell’istanza di riesame dell’indagato, che per quanto ancora rileva nel presente giudizio, ha ritenuto:

– sussistenti i gravi indizi di colpevolezza, disattendendo la tesi difensiva, secondo cui il D.G. – incensurato, dipendente di una impresa di vigilanza con mansioni di guardia giurata e con documentati problemi di tossicodipendenza;

– aveva, in realtà, egli acquistato dal G., dallo Sp. S. e dal B. della sostanza stupefacente, che aveva poi detenuto per uso personale;

– sussistenti le esigenze cautelari, sub specie di pericolo di reiterazione della condotta.

1.1.1 – In particolare, con riferimento alle deduzioni difensive relative alla gravità indiziaria, i giudici del riesame, per disattenderle, valorizzavano: a) il contenuto dei numerosissimi colloqui telefonici intercorsi tra l’indagato ed il G., e dei quali nell’ordinanza sono state riportate le frasi ritenute più significative, evidenziando al riguardo che, acclarata la circostanza che il G. risultava a capo di una consorteria dedita al traffico di sostanze stupefacenti e che lo stesso risultava fornire la droga anche ad altre persone dedite alla distribuzione al minuto di cocaina, la "cadenza" quasi giornaliera degli appuntamenti tra i due e la consegna di denaro da parte del D.G., deponevano per l’esistenza tra i due di rapporti comuni a quelli usualmente instaurati tra acquirente-spacciatore al minuto e fornitore abituale, piuttosto che tra un semplice consumatore ed il suo fornitore, ciò desumendosi altresì, dal contenuto dei colloqui intercorsi tra i predetti Indagati l'(OMISSIS), da cui emergeva che il D. G. aveva ricevuto dal G. della sostanza stupefacente che aveva poi provveduto a "confezionare" presso il suo domicilio ed a riconsegnare al coindagato, depositandola all’interno della propria cassetta della posta con un biglietto, e da quello del (OMISSIS), da cui emergeva che il G. era in possesso della chiave che apriva il portone d’ingresso dell’edificio in cui risiedeva l’indagato; b) il contenuto dei colloqui telefonici intercorsi tra l’indagato e Sp.St. il 31 gennaio 2008 e le risultanze dell’attività di pedinamento dell’indagato eseguita lo stesso giorno, attestante l’incontro avuto dall’indagato con il B. F., valorizzando i giudici del riesame la circostanza che fu lo Sp. ha chiamare per primo (effettuare uno squillo) l’utenza di telefonia mobile del D.G..

1.2 – Quanto alle esigenze cautelari, i giudici del riesame ritenevano che la commissione delle condotte criminose nel febbraio 2008 e la incensuratezza del D.G. non costituissero elementi sufficienti per escludere la sussistenza di esigenze cautelari tali da giustificare l’adozione della misura applicata, e ciò a ragione dell’obiettiva gravità dei fatti contestati, quale desumibile dalla ripetitività della condotta, posta in essere anche al servizio di personaggi appartenenti a strutture organizzate e con contatti e referenti diffusi sull’intero territorio salentino; dall’esistenza di una organizzazione sia pure rudimentale, dedita all’attività di spaccio; dalla diffusione dell’attività illecita e della particolare maestria dimostrata nei maneggio dello stupefacente; dalla stabilità nel tempo, desunta dal protrarsi dell’attività del sodalizio anche dopo i primi arresti; e della negativa personalità dell’indagato, il quale, pur svolgendo mansioni delicate quali quelle proprie di una guardia giurata, manteneva contatti con ambienti di rilevante caratura delinquenziale, valorizzando, quanto alla ritenuta adeguatezza della sola più grave misura applicata, il dato che l’attività illecita si era svolta anche presso l’abitazione dell’indagato, relativamente alla consegna dello stupefacente ed all’attività di taglio.

2. – Avverso tale pronuncia del tribunale ha proposto ricorso per cassazione il l’indagato D.G.C., personalmente.

2.1 – Con il primo motivo di impugnazione prospettato in ricorso, il D.G. deduce l’illegittimità dell’ordinanza impugnata, per vizio di motivazione relativamente alla ritenuta rilevanza Indiziaria delle conversazioni intercettate. In particolare nel ricorso si evidenziano come profili di criticità del percorso argomentativo sviluppato dai giudici del riesame, riferibili ad una incongrua interpretazione delle risultanze indiziarie: a) la ipotizzata collaborazione ravvisata tra la condotta dell’indagato e quella delle altre persone a cui risulta contestato il delitto di cui al capo J della rubrica, emergendo in realtà dalla stessa ordinanza impugnata, che il D.G. ha avuto contatti solo con G.A., fornitore di stupefacenti, attesa l’assenza di telefonate ed osservazioni che attestino cessioni di stupefacente dall’indagato a terzi; b) il riferimento ad un duplice incontro tra l’indagato ed il G. avvenuto nella stessa giornata ed asseritamente finalizzato ad una duplice cessione di sostanza stupefacente, trattandosi in realtà di un dato fattuale assolutamente incerto, in mancanza di conferma attraverso servizi di osservazione; c) il riferimento a cessioni di cocaina a favore del D.G., asseritamente finalizzate all’ulteriore cessione della sostanza a terzi; d) il preteso coinvolgimento dell’indagato in attività di taglio, affermato in base ad intercettazioni di contenuto in realtà assai equivoco ed in contrasto con altre intercettazioni in atti (la 634, la 635 e la 636 e la 541), da cui emergerebbe che il taglio della sostanza consegnata all’indagato era stato effettuato in precedenza dal G. e dal P.; e) il riferimento ad una cessione di sostanza stupefacente effettuata dall’indagato in favore di S.L. il (OMISSIS), laddove, come dedotto anche negli scritti difensivi, dal compendio delle intercettazioni emergeva che il S. ed il D.G., avevano raccolto del denaro da consegnare al G., a pagamento della merce utilizzata per loro uso personale; f) il riferimento ad una cessione di stupefacente avvenuta il (OMISSIS) in favore dello Sp. e del B., laddove, come dedotto anche negli motivi aggiunti, dai servizi di osservazione effettuati dalla polizia giudiziaria, emergeva che era stato il B., su incarico dello Sp., a fornire la droga al D.G., così come avvenuto del resto anche il (OMISSIS), deponendo in tal senso tutta una serie di indizi, ed in particolare una segnalazione della Guardia di Finanza; g) la mancata valutazione da parte dei giudici del riesame del dato fattuale, documentato dalla difesa, relativo alla richiesta da parte dell’indagato di ben due prestiti personali, elemento dissonante rispetto alle prospettazione accusatone secondo cui l’indagato sarebbe uno spacciatore di sostanze stupefacenti, e non già un acquirente di cocaina per uso personale.

2.2 – Con il secondo motivo d’impugnazione, da parte del ricorrente si deduce l’illegittimità dell’ordinanza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento sia alla valutazione di sussistenza di esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) sia con riferimento alla scelta della misura cautelare applicata, evidenziando quali profili di criticità della decisione sul punto:

a) la sostanziale Illogica svalutazione del dato dell’incensuratezza, dello status di tossicodipendenza, del costante svolgimento di regolare attività lavorativa, e dell’apprezzabile lasso temporale intercorso dalla commissione dei fatti contestati; b) la illogicità della valutazione conclusiva formulata dai giudici del riesame in merito alla inadeguatezza di una misura "gradata", da ritenersi frutto della inesatta interpretazione delle risultanze istruttorie, specie ove si consideri che l’attività illecita si sarebbe protratta solo per un paio di mesi.

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta da D.G.C. è basata su motivi infondati e va quindi rigettata.

1.1 – Quanto al primo motivo, che attiene alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente relativamente ai fatti a lui contestati, è opportuno premettere che è consolidato orientamento di questa Corte ritenere che, per l’applicazione di una misura cautelare in questa fase del procedimento è richiesto solo il requisito della gravità degli indizi nel senso che questi devono essere tali da lasciar desumere la qualificata probabilità di attribuzione all’indagato del reato per cui si procede.

Orbene nel caso in esame il Tribunale si è adeguato al suddetto principio, ancorando il proprio giudizio ad elementi specifici risultanti dagli atti – solo sommariamente Illustrati al paragrafo 1.1 – tanto da trarre dalla loro valutazione globale un giudizio in termini di elevata probabilità circa l’attribuzione del reato all’indagato, laddove le pur articolate argomentazioni, di merito e ripetitive di argomenti già adeguatamente confutati, secondo cui l’indagato si sarebbe limitato ad acquistare sostanza stupefacente destinata soltanto ad uso personale, risultando oltretutto prive di adeguato riscontro, non superano la soglia della ricostruzione alternativa e meramente congetturale. 1.2. – Infondate risultano, infine, anche le censure prospettate in ricorso con riferimento alle esigenze cautelari, avendo il Tribunale con motivazione adeguata e logica spiegato come, anche alla luce della natura e gravità dei fatti in concreto contestati e dell’allarme sociale ad essi correlato, nonostante l’incensuratezza dell’indagato, la misura della custodia in carcere appariva l’unica idonea a scongiurare un pericolo di reiterazione criminosa, anche in considerazione delle concrete modalità di svolgimento dell’attività criminosa contestata.

2. – Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 c.p.p. in ordine alla spese del presente procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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