Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-02-2011) 21-07-2011, n. 29145

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Il Tribunale di Palmi – sezione distaccata di Cinquefrondi, con sentenza deliberata il 2 luglio 2009, dichiarava F.M. colpevole del reato di cui all’art. 660 cod. pen., perchè, per petulanza ed altri biasimevoli motivi, aveva recato molestia o disturbo a P.R.M., costituitasi parte civile, "facendo continui squilli e telefonate mute in ogni ora del giorno e della notte sull’utenza cellulare" della predetta persona offesa, e la condannava alla pena di Euro 300,00 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno alla costituita parte civile.

Secondo la sentenza impugnata le prove a carico dell’imputata erano costituite dalle dichiarazioni rese in sede di verbale di sommarie Informazioni dalia stessa F. – che aveva confermato di aver effettuato le telefonate alla P. – acquisito agli atti con il consenso delle parti nonchè dal "tabulato telefonico" versato in atti, che attestava le telefonate effettuate dall’imputata alla persona offesa.

2. – Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, deducendone l’Illegittimità:

– con i primi due motivi di impugnazione, tra loro strettamente connessi, per violazione di legge e vizio di motivazione, relativamente all’affermazione di penale responsabilità della F., fondata su elementi di natura indiziaria, privi dei requisiti della gravità precisione concordanza, rilevando, per un verso, quanto alle "dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni dalla F.", la inutilizzabilità delle stesse ex art. 63 cod. proc. pen.; quanto ai "tabulati", che tale documento attesta soltanto l’esistenza di contatti telefonici tra due utenze, ma non già l’autore delle chiamate;

– con il terzo motivo, per inosservanza delle norme in materia di competenza territoriale, da individuarsi nel luogo di residenza dell’imputata ((OMISSIS)) e non già con riferimento al luogo in cui si trovava la persona offesa all’epoca dei fatti ((OMISSIS));

– con il quarto motivo, per violazione di legge, per avere il giudicante erroneamente ritenuto intempestiva la richiesta dell’imputata di ammissione all’oblazione.

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione è inammissibile perchè basata su motivi manifestamente infondati.

1.1 – Quanto ai primi due motivi, occorre considerare, infatti, che alle dichiarazioni spontanee, come ripetutamente affermato da questa Corte, non si applicano le disposizioni dell’art. 63, comma 1 (in questo senso, Cass. 25 febbraio 1997, Giuliani, rv. 207427) e dell’art. 64 c.p.p., dato che la prima disposizione concerne l’esame di persone non imputate o non sottoposte ad indagini, mentre le dichiarazioni spontanee provengono naturalmente dalla persona sottoposta alle indagini (ved. art. 350 c.p.p., comma 7), e la seconda concerne l’interrogatorio, che è atto diverso dalla ricezione di dichiarazioni spontanee.

E del resto, come ha ricordato la sentenza impugnata il verbale con le dichiarazioni spontanee è stato acquisito al fascicolo per il dibattimento con il consenso delle parti e la motivazione della sentenza impugnata non merita alcuna censura perchè in modo privo di illogicità è giunta alla conclusione della responsabilità della ricorrente, utilizzando i vari elementi di prova acquisiti e tra questi, certo non privo di significato, il tabulato telefonico attestante le continue telefonate a tutte le ore del giorno e della notte, provenienti dall’utenza dell’imputata e palesemente rivolte a molestare la P..

1.2 – Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di impugnazione, ove si consideri che una volta superato il termine di cui all’art. 491 c.p.p., comma 1, l’incompetenza territoriale non è più rilevabile, neanche d’ufficio (in termini, ex multis, Sez. 2, Sentenza n. 24736 del 26/03/2010, dep. 1/07/2010, Rv. 247745, imp. Amato).

1.3 – Con riferimento, infine, al rigetto dell’istanza di oblazione, le deduzioni della difesa della ricorrente sono in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in caso di opposizione a decreto penale di condanna, non è consentito all’imputato presentare domanda di oblazione nel giudizio instaurato a seguito dell’opposizione, senza alcuna distinzione tra oblazione ordinaria ed oblazione discrezionale ex art. 162 bis cod. pen., atteso che in materia rilevano le disposizioni di cui all’art. 141 disp. att. cod. proc. pen. (procedimento di oblazione) e le modificazioni introdotte con la L. n. 479 del 1999 all’art. 464 c.p.p., comma 3 e art. 557 c.p.p., comma 2, in base alle quali la domanda di oblazione deve essere presentata entro il termine di giorni quindici dalla notificazione del decreto penale, contestualmente all’atto di opposizione (in termini, Sez. 3, Sentenza n. 12939 del 08/03/2006, dep. 12/04/2006, Rv. 233932, imp. Managò).

2. – Alla dichiarazione di Inammissibilità del ricorso consegue la condanna per legge del ricorrente, al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla cassa delle ammende, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), di una somma, congruamente determinabile in Euro 1000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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