T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 28-07-2011, n. 1998

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso depositato il 28 gennaio 2008, il ricorrente, ha impugnato i provvedimenti in epigrafe con cui è stata revocata la licenza di porto di fucile per uso caccia, nonché disposto il divieto di detenere armi e munizioni, chiedendo a questo Tribunale di disporne l’annullamento, previa sospensione incidentale, perché viziati da eccesso di potere e violazione di legge.

Si è costituito in giudizio il MINISTERO DELL’INTERNO chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza del 14 febbraio 2008, il Tribunale ha respinto l’istanza di sospensione cautelare.

Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza.

2. Il ricorso deve essere accolto per i seguenti motivi.

2.1. Nell’ordinamento vigente non sono previste e tutelate posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione e porto di armi, costituendo anzi tali situazioni delle eccezioni – ad apposito divieto previsto dall’art. 699 c.p., e dall’art. 4, comma 1, legge n. 110/1975 – circondate di particolari cautele.

2.2. Ai sensi dell’art. 39 R.D. 18 giugno 1931 n. 773, il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, alle persone ritenute capaci di abusarne; parimenti, ai sensi degli articoli 11 e 43 R.D. 18 giugno 1931 n. 773, la licenza di porto d’armi può essere ricusata dal Questore a coloro che non danno affidamento di non abusare delle armi. Tale disciplina è diretta al presidio dell’ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi da indebito uso e inosservanza degli obblighi di custodia, nonché della commissione di reati che possano essere agevolati dall’utilizzo del mezzo di offesa.

2.2. I provvedimenti concessivi dell’autorizzazione alla detenzione e del porto di armi postulano, quindi, che il beneficiario di esso sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell’arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati.

I provvedimenti di ricusazione, avendo finalità preventive, non richiedono che vi sia stato un oggettivo e accertato abuso delle armi, essendo sufficiente un’erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto fermo restando in capo all’amministrazione l’onere di esternare non solo il presupposto di fatto che l’ha indotta ad intervenire, ma anche le ragioni per le quali il soggetto viene ritenuto capace di abusare delle armi e munizioni medesime.

Tanto premesso può affrontarsi la controversia per cui è causa.

3. Il diniego di rinnovo è motivato in ragione del deferimento del ricorrente alla autorità giudiziaria, a seguito di denuncia querela sporta per ingiurie e minacce, dalla di lui moglie, B.M.T., nonché per la sussistenza di ulteriori plurime segnalazioni di polizia a carico del medesimo (nel periodo tra maggio e luglio 2007) per lesioni, minaccia, violenza privata; il Collegio, deve precisarsi, è stato messo al corrente dalle parti del relativo esito processuale penale, in occasione dell’udienza di discussione.

4. Con riguardo alla censura con cui il ricorrente lamenta la mancanza dei presupposti di legge e il difetto di motivazione, la Sezione più volte si è espressa nel senso che la semplice denuncia di reato all’autorità giudiziaria non è solitamente circostanza che da sola possa giustificare il diniego di rinnovo e detenzione del porto di arma per sopravvenuta inaffidabilità del titolare dell’autorizzazione di polizia, che deve essere conseguente solo a una valutazione complessiva della personalità del soggetto destinatario del diniego di rinnovo dell’autorizzazione di polizia onde valutarne l’incidenza in ordine al giudizio di affidabilità e/o probabilità di abuso nell’uso delle armi. Tale principio, tuttavia, trova eccezione in presenza di circostanze (quali possono essere l’estrema gravità dei fatti denunciati, la loro reiterazione, la contiguità fisica tra denunciato e denunciante, l’attendibilità del denunciante et similia) che, pur in attesa di un riscontro oggettivo da parte dell’Autorità Giudiziaria, appaiono idonee a supportare, per un ragionevole fine di cautela e prevenzione, un giudizio di pericolosità sociale per l’ordine e la sicurezza pubblica, la cui valutazione può legittimamente fondarsi anche su considerazioni probabilistiche.

4.1. Orbene, nella specie, modificando l’opinione espressa in sede cautelare, ritiene il Collegio che i provvedimenti impugnati siano sprovvisti di adeguata motivazione, in quanto, sebbene il rapporto informativo sul conto del sig. A., inviato dall’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico alla Procura della Repubblica di Varese, evidenzi la denuncia di plurime condotte di reato (minacce, ingiurie, lesioni personali) ai danni della ex moglie B.M.T., i "fatti storici", concretizzanti le denunciate condotte, sono oggetto di specifica contestazione e ricostruzione antitetica da parte del ricorrente, cosicché per essi non poteva dirsi sussistente (all’epoca dell’adozione del provvedimento) alcun riscontro oggettivo; inoltre, considerata la loro isolatezza e tenuità, unitamente alla incensuratezza del ricorrente,, non sembrano idonei, in mancanza di riscontro processuale, a supportare un giudizio prognostico ex ante di sopravvenuta inaffidabilità del ricorrente. A conferma di ciò, con sentenza depositata il 1 giugno 2011, il Giudice di Pace di Varese ha assolto il ricorrente dalle imputazioni per i reati di ingiuria e minacce.

5. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma. Resta fermo l’onere di cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decretolegge n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

ACCOGLIE il ricorso e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati;

CONDANNA l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite in favore del ricorrente che si liquida complessivamente in Euro 800,45, oltre IVA e CPA, e rimborso contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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