Cass. civ. Sez. I, Sent., 15-12-2011, n. 27095 Locazione e trasferimento di proprietà

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Istituto per l’Edilizia Popolare di San Berillo s.p.a. intimò a D.F.C. sfratto per finita locazione dell’alloggio detenuto in (OMISSIS). L’intimato si oppose deducendo che si trattava in realtà di una assegnazione di alloggio di ERP, che poteva essere definita solo ai sensi del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 17 e chiedendo in via riconvenzionale riconoscersi il suo diritto alla cessione in proprietà. Interrotta la causa per decesso del D. F. e riassunta nei confronti della moglie dell’opponente, S.S.A., il Tribunale con sentenza 24.4.2003 respinse l’opposizione e convalidò lo sfratto. La sentenza venne impugnata dalla S. che sostemeva essersi trattato di vera assegnazione di alloggio di ERP. La Corte di Catania con sentenza 17.2.2006 rigettò il gravame affermando:

che, in dissenso da quanto asserito dall’appellante, dagli atti emergeva che il contratto inter partes l’11.1.1967 aveva originato un normale rapporto di locazione;

che le leggi sul risanamento del quartiere di (OMISSIS) (L.R.S. n. 13 del 1954 e n. 26 del 1963) prevedevano infatti sia le locazioni semplici sia quelle con patto di futura vendita e riscatto ma queste ultime limitatamente ai soggetti in possesso dei requisiti per essere assegnatari di alloggi di ERP;

che la differente tipologia delle locazioni era evidente e conclamata agli atti;

che il D.F. aveva optato per la locazione semplice e di fronte alla opzione per l’applicazione della legge aveva ritenuto di qualificarsi come semplice conduttore;

che non rilevava di contro la lettera del Comune 10.3.1996, probabilmente manipolata;

che essa infatti significava solo l’esistenza di una diversa possibilità ma nel ricorrere delle condizioni di legge;

che neanche poteva essere applicata la L.R. n. 18 del 1994 trattandosi nella specie di un intervento di recupero edilizio curato da un soggetto privato quale la s.p.a. appellata;

che neanche era prospettabile il diritto al riscatto dell’alloggio posto che l’appellante non aveva provato di aver domandato la cessione in proprietà dell’alloggio e di aver avuto il parere della commissione comunale ma;

che comunque la domanda stessa, proposta in via riconvenzionale, neanche avrebbe potuto trasformare la locazione semplice in locazione con patto di riscatto.

Per la cassazione di tale sentenza, notificata il 10.4.2006 ha proposto ricorso la S. il 9.6.2006 con cinque motivi, ai quali si è opposta la s.p.a. Istituto per l’E.P. di San Berillo con controricorso del 17.7.2006.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere rigettato, nessuna delle censure sulle quali si fonda potendo essere condivisa.

Primo motivo: denunzia contraddizione logica tra l’aver affermato che il programma costruttivo espletato dall’Istituto era di ERP e l’aver precisato che si trattava di intervento di edilizia convenzionata:

emergeva dagli atti che l’Istituto aveva per Statuto (art. 1) l’oggetto della costruzione di alloggi ERP per le famiglie obbligate ad abbandonare i locali del rione, che nel contratto tra le parti era richiamata la registrazione a tassa fissa R.D. n. 1165 del 1938, ex art. 153, che tutti gli appartamenti dello stesso stabile erano stati assegnati e quindi riscattati, che nulla faceva ritenere che l’edificio fosse stato realizzato con fondi propri dell’Istituto, che il D.F. aveva sempre pagato, come richiesto, le spese straordinarie, che nel contratto si faceva significativo rinvio al fatto che l’alloggio in locazione fosse "gestito" dall’Istituto ed in tutti gli atti e comunicazioni il D.F. era definito come assegnatario.

Secondo motivo: censura come illogica l’enfasi data al testo del contratto di "locazione" sottoscritto dal D.F. avendo riguardo alla realtà emergente dalla comunicazione 10.3.1996 del Sindaco o dall’invito a presentarsi del 12.09.1985 (sempre indirizzati all"’assegnatario".

Terzo motivo: censura l’interpretazione contrattuale in violazione degli artt. 1362, 1363, 1366 c.c. non valutando il comportamento successivo, il richiamato regime dell’imposta di registro, la richiesta di un mero canone sociale effettuata nel 1997, etc..

Quarto motivo: censura la cattiva lettura data al documento 10.3.1996 dell’Ufficio comunale assegnazione alloggi dimenticando che la sua stessa spedizione indicava che il D.F. era beneficiario della posizione di assegnatario.

Quinto motivo: censura di contraddittorietà la spiegazione data all’invito a presentarsi in data 12.09.1985, invito impensabile se il D.F. non fosse stato assegnatario con futuro riscatto dell’alloggio.

Il controricorrente pone una corretta premessa, idonea ad escludere l’equivoco in cui potrebbe far incorrere la lettura del ricorso, la premessa per la quale alla costruzione di alloggi da parte dell’Istituto non era applicabile nè il D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 17 nè la LRS n. 26 del 1963: l’Istituto aveva infatti l’obbligo di concorrere ad attuare il piano edilizio di cui alla LRS n. 13 del 1954 in parte edificando su terreni acquisiti per esproprio in sua proprietà ed in parte costruendo su terreni regionali e con contributi del relativo Ente nonchè provvedendo, nel quadro dei numerosi programmi di edificazione, tanto a riedificare immobili espropriati, abbattuti e da riassegnare in proprietà ai proprietari esercenti la prevista prelazione, quanto, e per quel che rileva, ad assegnare gli edificati alloggi popolari in locazione agli interessati, secondo la diversa opzione della locazione semplice e della locazione con patto di futura vendita (art. 8 dPRS 1 del 1955).

I beneficiari di tali alloggi popolari, previamente indicati, avevano quindi a disposizione la scelta tra locazione semplice e assegnazione di alloggi a futuro riscatto (se muniti dei requisiti). E la proposta di esercitare tale opzione era consentita alla spa Istituto di San Berillo, trattandosi di soggetto di diritto privato (come detto da Cass. 9249 del 2005).

Fatta tale premessa ne discende che, avendo la Corte di Catania accertato che l’intesa originaria era nel senso della locazione semplice, che essa era consentita dalla legge, che nulla nei comportamenti ed atti successivi faceva ritenere non voluta quella intesa o successivamente mutata, le censure esposte nei motivi non siano condivisibili.

Inconsistenti sono, quindi, le molteplici non coordinate doglianze esposte nel primo motivo: la necessaria riconduzione dell’alloggio a suo tempo assegnato al dante causa della S. al genus della edilizia convenzionata, la conformità a legge della opzione offerta al futuro conduttore, la ricostruzione negoziale della scelta effettuata nel concreto, sono dati rettamente accertati in sentenza ed ai quali il motivo tenta di contrapporre elementi esterni alla fattispecie che appaiono essere di nessun rilievo. Così per la registrazione del contratto a "tassa fissa" e per la qualificazione del D.F. quale "assegnatario" nella corrispondenza ordinaria con l’Istituto, ovviamente redatta su modelli generali; e così per il solo genericamente affermato pagamento di spese straordinarie, elemento di fatto non introducibile in sede di legittimità.

Del tutto inammissibili sono poi le censure esposte nel secondo motivo che, lungi dall’evidenziare effettive illogicità nella argomentazione della sentenza, pretendono solo di affermare come più plausibili diversi elementi valutativi rispetto a quelli – testuali – evidenziati in sentenza.

Non diversa sorte merita quindi il terzo motivo, consistente nella pura e semplice contrapposizione al dato letterale evidenziato dalla Corte (per il quale era stipulato contratto di locazione avente durata da 1.1 a 31.12.1967) di dati, incontestabilmente valutati dalla Corte stessa ma in tesi "sottodimensionati", afferenti il preteso comportamento successivo delle parti: la loro valutazione – immune da vizi logici – resta al riparo dalla contrapposizione di una diversa possibilità di valutare i fatti.

Quanto al mero dissenso, espresso nel quarto motivo, dalla lettura data in sentenza al testo ed al significato dell’invito comunale 10.3.1996, nessun dato di illogicità è in ricorso proposto ma solo una inammissibile espressione di dissenso dalla interpretazione sulla vicenda resa in sentenza.

Del pari, affermare come nel quinto motivo che la convocazione dell’Istituto per eventuale presentazione di domanda di riscatto integrasse un elemento di interpretazione ex post del contenuto della originaria stipula dell’11.1.1967 significa soltanto proporre una inammissibile lettura della circostanza diversa da quella, logica, data in sentenza (e per la quale l’invito era diffuso a tutti i soggetti occupanti gli alloggi, senza creare a priori condizioni di accesso che non esistessero in realtà).

Dal rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla refusione delle spese di giudizio in favore dell’Istituto vittorioso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la S. a pagare al controricorrente Istituto le spese di giudizio per Euro 1.700,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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