T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent., 28-07-2011, n. 1262 Enti locali Regolamenti comunali e provinciali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.Per una migliore comprensione delle questioni dibattute va riepilogata la sequenza dei fatti in ordine cronologico.

maggio 2009: il Comune di Quarto d’Altino riceve una richiesta di concorso nel pagamento della retta di ricovero della signora G.O. formulata dalla figlia della stessa, M.G.D.. Alla richiesta è allegata una dichiarazione sostitutiva unica (doc. 3 fasc. ric.) intestata alla madre della D., non sottoscritta e incompleta;

6 luglio 2009: la responsabile dei Servizi sociali del Comune richiede alla signora D. di integrare la documentazione già presentata con l’ISEE del nucleo familiare di appartenenza per accertare l’eventuale partecipazione al pagamento delle rette da parte della stessa D., con la precisazione che in attesa della documentazione richiesta l’Amministrazione comunale non potrà quantificare l’eventuale quota di partecipazione a proprio carico e proseguire nel pagamento della stessa;

30 ottobre 2009: la D. non integra la documentazione ma si rivolge all’Ufficio del Difensore civico regionale facendo presente che la retta di ricovero è di gran lunga superiore alle disponibilità economiche sia della madre, signora O., sia della stessa esponente e che la l. n. 328 del 2000 prevede l’obbligo di integrazione della retta a carico del Comune di residenza dell’anziano ultra sessantacinquenne non autosufficiente; e chiede al Difensore civico di intervenire presso il Comune affinchè lo stesso si accolli l’integrazione della retta;

2 novembre e 14 dicembre 2009: il Difensore civico chiede chiarimenti al Comune segnalando in particolare che, ai fini delle prestazioni sociali disciplinate dall’art. 3, comma 2 ter, del d. lgs. n. 109 del 1998, i Comuni possono acquisire soltanto le informazioni personali che riguardano la situazione economica dell’interessato, e non quella del nucleo familiare di appartenenza. Il Difensore civico invita il Comune ad attenersi alle indicazioni eseguendo un’istruttoria legittima;

gennaio 2001: l’Ufficio del Difensore civico avvia il procedimento per l’eventuale esercizio dei poteri sostitutivi di cui all’art. 136 del d. lgs. n. 267 / 00, per l’adozione degli adempimenti correlati, ex art. 6, comma 4, della l. n. 328 del 2000 e 3, comma 2 ter, del d. lgs. n. 109 del 1998, all’assunzione degli obblighi connessi alla integrazione economica della retta di degenza della signora O. presso la casa di riposo "C.D.F.";

9 febbraio 2010: il Difensore civico regionale adotta la diffida in epigrafe. Nell’atto impugnato si legge tra l’altro che:

l’assunzione dell’obbligo sancito dall’art. 6, comma 4, della l. n. 328/00 è atto obbligatorio per legge;

l’integrazione della retta di degenza della signora O. da parte del Comune non è eventuale, né è successiva all’obbligo dei civilmente obbligati, non potendo considerarsi obbligati alla integrazione suddetta familiari diversi dall’avente diritto alla prestazione. In particolare, dalla posizione di familiare tenuto agli alimenti non deriva l’obbligo di provvedere al pagamento delle rette e, con riferimento ai soggetti ultrasessantacinquenni non autosufficienti, trova applicazione l’art. 3, comma 2 ter, del d. lgs. n. 109 / 98, nella parte in cui viene valorizzata la situazione economica del solo assistito.

Avverso e per l’annullamento della diffida sopra riassunta il Comune, con ricorso introduttivo proposto nel maggio del 2010, ha formulato otto censure, concernenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.

Nel giugno del 2010 le signore O. e D. hanno notificato a Comune e Regione un "ricorso incidentale e controricorso" diretto a sentire accogliere le conclusioni in epigrafe indicate.

Le ricorrenti incidentali, dopo avere illustrato il quadro normativo di riferimento, evidenziano in particolare che:

la richiesta di integrazione della documentazione mediante la presentazione dell’ISEE del nucleo familiare di appartenenza muove dall’assunto -erroneo- secondo cui nel caso di specie dovrebbe applicarsi l’art. 2, comma 1, del d. lgs. n. 109 / 98, ove è stabilito che la situazione economica del richiedente viene determinata con riferimento al nucleo familiare di appartenenza. Invece, nella fattispecie in esame dovrebbe farsi applicazione dell’art. 3, comma 2 ter, del decreto n. 109 / 98, secondo cui, con riferimento ai soggetti ultrasessantacinquenni non autosufficienti, dev’essere evidenziata "la situazione economica del solo assistito anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione". Nel caso specifico, il Comune avrebbe dovuto considerare unicamente i dati reddituali e patrimoniali della signora O., anche senza applicare l’art. 3, comma 2 ter, citato, giacché; anche prima del trasferimento presso la casa di riposo, la famiglia anagrafica della ricorrente era costituita dalla sola signora O.;

la richiesta di integrazione documentale, in quanto applicativa del regolamento comunale per l’accoglienza di anziani e disabili presso strutture protette, adottato dal Consiglio comunale nel 2003, è viziata anche per l’illegittimità derivata dal regolamento medesimo, il quale contrasta con la normativa di settore là dove, agli articoli 4, 5, 7 e 9, prevede che, ai fini dell’intervento economico integrativo del Comune, si tenga conto non solo della situazione economica dell’utente e del nucleo familiare di appartenenza, ma anche della condizione degli obbligati, limitatamente a figli, sorelle, fratelli e genitori, subordinando così l’erogazione delle prestazioni sociali da parte del comune al fatto che la condizione economica degli obbligati non consenta la copertura integrale della retta dell’assistito. L’art. 2, comma 1, del decreto n. 109 del 1998 prende in considerazione, infatti, il nucleo familiare di appartenenza stabilendo che fanno parte del nucleo familiare i soggetti componenti la famiglia anagrafica. Il regolamento comunale, nell’applicare gli articoli 433 e 438 cod. civ. in materia di persone obbligate agli alimenti, contrasta con l’art. 2 del d. lgs. n. 109 / 98 sostituendo, al criterio della famiglia anagrafica, quello della parentela. Inoltre l’art. 7, comma 3, del regolamento, è illegittimo in quanto indica in soli 80 euro mensili la quota necessaria per le spese personali, quando in base all’art. 25 della l. n. 328 / 00 dev’essere garantito almeno il 50 % del reddito minimo di inserimento, vale a dire almeno 130 euro;

dall’illegittimità degli atti impugnati le ricorrenti fanno discendere il diritto della signora O. alla integrazione economica della retta da parte del Comune, a partire dal maggio 2009, secondo i criteri specificati a pag. 12 del ricorso incidentale (in base ai calcoli delle ricorrenti incidentali, l’intervento economico integrativo comunale mensile dovrebbe ammontare a circa 450 -500 euro).

La difesa comunale ha eccepito la inammissibilità del ricorso incidentale per le ragioni che seguono:

perché proposto fuori termine, in relazione alla avvenuta decorrenza del termine previsto per la notifica;

per decorrenza dell’ordinario termine di notifica;

perché la nota comunale prot. n. 10080 del 6 luglio 2009 non è impugnabile in via autonoma, non essendo un atto definitivo, e perché i regolamenti comunali non sono atti direttamente lesivi della sfera dei privati;

perché sono censurati con ricorso incidentale provvedimenti autonomi che andavano gravati in via principale;

per difetto di giurisdizione nella parte in cui viene chiesto l’accertamento del diritto della signora O. alla integrazione economica della retta e la condanna del Comune a pagare quanto accertato. Nel merito, la difesa comunale ha rilevato la infondatezza del ricorso incidentale.

Le ricorrenti incidentali hanno replicato alle eccezioni in rito sollevate dalla difesa del Comune.

La Regione Veneto -Ufficio del Difensore Civico, si è costituita con il patrocinio dell’Avvocatura regionale controdeducendo e concludendo per il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti.

2.1.- Il Collegio ritiene di dover esaminare e decidere in via prioritaria il ricorso introduttivo e l’atto di motivi aggiunti.

Il ricorso è fondato e va accolto con riferimento a quanto rilevato con la quarta censura.

L’impugnata diffida è illegittima per violazione dell’art. 136 del TUEL, approvato con d. lgs. n. 267 del 2000.

Il citato art. 136, rubricato "poteri sostitutivi per omissione o ritardo di atti obbligatori", prescrive che "qualora gli enti locali, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino o omettano di compiere atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta nominato dal difensore civico regionale, ove costituito, ovvero dal comitato regionale di controllo. Il commissario ad acta provvede entro sessanta giorni dal conferimento dell’incarico".

La disposizione suindicata va interpretata in senso restrittivo.

In via preliminare e in termini generali va rammentato che la Corte costituzionale, con sentenza n. 69 del 2004, in tema di poteri sostitutivi delle regioni nei confronti dei comuni, illustrando l’assetto costituzionale dei poteri sostitutivi, ha evidenziato che i poteri sostitutivi concorrono a limitare l’autonomia dell’ente nei cui confronti opera la sostituzione, sottolineando, per quanto qui più interessa, che nel sistema del Nuovo Titolo V della Costituzione, gli interventi sostitutivi costituiscono un’eccezione rispetto al normale svolgimento delle attribuzioni degli enti locali (conf. C. cost. n. 43 del 2004).

Quanto alla posizione della giurisprudenza amministrativa con specifico riferimento alla interpretazione del citato art. 136 del TUEL, è vero che la quinta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5706 del 2006, di annullamento della sentenza del Tar Campania -Napoli, n. 10698 del 2005 in tema di impugnazione di nomina di commissario "ad acta" ai fini della designazione di un difensore civico comunale, ha segnalato che atti obbligatori per legge ai sensi dell’art. 136 del TUEL sono tutti quelli la cui emanazione è prevista da una fonte normativa. E’ da ritenere, però, che l’intervento sostitutivo del Difensore civico regionale vada in ogni caso posto in correlazione con l’omesso o il ritardato esercizio di poteri aventi natura pubblicistica (del resto, la relazione tra l’intervento del Difensore civico regionale -e del commissario "ad acta"- e l’esercizio di un potere tipicamente amministrativo è avvalorata anche dall’impiego dell’espressione "si provvede" nel citato art. 136, in disparte il rilievo che la giurisprudenza amministrativa si è fin qui pronunciata in tema di nomine di commissari "ad acta" allo scopo di provvedere in àmbiti riconducibili all’esercizio di poteri autoritativi); e comunque, l’intervento sostitutivo del Difensore civico regionale non può che conseguire a un omesso o ritardato esercizio di attribuzioni aventi carattere puntuale e ben definito. Detto altrimenti, l’atto obbligatorio per legge deve avere un contenuto puntuale, rilevabile in via immediata.

Alla luce delle considerazioni su esposte, nel caso in esame non si ricade nel campo di applicazione dell’art. 136 TUEL, in primo luogo perché non si fa questione della adozione di un provvedimento, venendo in rilievo invece l’esecuzione di "adempimenti correlati all’assunzione di obblighi connessi alla integrazione economica della retta di degenza" della signora O.; adempimenti che esorbitano dall’ambito dei poteri pubblicistici dell’Ente (tant’è vero che una controversia, tra privato e Comune, diretta a ottenere, da quest’ultimo, la compartecipazione alla retta di degenza andrebbe proposta dinanzi al Giudice ordinario: Tar Veneto, nn. 6041 e 6023 del 2010, e 742 del 2011); in secondo luogo, e in ogni caso, perché la definizione degli adempimenti da eseguire nei termini esatti presupporrebbe, nella specie, una istruttoria approfondita e, prima ancora, una tutt’altro che agevole -come dimostra l’eterogeneità delle posizioni assunte in giurisprudenza- attività di interpretazione e applicazione di norme, funzioni che mal si accordano con l’esigenza, sopra vista, che l’intervento sostitutivo del Difensore civico regionale sia strettamente conseguente all’omesso compimento di atti vincolati e ben definiti nel loro contenuto.

Dall’accoglimento del quarto motivo discende l’annullamento della diffida impugnata e, per illegittimità derivata, del decreto n. 2 del 2010 di nomina del commissario "ad acta".

2.2.- Va adesso esaminato e deciso il ricorso incidentale promosso, nel giugno del 2010, dalla O. e dalla D., per:

l’annullamento della nota prot. n. 10080 del 6.7.2009 con cui la responsabile dei Servizi sociali del Comune di Quarto d’Altino, in merito alla richiesta di concorso nel pagamento della retta di ricovero della signora O., ha chiesto alla signora D. di integrare la documentazione già presentata con l’ISEE del nucleo familiare per accertare l’eventuale partecipazione al pagamento stesso da parte della stessa D., precisando che in attesa di tale documentazione l’Amministrazione comunale non potrà quantificare l’eventuale quota di partecipazione a proprio carico e proseguire nel pagamento della stessa;

l’annullamento, per la parte di interesse, dei regolamenti comunali in materia di erogazione di prestazioni sociali agevolate, approvati con delibera del Consigli comunale n. 5 del 18 febbraio 2003, con particolare riferimento al regolamento per l’accoglienza di anziani e disabili presso strutture protette, adottato dal Consiglio comunale nel 2003, limitatamente agli articoli 4, 5, 7 e 9, nelle parti in cui è previsto che, ai fini dell’intervento economico integrativo del Comune, si tenga conto non solo della situazione economica dell’utente e del nucleo familiare di appartenenza, ma anche della condizione degli obbligati, limitatamente a figli, sorelle, fratelli e genitori, subordinando così l’erogazione delle prestazioni sociali da parte del comune al fatto che la condizione economica degli obbligati non consenta la copertura integrale della retta dell’assistito;

l’accertamento del diritto della signora O., persona invalida e ultrasessantacinquenne, ospite presso la casa di riposo C.D.F. in Quarto d’Altino, dal febbraio del 2006, alla integrazione economica della retta di ricovero da parte del Comune di Quarto d’Altino; e la condanna del Comune medesimo al pagamento, a favore della signora O., della somma corrispondente all’integrazione della suddetta retta di ricovero pari alla differenza tra l’importo complessivo della retta richiesto dalla Casa di riposo alla signora O. e ai suoi congiunti dalla data del 5 maggio 2009 e quanto la signora O. ha invece percepito come indennità di accompagnamento e pensione di reversibilità nello stesso periodo.

2.2.1.In rito, il Collegio ritiene di poter prendere le mosse dall’eccezione comunale secondo cui l’impugnata nota del 6.7.2009 avrebbe carattere endoprocedimentale e, come tale, sarebbe priva di carattere lesivo e non idonea a formare oggetto di impugnazione autonoma, dato che con essa il Comune "si limitava a richiedere alla signora D. l’integrazione della disciplina ISEE’.

I regolamenti impugnati -prosegue la difesa comunale- sono privi di effetti immediatamente lesivi della sfera individuale delle ricorrenti, mancando il provvedimento applicativo idoneo a incidere in modo diretto sulle stesse.

L’eccezione su esposta è infondata e va respinta.

La richiesta di integrazione documentale, diretta ad acquisire l’ISEE del nucleo familiare, richiesta al soddisfacimento della quale il Comune aveva subordinato il completamento dell’istruttoria e la decisione finale sulla domanda della D. di giovarsi di una compartecipazione da parte del Comune al pagamento delle retta di degenza, ha determinato l’arresto del procedimento diretto a valutare la sussistenza delle condizioni per l’anzidetta compartecipazione al pagamento, alla luce dell’asserito obbligo di considerare la situazione economica della sola richiedente. E poiché la regola della inammissibilità della impugnazione in giudizio di atti endoprocedimentali incontra un’eccezione nell’ipotesi di atti interlocutori idonei a determinare, appunto, un arresto procedimentale; e l’annullamento giurisdizionale dell’atto di arresto suddetto avrebbe quale effetto la prosecuzione e la conclusione del procedimento, con la conseguente possibilità, per la ricorrente, di vedere soddisfatto l’interesse prospettato, ne discende che, sotto questo aspetto, le caratteristiche della nota del 6.7.2009 non sono di ostacolo, di per sé sole, all’ammissibilità del ricorso incidentale.

2.2.2- Con una seconda eccezione la difesa comunale, nel rilevare la inammissibilità del ricorso incidentale a causa dell’intervenuto superamento del termine di notifica di cui all’art. 37 del r. d. n. 1054 del 1924, muove dall’assunto che il perfezionamento della notifica, per il ricorso principale, è avvenuto al momento della consegna del ricorso medesimo all’Ufficio Postale, vale a dire il 9.4.2010. Poiché l’ultima notifica, dalla quale far decorrere il termine di 30 giorni per il deposito del ricorso, è stata effettuata proprio il 9.4.2010, il termine per depositare in segreteria il ricorso principale scadeva il 9.5.2010, e quest’ultima data costituiva il "dies a quo" per il computo del termine di scadenza di 30 giorni per la notifica del ricorso incidentale ai sensi dell’art. 37 del r. d. n. 1054 del 1924; ricorso incidentale che andava notificato entro l’8.6.2010, mentre lo è stato soltanto il 12.6.2010.

L’eccezione è infondata e dev’essere respinta.

La giurisprudenza (v. Cons. St., V, n. 1350 del 2008) ha infatti segnalato come si sia ormai "consolidato un orientamento (tenuto anche conto delle sentenze della Corte costituzionale n. 28/ 2004 e n. 107 / 2004) che distingue nettamente il termine per la notifica del ricorso da quello per il suo deposito. Invero, il principio sancito dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte Costituzionale (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 cod. proc. civ. e della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 4, comma 3, nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, dalla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario) trova applicazione limitatamente al termine per stabilire la tempestività della notifica dell’atto, ma non anche con riguardo alla questione relativa alla tempestività del deposito del ricorso in ipotesi di notificazione a mezzo del servizio postale. In tal caso, il termine per il deposito decorre dall’ultima notifica in riferimento alla data di consegna del plico al destinatario (v. Cass. sez. 3° n. 14741/2007; Cons. di Stato, sez. VI n. 5191/2006, sez. V n.1790/2007)".

Nella specie, la notifica del ricorso alla signora D. è avvenuta il 13 aprile 2010, come si ricava dalla lettura della cartolina di ricevimento, e quindi il termine per proporre il ricorso incidentale scadeva il 12 giugno 2010, con la conseguenza che il ricorso incidentale, sotto questo aspetto, e fatto salvo ciò che si dirà "infra", al p. 2.2.3., è tempestivo (conf. art. 42 cod. proc. amm., secondo cui il ricorso incidentale si propone nel termine di sessanta giorni decorrente dalla ricevuta notificazione del ricorso principale).

2.2.3.Il fatto è che, però, in termini più radicali è fondato e va accolto il rilievo difensivo comunale secondo cui le ricorrenti avrebbero proposto censure autonome e del tutto indipendenti e slegate rispetto a quelle del ricorso principale e, comunque, dirette a far valere un autonomo interesse, non sembrando esservi, tra la nota comunale del 6.7.2009 e la diffida adottata dal Difensore civico regionale, quel rapporto di connessione richiesto per ammettere la proposizione di un ricorso incidentale, con la conseguenza che il ricorso incidentale (improprio) proposto dalle signore O. e D. andrebbe -e va difatti- dichiarato irricevibile per tardività (come, del resto, anticipato dalla sezione in sede cautelare, a un primo esame, con l’ord. n. 484 del 2010, con la quale si è ritenuto che "all’accoglimento della domanda cautelare (ostassero) assorbenti profili attinenti all’inammissibilità del ricorso incidentale, le cui censure risulterebbero tardive ove considerate, come richiesto dalla parte controinteressata, proposte nell’ambito di un ricorso autonomo").

E invero, come il Consiglio di Stato, in ripetute occasioni (v., da ultimo, le sentenze nn. 1745 del 2010 e 1736 del 2007 -p. 2.1. e ivi ult. rif.) ha statuito che all’appello incidentale autonomo o improprio, ossia rivolto avverso capi di sentenza autonomi rispetto a quelli impugnati con l’appello principale, ovvero diretti a far valere un interesse autonomo, si applica il termine previsto per l’appello principale; e questo perché l’appello incidentale improprio è, nella sostanza, un appello autonomo, che ha la medesima natura di quello principale, e come tale deve seguire la disciplina di quest’ultimo; così, similmente, il ricorso incidentale improprio dev’essere considerato, a tutti gli effetti, come un ricorso in via principale, come tale soggetto al termine decadenziale previsto per quest’ultimo.

Nel caso in esame, può convenirsi sul fatto che l’interesse a impugnare la nota 6.7.2009 di arresto procedimentale è sorto (nuovamente) in conseguenza del ricorso principale presentato dal Comune contro la diffida e la successiva nomina del commissario "ad acta". Ma è innegabile che, in capo alle signore O. e D., preesistesse, rispetto alla proposizione del ricorso principale del Comune, avvenuta nell’aprile del 2010, un interesse autonomo a impugnare la nota del 9.7.2009 di arresto procedimentale (e il regolamento presupposto), per tutte le ragioni di illegittimità sopra riassunte.

La nota del 6.7.2009 doveva formare oggetto di un autonomo ricorso giurisdizionale da proporre in via principale -da parte della signora D., destinataria dell’atto- entro il termine di decadenza.

E’ vero che il Comune, resistente nel gravame incidentale, non ha comprovato la data dell’avvenuta comunicazione, alla D., della richiesta di integrazione documentale fatta il 6.7.2009.

E’ vero anche però nello stesso ricorso incidentale viene riconosciuto che l’intervento del Difensore civico regionale era stato sollecitato dalla signora D. (con lettera del 30.10.2009 -v. doc. 5 fasc. Comune, vale a dire circa sette mesi prima della proposizione del ricorso incidentale), a seguito del "sostanziale diniego" operato dal Comune mediante l’affermazione della necessità che i dati ISEE della signora O. fossero integrati con i dati ISEE del nucleo familiare della D.. La dettagliata, argomentata e documentata richiesta di intervento al Difensore civico regionale non poteva non muovere dalla piena consapevolezza della posizione comunale sulla necessità di presentare l’ISEE del nucleo familiare. Dagli atti documenti di causa suindicati emerge, secondo logica, una sicura presunzione di conoscenza, da parte della D., in ordine alla richiesta di integrazione documentale fatta dal Comune.

Dalla inammissibilità -e comunque irricevibilità- del ricorso incidentale presentato contro la nota comunale del 6.7.2009 discende la inammissibilità della impugnazione proposta, sempre in via incidentale, contro il regolamento comunale per l’accoglienza di anziani e disabili presso strutture protette, per vedere annullato, "in parte qua", il regolamento stesso, attesa la mancata -tempestiva- impugnazione dell’atto applicativo del regolamento capace di incidere in maniera diretta sulla sfera individuale della ricorrente.

2.2.4.- Va infine accolta anche l’eccezione di inammissibilità, per difetto di giurisdizione, ricadendosi nella giurisdizione del giudice ordinario, del ricorso incidentale nella parte in cui viene chiesto l’accertamento del diritto della signora O. alla integrazione economica della retta, e la condanna del Comune a pagare la somma accertata, e ciò per le ragioni -alle quali si fa rinvio anche ex art. 74 cod. proc. amm. – esposte nei seguenti, recentissimi, precedenti conformi della sezione, resi su fattispecie analoghe: nn. 6041 e 6023 del 2010, e 742 del 2011.

In conclusione,il ricorso introduttivo e il ricorso per motivi aggiunti vanno accolti e, per l’effetto, i provvedimenti impugnati vanno annullati (v. p. 2.1.).

Il ricorso incidentale dev’essere invece dichiarato in parte irricevibile e in parte inammissibile (v. pp. 2.2.3. e 2.2.4.).

La complessità delle questioni sottoposte al giudizio della sezione suggerisce di compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

accoglie il ricorso introduttivo e il ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati;

dichiara in parte irricevibile e in parte inammissibile il ricorso incidentale;

compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari della controversia.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *