Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-02-2011) 21-07-2011, n. 29178

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – B.G. è stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 24 maggio 2010 dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria, siccome gravemente indiziato del delitto di partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso (capo O della rubrica provvisoria). Secondo le prospettazione accusatole l’indagato, pur essendo da tempo detenuto (in quanto condannato in via definitiva all’ergastolo) era partecipe della cosca denominata ‘ndrina BRUZZISE, "nel ruolo di direzione dell’associazione, con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni delittuose da compiere, degli obiettivi da perseguire e delle vittime da colpire, impartendo direttive alle quali tutti gli altri associati davano attuazione". In particolare, secondo l’accusa, il B. G., durante la detenzione, non solo era riuscito a coordinare l’attività del sodalizio, comunicando le sue disposizioni ai familiari che si recavano periodicamente al colloquio, ma era riuscito a stringere alleanze con altri detenuti, esponenti di spicco di organizzazioni paritetiche o anche più importanti (e tra questi con BE.Um. classe (OMISSIS), capo indiscusso dell’omonima cosca).

1.1 – Il provvedimento restrittivo è stato confermato dal Tribunale di Reggio Calabria investito dell’istanza di riesame, che ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato, con riferimento all’imputazione mossagli. Al riguardo i giudici del riesame – ritenuto legittimo, quanto alla ricostruzione in punto di fatto del compendio indiziario, il rinvio alle motivazioni dell’ordinanza cautelare ed alla richiesta del PM, valutate come complete ed esaurenti – dopo aver premesso che il presente procedimento costituiva una "sostanziale prosecuzione" di precedente attività investigativa (la cosiddetta operazione (OMISSIS)) che nel luglio 2007 – anche in base alle rilevazioni di D.D.A., intraneo alla cosca drillo ed alle intercettazioni di alcune conversazioni telefoniche dell’ingegner D.G. capo Area della impresa esecutrice dei lavori di rifacimento dell’autostrada (OMISSIS), aveva condotto all’arresto di taluni imprenditori impegnati nella realizzazione dei lavori ed indiziati di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata alla commissione di estorsioni aggravante dal D.L. n. 152 del 1991, art. 7, – hanno valorizzato, ai fini della gravità indiziaria, il contenuto di alcuni colloqui avuti dall’indagato con suoi familiari (il figlio G., il cognato C.R., la figlia B.E. ed il genero Ca.Vi.) durante il periodo di detenzione presso la Casa di reclusione (OMISSIS), in particolare quelli del 5 del 12 e del 19 gennaio 2007, di poco successivi agli omicidi di S.A. e G.D., da cui emergeva in particolare:

– la perdurante operatività della ‘ndrina Bruzzese – la cui esistenza risultava già accertata giudizialmente dalla sentenza della Corte d’assise d’Appello di Reggio Calabria divenuta irrevocabile il 21 ottobre 2006 – legittimata, in forza di un accordo raggiunto nel 2005 con Be.Um., esponente di spicco dell’omonima cosca di Rosarno, a riscuotere i proventi delle estorsioni commesse in contrada (OMISSIS), zona di passaggio fra la (OMISSIS) e le zone interne, mai totalmente sottomessa al chiaro predominio di una determinata cosca, contrapponendosi ai Bruzzise la famiglia Gallico; accordo rimasto immutato nonostante l’omicidio di B.G. e di C. G., eventi indicativi della riapertura della falda, sulle cui cause particolare rilevanza veniva attribuita ad un manoscritto rinvenuto il 18 dicembre 2006, presso l’abitazione dei coniugi Ca.- Di., legati da vincoli familiari con Di.

C., una delle vittime del rinnovato conflitto tra le opposte consorterie che si contendevano il predominio su (OMISSIS);

– Il ruolo apicale ricoperto dall’indagato, quale desumibile dall’invito, rivolto dall’indagato, nel corso di un colloquio con il cognato C.R., a reagire agli omicidi del G. e del S., colpendo persone vicine allo schieramento avversario, anche se non direttamente coinvolte nelle attività illecite dei clan, accompagnato dal consiglio di rivolgersi ad un "compare latitante", identificato in P.C., quale persona che avrebbe potuto procurare armi e dare consigli importanti.

1.2 – Con specifico riferimento al compendio indiziario, i giudici del riesame, per quanto ancora rileva nel presente giudizio, hanno disatteso, in primo luogo, l’eccezione, d’inutilizzabilltà ex art. 271 c.p.p., di tutte le intercettazioni effettuate presso la Casa Circondariale (OMISSIS), sollevata dalla difesa dell’indagato, mediante specifica memoria, a ragione dell’asserita assoluta mancanza di motivazione nei decreti autorizzativi del 4 e 9 gennaio 2007 in merito alla deroga all’utilizzazione degli strumenti in dotazione presso gli uffici della Procura, evidenziando, al riguardo, relativamente al primo decreto, che nello stesso veniva segnalata l’insussistenza "di una connessione" che consentisse di "remotizzare" le conversazioni di interesse investigativo dalla struttura carceraria… agli impianti installati presso l’ufficio di Procura, a causa di "impedimenti tecnici" inerenti il "trasferimento" delle intercettazioni ambientali, rappresentati per le vie brevi dalla ditta da cui era stato noleggiato l’impianto di captazione;

relativamente al secondo decreto, che nello stesso si dava conto, della necessità tecnica di collocazione delle apparecchiature in prossimità dei luoghi ove avvenivano le comunicazioni intercettande.

Secondo i giudici del riesame, tali apparati motivazionali, dovevano ritenersi senz’altro congrui, fornendo adeguata spiegazione delle ragioni che avevano determinato l’utilizzo di impianti diversi rispetto a quelli installati nella procura della Repubblica, uniformandosi gli stessi a condivisibili principi di diritto di questa Corte, secondo cui "allorchè il pubblico ministero indichi nel decreto di autorizzazione all’utilizzo di apparecchiature esterne…, attività di indagini incompatibili con la strumentazione d’ufficio, è superflua ogni ulteriore motivazione a sostegno della ritenuta inidoneità di detta strumentazione rispetto allo scopo perseguito" (in tal senso Sez. 1, Sentenza n. 18174 dell’8/04/2009 dep. il 4/05/2009, Imp. La Causa, Rv. 243681).

1.3 – Quanto poi alla dedotta insussistenza di gravi indizi di colpevolezza, i giudici del riesame hanno evidenziato l’assoluta rilevanza delle conversazioni intercettate, evidenziando, soprattutto nella parte iniziale dell’ordinanza impugnata, la chiarezza, la decifrabilità dei significati e l’assenza di ambiguità delle intercettazioni eseguite, ritenendo pienamente condivisibili le vantazioni svolte dal giudice della cautela, relativamente alla spontaneità delle dichiarazioni captate, all’assenza nelle stesse, di profili di mendacità e millanteria; l’affidabilità delle affermazioni provenienti da soggetti intranei alle organizzazioni mafiose oggetto di indagine.

2. – Avverso tale pronuncia del tribunale ha proposto ricorso per cassazione il difensore di B.G., avvocato Antonio Managò, prospettando due motivi d’impugnazione.

2.1 Con il primo motivo, si denunzia l’illegittimità dell’ordinanza impugnata, per vizio di motivazione, relativamente alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, sostenendosi in ricorso, anche attraverso un’ampia illustrazione dell’elaborazione giurisprudenziale sul tema, che l’ordinanza impugnata, si discosterebbe da consolidati principi in tema di valutazione degli indizi.

In particolare nel ricorso si evidenzia, quali punti di criticità dell’ordinanza impugnata:

a) il passaggio argomentativo nel quale – dopo una lunga esposizione dedicata ad illustrare, sulla scorta di sentenze passate in giudicato, la genesi delle consorterie mafiose operanti nella zona di (OMISSIS) e la posizione preminenza raggiunta dalla cosca Gallico, anche a seguito degli arresti e delle condanne subite dai componenti della famiglia Bruzzise – si afferma che il riacutizzarsi del "fenomeno di scontro" verificatosi negli anni 2004- 2006, sia da attribuirsi, nonostante la permanente detenzione dei Bruzzise, alla contrapposizione di associazioni mafiose, ciò costituendo "soltanto un’ipotesi investigativa", posto che nessun procedimento ha mai chiarito le cause di tali fatti di sangue;

b) l’assenza di qualsiasi riferimento ai Bruzzise, vuoi nelle dichiarazioni del D.D.A., relative alla spartizione dei compensi estorsivi collegati all’esecuzione dei lavori autostradali, vuoi nelle intercettazioni relative ai colloqui dell’ingegner D., capo area dell’impresa appaltatrice dei suddetti lavori; vuoi nelle intercettazioni ambientali, riguardanti colloqui di altri indagati ( Gr.Ma.);

c) l’irrilevanza sul piano probatorio del manoscritto sequestrato, presso l’abitazione dei coniugi c.- D., nel quale risultano riversate delle semplici opinioni del suo redattore sulle cause del riacutizzarsi dello scontro e sulla riferibilità dello stesso alla condotta di B.G. alias "(OMISSIS)", dopo la sua scarcerazione;

d) la ingiustificata rilevanza attribuita ai colloqui intercettati presso il carcere (OMISSIS), inidonei a fondare l’assunto relativo ad una pretesa persistente operatività della ‘ndrina Bruzzise, avuto riguardo in particolare, quanto all’asserito accordo raggiunto dall’indagato con un personaggio di spicco di Rosarno in merito alla spartizione dei proventi delle estorsioni legate ai lavori autostradali, che la conclusione di un siffatto accordo richiede incontri ripetuti di cui non vi è prova, sicchè tale riferimento andrebbe interpretato, piuttosto, come una millanteria, diretta a spronare l’operatività dei propri congiunti, emergendo da tali colloqui finanche l’ignoranza dell’indagato sull’identità della persona asseritamente preposta alla riscossione delle tangenti;

quanto agli inviti all’eliminazione di persone innocenti in risposta agli omicidi G. e S., come tali proponimenti non vennero attuati da chicchessia, assumendo pertanto la consistenza di semplici espressioni di un forte risentimento provato dall’indagato per l’uccisione di persone a lui vicine;

e) l’assenza di riferimenti alla persistente operatività della ‘ndrina Bruzzise, nelle dichiarazioni del collaboratori di giustizia M.C. e Sa.Ga.;

f) l’insufficienza per affermare l’effettiva esistenza ed operatività dell’associazione per delinquere, dell’accertata predisposizione di un programma criminoso che preveda di avvalersi della propria forza intimidatrice, essendo invece necessario l’accertamento che di tale forza intimidatrice il sodalizio si sia giovato in concreto.

2.2 – Con il secondo motivo, in ricorso si deduce l’illegittimità dell’ordinanza per violazione di legge, relativamente al rigetto dell’eccezione d’inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali.

Con riferimento al primo decreto autorizzativo (quello n. 3/2007) in ricorso si sostiene che lo stesso non conteneva alcuna motivazione circa l’utilizzazione di impianti esterni, contenendo esso solo una delega alla polizia giudiziaria per l’esecuzione delle operazioni, senza alcun riferimento all’inidoneità o insufficienza degli impianti esistenti presso la Procura.

Con riferimento al secondo decreto, quello n. 62/2007 della Procura Distrettuale, in ricorso si evidenzia il carattere meramente apparente della motivazione, evidenziandosi al riguardo, anche in base al riferimento alla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 36359 del 26/6/2008, imp. Carli, l’insufficienza del semplice riferimento ivi contenuto sulla necessità di collocare le "apparecchiature tecniche" in prossimità dei luoghi dove avvenivano i colloqui intercettati, dovendo distinguersi tra attività di captazione, che doveva aver luogo presso la casa Circondariale (OMISSIS) e attività di registrazione e di ascolto che devono invece avvenire presso la Procura della Repubblica, a nulla rilevando sotto questo profilo, il dato della collocazione delle videocamere.

Si precisa altresì in ricorso che la dedotta inutilizzabilità non può ritenersi sanata dal richiamo per relationem all’antecedente decreto del PM di Palmi circa pretese difficoltà di connessione con la Procura di Reggio Calabria, sia perchè in tale decreto nulla si precisa sulla natura di tali difficoltà, sia anche perchè il riferimento all’esecuzione di videoriprese non può costituire idoneo motivo per derogare all’uso degli impianti presso la Procura della Repubblica.

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta nell’interesse di B.G. è basata su motivi infondati e va per ciò rigettata.

1.1 – Infondato deve ritenersi, anzitutto, il secondo motivo di ricorso – il cui esame, afferendo esso alla inutilizzabilità delle intercettazioni per la mancanza di motivazione, ex art. 268 c.p.p., comma 3, del decreti autorizzativi risulta preliminare, sul plano logico, rispetto al primo.

Al riguardo va anzitutto precisato che la possibilità di deroga circa l’uso esclusivo di impianti installati presso la Procura della Repubblica esige, ai sensi dell’art. 268 c.p.p., comma 3, la sussistenza di due presupposti: a) l’insufficienza o inidoneità degli impianti in dotazione del predetto ufficio giudiziario; b) la sussistenza di eccezionali ragioni di urgenza. Come già rilevato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un. 26 novembre 2003, n. 919, rie. Gatto, rv. 226487), l’aggettivazione di tali ragioni di urgenza come "eccezionali" rende avvertiti che deve trattarsi di connotazioni più cospicue e pregnanti rispetto a quelle riferibili ai soli "casi di urgenza" di cui all’art. 267 c.p.p., comma 2, che legittimano il pubblico ministero a disporre direttamente l’intercettazione con decreto motivato soggetto poi a convalida da parte del giudice.

In presenza di questi due presupposti, a rendere legittima l’intercettazione per mezzo di impianti esterni all’ufficio giudiziario occorre, altresì, che il pubblico ministero emetta apposito decreto motivato prima dell’esecuzione delle operazioni captative (Cass., Sez. Un. 29 novembre 2005, n. 2737, Campennì, rv.

232605; Cas., Sez. Un. 12 luglio 2007, n. 30347, Aguneche ed altri, rv. 236755); occorre, cioè, un congruo apparato giustificativo dal quale possa dedursi l’iter cognitivo e valutativo seguito dall’autorità giudiziaria (Sez. Un. 21 giugno 2000, ric. Primavera).

Quanto all’inidoneità e insufficienza degli impianti captativi in dotazione all’ufficio di Procura, si è puntualizzato che la motivazione relativa ad essi non può certo limitarsi a dare atto dell’esistenza di tale situazione, ma deve specificare la ragione dell’inidoneità o dell’insufficienza, sia pure mediante un’indicazione sintetica, purchè questa non si traduca nella mera riproduzione del testo delia norma, ma dia conto del fatto storico, ricadente nell’ambito dei poteri di cognizione del pubblico ministero (Sez. Un. 26 novembre 2003, ric. Gatto). Con specifico riferimento, poi, alla indicazione delle "eccezionali ragioni di urgenza", la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto idoneo ad integrare tale parametro normativo il rinvio al contenuto di altri atti (Cass., Sez. Un. 31 ottobre 2001, n. 32, ric. Policastro; Sez. Un. 26 novembre 2003, ric. Gatto, cit.). Ai fini della motivazione dei decreti di autorizzazione alle intercettazioni ciò che rileva è, infatti, che dalla motivazione fornita, succinta e compendiosa come si addice ad ogni provvedimento del giudice, in particolare quando si tratta di decreto che la legge specificamente, come nel caso di specie, richiede sia motivato (art. 125, comma 3 in relazione all’art. 267 c.p.p., comma 1), si possa dedurre l’iter cognitivo e valutativo seguito dal giudice e se ne possano conoscere i risultati che debbono essere conformi alle prescrizioni di legge. Pertanto la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: a) faccia riferimento, ricettizio o di semplice rinvio, ad un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria al provvedimento di destinazione; b) fornisca la dimostrazione che il decidente ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenuti coerenti alla sua decisione; c) l’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o, almeno, ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica e, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione.

1.2 – Alla luce di questi principi deve qui rilevarsi che l’ordinanza impugnata risulta aver posto correttamente in rilievo, quanto al primo decreto, la circostanza che in esso il ricorso agli impianti esterni era stato giustificato, evidenziando l’inidoneità di quelli presenti nei locali della procura a causa "dell’insussistenza di una connessione" che consentisse di "remotizzare" le conversazioni di interesse investigativo dalla struttura carceraria dove si trovava ristretto il detenuto B. agli impianti installati presso l’ufficio di Procura, "anche alla luce degli impedimenti tecnici inerenti il trasferimento remotizzato delle conversazioni intercettate…"; quanto al secondo, che il ricorso ad impianti esterni si rendeva necessario, trattandosi di intercettazioni da effettuare non già su linee telefoniche ma in ambienti o luoghi da tenersi sotto controllo anche diretto e visivo della polizia e da eseguirsi mediante apparecchiature da collocare in prossimità della fonte sonora.

La motivazione dunque non solo esiste ed è chiara e puntuale, ma non risulta neppure, quanto alla validità dei presupposti fattuali indicati, adeguatamente contestata, ove si consideri che se è vero che anche in relazione ad Intercettazioni cosiddette "ambientali" è necessario il decreto motivato del P.M. che autorizzi, in sede di esecuzione delle operazioni, l’uso di apparecchiature esterne a quelle in dotazione agli uffici giudiziari, il controllo di legittimità sulla motivazione "non si estende alla verifica della corrispondenza di quanto presupposto in ordine alla mancanza o inidoneità delle apparecchiature esistenti presso l’ufficio dell’accusa e la realtà effettuale, perchè, in tal caso, la critica non riguarda più la ragione della decisione ma il giudizio di valore di adeguatezza degli impianti, che è fuori della portata critica del giudice e del difensore" (in tal senso Sez. 4, Sentenza n. 8440 del 26/01/2001, dep. 28/02/2001, Rv. 219361, imp. Carminati).

1.2 – Priva di pregio è anche la censura prospettata con il primo motivo. Il Tribunale ha infatti compiutamente analizzato, con motivazione esauriente ed immune da vizi logici e giuridici, le risultanze probatorie disponibili e ha desunto la gravità degli indizi di colpevolezza In ordine al delitto contestato dalle risultanze processuali, solo sommariamente illustrate al punto 1.1. dell’esposizione in fatto.

In particolare l’ordinanza, con motivazione compiuta e logica, ha descritto l’operatività di un articolato sodalizio di stampo mafioso, caratterizzato da un forte radicamento territoriale, da un’organizzazione gerarchica, da tempo aduso ad avvalersi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della conseguente condizione di assoggettamento e di omertà, per la commissione di una serie di delitti, tra cui le estorsioni, con specifico riferimento all’esecuzione dei lavori di ammodernamento della rete autostradale.

All’interno di tale organizzazione il ricorrente, seppure in stato di detenzione, forniva, specie attraverso i colloqui con i suoi familiari, un pieno, consapevole e determinante contributo causale, funzionale al rafforzamento, soprattutto economico, del gruppo.

Orbene, lo sviluppo argomentativo della motivazione è fondato su una coerente analisi critica degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, nel senso che questi sono stati reputati conducenti, con un elevato grado di probabilità, rispetto al tema di indagine concernente la responsabilità di B.G. in ordine ai delitti di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso e di estorsione aggravata a lui contestati, posto che emergendo tali indizi, specie con riferimento al coinvolgimento della cosca nel attività estorsiva relativa ai lavori autostradali, soprattutto dall’inequivoco contenuto di frasi riferibili all’indagato, le argomentazioni difensive sviluppate in ricorso secondo cui si tratterebbe di semplici ®millanterie-, lungi dal segnalare effettivi vizi motivazionali, non superano la soglia della ricostruzione alternativa e meramente congetturale.

Di talchè, considerato che la valutazione compiuta dal Tribunale verte sul grado di inferenza degli indizi e, quindi, sull’attitudine più o meno dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza, deve porsi in risalto che la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art. 273 c.p.p., per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

2. – In conclusione, risultando infondato in tutte le sue poliformi articolazioni, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p.,, comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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