T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 28-07-2011, n. 2000 Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso depositato il 22 aprile 2008, il ricorrente ha impugnato il provvedimento in epigrafe, con il quale è stata rigettata l’istanza presentata in data 18 luglio 2006 finalizzata al rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, chiedendo al Tribunale Amministrativo Regionale di disporne l’annullamento, previa sua sospensione, in quanto viziato da violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituito in giudizio il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza del 22 maggio 2008, il Collegio ha accolto l’istanza incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato. In esecuzione del predetto provvedimento, la Questura di Lodi ha rilasciato un permesso di soggiorno scaduto il 5 luglio 2009 (mentre è ancora in corso la valutazione sull’istanza di rinnovo presentata il 4 maggio 2010).

Sul contraddittorio così istauratosi, all’udienza del 14 luglio 2011, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva.

2. Il ricorso deve essere accolto per i seguenti motivi.

2.1. La legislazione nazionale adottata negli ultimi anni, d.lgs. n. 286 del 1998, l. n. 189 del 2002, d.l. n. 195 del 2002, si fonda sulla radicale premessa per la quale nessun soggetto extracomunitario può entrare nello Stato, ed ivi stabilmente soggiornare, qualora non sia munito di visto di ingresso e di permesso di soggiorno, e cioè di un titolo amministrativo che autorizzi questi allo stabilimento, alla circolazione ed allo svolgimento di attività per specifiche tassative ragioni (di visita, affari, turismo, studio, lavoro, ricongiungimento familiare e motivi familiari, protezione sociale, asilo e protezione temporanea, cure mediche).

2.2. L’istanza volta al rinnovo del premesso di soggiorno per motivi di lavoro, nella specie, è stata rigettata dalla Questura poiché, si legge in motivazione, il permesso era scaduto da più di 60 giorni (ovvero in data 10 novembre del 2005) e l’interessato aveva presentato istanza di rinnovo ad oltre cinque mesi dalla scadenza del titolo.

2.2. Il collegio osserva che, quanto alla ritardata presentazione della istanza di rinnovo, ricorra l’esimente del legittimo affidamento (se non la causa di forza maggiore prevista dall’articolo 13, comma 2 lett. b) del decreto legislativo 286 del 1998), in quanto il ricorrente ha dedotto (la circostanza non è stata specificatamente contestata dalla difesa erariale) di essersi recato nel mese di novembre 2005, presso lo sportello dell’ufficio immigrazione della Questura di Lodi per depositare istanza di rinnovo e che, in quell’occasione, gli agenti incaricati, giustificando tale rinvio a causa dell’eccezionale carico di lavoro, gli avevano fissato un appuntamento per il deposito della documentazione richiesta nell’aprile 2006 (data nella quale il ricorrente non si era presentato per asseriti motivi di lavoro, presentando domanda soltanto il successivo 18 luglio 2006). Quel che rileva, in questa sede, è che il rinvio disposto dall’amministrazione rendeva di per sé inopponibile il mancato rispetto del termine di legge, in ossequio ai principi di buona fede e legittimo affidamento.

3. Ai fini dell’accoglimento sono, comunque, dirimenti le seguenti motivazioni.

3.1. Il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo è subordinato per il lavoratore non appartenente all’Unione europea alla dimostrazione di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (art. 26, art. 3 d.lgs 286 del 1998). L’art. 39, comma 3, d.P.R. n. 394 del 1999 specifica la necessaria disponibilità in Italia, da parte del richiedente, di una somma non inferiore alla capitalizzazione, su base annua, di un importo mensile pari all’assegno sociale.

3.2. Orbene, il ricorrente ha offerto un valido principio di prova circa il possesso di redditi adeguati. L’istante, infatti, ha depositato in giudizio buste paghe attestante lo svolgimento di un rapporto di lavoro presso la S.C.I. SCRL e la S.D.L. SCARL; l’autenticità delle stesse non è contestata). Lo stesso ha, altresì, depositato modelli CUD (compilati e sottoscritti dal datore di lavoro) per i redditi 2007 e 2008. Anche tali dati non sono stati oggetto di alcuna specifica contestazione in giudizio da parte della difesa erariale.

3.3. Il ricorrente ha depositato documentazione attestante lo svolgimento di attività lavorativa subordinata risalente al periodo in cui è stato adottato il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro e il possesso di redditi adeguati. L’amministrazione è, dunque, venuta meno all’obbligo di adeguata istruttoria, tenuto conto di quanto prescritto dall’art. 5, d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286. In particolare, la norma appena citata impone all’Amministrazione di verificare se, successivamente all’accertamento delle condizioni ostative all’ingresso, non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili. La previsione ha lo scopo di permettere, sempre che non sussistano condizioni preclusive in senso assoluto, che un elemento o requisito ritenuto necessario dalla legge possa essere considerato utile al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno ancorché non esistente al momento della richiesta, ma maturato o documentato dallo straniero solo successivamente. La norma, deve tuttavia aggiungersi, non ha inteso derogare al fondamentale principio secondo cui un provvedimento amministrativo deve essere adottato nella situazione di fatto e di diritto risultante al momento della sua adozione ovvero, se si tratta di procedimento ad istanza di parte, alla data della stessa. Essa intende, piuttosto, consentire che elementi di fatto, successivamente verificatisi ovvero successivamente disponibili, possano venir esposti all’amministrazione nell’ambito di un procedimento per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno ad integrazione della documentazione proposta con la relativa domanda oppure per chiedere la revoca di un provvedimento negativo e l’adozione di una nuova determinazione sulla stessa, senza che possa ritenersi illegittimo a posteriori un atto di rifiuto sol perché non abbia tenuto conto di circostanze che non si erano ancora verificate o non erano state documentate dall’interessato nei modi previsti.

3.4. Il rifiuto di rinnovo di permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, in assenza di altre cause ostative, è pertanto illegittimo. Il presente giudizio, ovviamente, non interferisce con le valutazioni (ancora in corso) relative alla sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della successiva richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno ancora in corso.

4. Sussistono giusti motivi per compensare interamente le spese di lite tra le parti, atteso che il comportamento del ricorrente (di non presentarsi all’appuntamento fissato dagli agenti) ha senza dubbio influito sull’insorgere della presente controversia. Resta, tuttavia, fermo l’onere di cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decretolegge n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

ACCOGLIE il ricorso;

COMPENSA interamente le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Dario Simeoli, Referendario, Estensore

Fabrizio Fornataro, Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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