Cons. Stato Sez. IV, Sent., 29-07-2011, n. 4533 Ricorso per revocazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il tenente colonnello dell’Arma dei Carabinieri F. F., compreso nella prima aliquota di valutazione, formata ai sensi dell’art.18 del d.lgs. n.298/2000, per avanzamento a scelta al grado superiore di colonnello per l’anno 2005, è stato giudicato idoneo ma non iscritto in quadro, essendosi collocato al 34° posto della graduatoria generale di merito con punti 28,23/30 a fronte di un numero M. di promozioni di 18 unità, stabilito per l’anzidetta prima aliquota.

Tale esito è stato contestato dall’interessato in sede giurisdizionale, sia in primo grado, definito con sentenza di rigetto n.6408/2008, quanto in sede di appello, definito da questa Sezione con sentenza n.3594/2010, che ha respinto l’impugnazione.

Di quest’ultima decisione però l’anzidetto ufficiale chiede ex artt.92 e 106 c.p.a. la revocazione in relazione al n.4 dell’art.395 del c.p.c. ritenendo che dal suo esame "si rilevano molteplici errori di fatto che hanno determinato un vizio nell’iter logico seguito nell’estensione della sentenza".

In particolare il F. si duole;

1) dell’omessa pronuncia in ordine all’impugnazione dei DD.MM. del 13 dicembre 2004 e del 18 giugno 2002, nella parte in cui hanno, rispettivamente, fissato in un anno il periodo di Comando per l’inserimento nell’aliquota di avanzamento dell’anno 2005(sulla base del quale uno dei controinteessati promossi " è stato inserito nell’aliquota di avanzamento) e considerato, ai fini dell’avanzamento dei tenenti colonnelli in servizio permanente effettivo del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri, equipollenti al comando provinciale o reparto territoriale "gli incarichi presso gli Uffici di diretta collaborazione del Ministro della Difesa" (sulla base del quale altri due contro interessati promossi "sono stati inseriti in aliquota d’avanzamento);

2) della mancata corrispondenza tra la motivazione della sentenza e le risultanze documentali acquisiti agli atti del giudizio.

Nel giudizio di revocazione così instaurato, si è costituito il solo Ministero della Difesa che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque respinto in mancanza dei presupposti di fatto e di diritto del giudizio revocatorio.

Il ricorrente in prossimità dell’udienza di discussione ha depositato memoria di replica.

All’udienza del 10 maggio 2011 il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile

1. – Al riguardo il collegio ritiene di dover brevemente esporre le condizioni affinchè possa emergere il c.d. errore revocatorio dalla sentenza impugnata a tenore della richiamata norma del codice del processo civile, applicabile anche al processo amministrativo ex artt. 92 e 106 c.p.a. (d.l.vo n.104/2010)

Il ricorso ai sensi dell’art. 395 n. 4, c.p.c., è consentito in caso di errore di fatto, risultante dagli atti o documenti della causa, che si ha quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta la inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso, il fatto non costituì un punto controverso su cui la sentenza ebbe a pronunciare.

A parte la considerazione che la revocazione, anche ordinaria, ai sensi dell’art. 395, n.4, c.p.c., è un mezzo di impugnazione a critica vincolata, perché ammissibile soltanto per i vizi previsti dalla legge, il rimedio di cui al n. 4, pur figurativamente menzionato dal ricorrente, è ammesso soltanto nella ipotesi in cui vi sia (e prima ancora venga rappresentato e dedotto) contrasto tra due diverse rappresentazioni del medesimo oggetto, emergenti l’una dalla sentenza o dalla decisione del giudice, e l’altra dagli atti e documenti processuali.

L’errore di fatto deve consistere in una svista di carattere materiale, non giuridica, oggettivamente e immediatamente rilevabile; il fatto deve essere incontroverso; esso deve essere decisivo ai fini della erroneità della decisione, quale presupposto essenziale, anche se non unico, della decisione finale.

L’errore di fatto deve consistere in un vizio di assunzione del fatto, cioè dissociato dal ragionamento seguito dal giudice per giungere alla sua decisione; esso non può consistere in un preteso apprezzamento inesatto delle norme di legge o delle risultanze processuali, poiché in tali ipotesi si è in presenza soltanto di un errore di giudizio, e non di una falsa rappresentazione della realtà, denunciabile, nel rito civile, con ricorso per cassazione ex art. 360, n. 5, c.p.c., per vizio di motivazione (del ragionamento) o ai sensi dell’art.360 c.p.c., n. 3 per violazione di legge (per omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c.), mentre in caso di decisione del Consiglio di Stato, giudice di ultimo grado, l’errore di diritto è privo di ulteriori rimedi (la sentenza n.204 del 5 luglio 2004 del giudice delle leggi ha confermato la coerenza logica, e la legittimità costituzionale del sistema, che prevede avverso le decisioni del Consiglio di Stato il solo ricorso per Cassazione per motivi di giurisdizione).

Questa Sezione, con le sentenze 25 marzo 2005, n. 1328 e 27 dicembre 2004, n. 8203, ha già fissato chiaramente, in un diverso quadro normativo tuttavia confermato da quello vigente, i presupposti per l’ammissibilità della revocazione per errore di fatto "revocatorio", assenti, invero, nella fattispecie in esame.

L’errore di fatto "revocatorio", deve rispondere a tre distinti requisiti:

"a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale, come già detto, abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere esistente un fatto documentalmente escluso o inesistente un fatto documentalmente provato;

b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;

c) infine, essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare".

Inoltre, l’errore di fatto "revocatorio" deve (oltre che consistere nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibile esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa, essere decisivo e non cadere su di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato), presentare i caratteri della evidenza e della obiettività".

In breve, della questione di fatto non deve essersi mai discusso in giudizio e ciò deve aver influito sul suo esito.

A sua volta, nella sentenza oggetto di revocazione, deve risultare una verità giuridicamente rilevante, contraria ad essa (Cass. Sez. I, 19/06/2007 n. 14267).

2. -Orbene, è sufficiente porre mente al contenuto della decisione oggetto del presente ricorso per revocazione, per concludere che gli aspetti con esso lamentati non sono stati affatto ignorati determinando un effetto decisivo sull’esito della decisione stessa.

In relazione alla deduzione contenuta nel n.1) del ricorso in esame la parte si duole della omessa pronuncia in ordine all’impugnazione del D.M. 13.12.2004 e del D.M. 18.06.2002, in forza dei quali tre candidati, poi iscritti in quadro, hanno potuto godere di condizioni diversificate e più favorevoli ai fini dell’ammissione alla procedura d’avanzamento anno 2005 per cui è causa.

Il giudice, sostiene il ricorrente, ha errato nel ritenere la predetta impugnazione inammissibile per carenza di interesse a ricorrere nella considerazione che l’eventuale esclusione degli ufficiali ammessi in graduatoria avrebbe consentito di guadagnare solo 3 posti (dal 34° al 31°) e quindi non avrebbe potuto avere alcuna utilità ai fini dell’iscrizione in quadro, essendo 18 le promozioni da conferire.

In effetti sul punto in esame la sentenza impugnata così si esprime;"…. Ma un tale risultato, che consentirebbe al ricorrente di scalare tre posizioni in graduatoria (dal 34° al 31° posto) non sarebbe per lui di alcuna utilità, in quanto egli rimarrebbe così comunque fuori dal numero di posti (18) corrispondente a quello delle promozioni stabilito dalla legge per l’anno 2005 in considerazione".

Al riguardo osserva preliminarmente il collegio che l’avanzamento dei tenenti colonnelli del ruolo normale al grado colonnello dell’Arma dei Carabinieri per l’anno 2005 venne articolato, com’è pacifico in causa, in base a tre distinte aliquote; nella prima i posti disponibili erano 18; nella seconda 12; nella terza 3.

Le tre aliquote erano del tutto autonome l’una rispetto all’altra e quindi le promozioni non erano interscambiabili tra le tre distinte aliquote.

Ciò posto va osservato che è lo stesso ricorrente a riconoscere, e ribadire nella memoria depositata, che " le promozioni al grado di colonnello per l’anno 2005, erano di 18 unità per i tenenti colonnelli compresi nella I^ aliquota di valutazione…." e "pertanto, essendo egli ricompreso nella prima aliquota al pari dei controinteressati, dall’eventuale esclusione dei 3 ufficiali beneficiari" dell’ammissione alla valutazione per effetto degli impugnati decreti, risulterebbe 19°, avendo occupato il 22° posto nella relativa graduatoria.

E’ dunque vero che nella sentenza impugnata l’errore sulla realtà dei fatti vi è stato: da solo, tuttavia, questo errore non è decisivo per dare ingresso al giudizio di revocazione in quanto, in mancanza di altri profili di errore di fatto, non può che essere confermata la contestata dichiarazione d’inammissibilità per carenza d’interesse, pacifico essendo che il ricorrente, quand’anche fossero stati annullati i menzionati decreti, non sarebbe stato comunque ricompreso nel novero delle 18 unità disponibili per i Tenenti Colonnelli compresi nella I^ aliquota di valutazione ai fini dell’avanzamento al grado di colonnello per l’anno 2005. Di per sé, dunque,questa censura non è rilevante sulla sentenza oggetto di revocazione.

Aggiunge però il ricorrente, richiamando la giurisprudenza di questo Consesso, che sussisterebbe un profilo ulteriore di errore di fatto consistente in una omissione di pronuncia: il CdS, infatti, avrebbe poi omesso totalmente, nel prosieguo della sentenza, di esaminare sotto il profilo dell’eccesso di potere in senso relativo la posizione dei due altri controinteressati (non beneficiari dei decreti) così che il giudizio sarebbe rimasto del tutto falsato a seguito dell’iniziale errore compiuto dal Collegio sulla realtà dei fatti".

Questa argomentazione non coglie nel segno, perché pretende di instaurare uno stretto collegamento tra l’omesso esame dei citati decreti e l’esame asseritamente omesso della sola posizione dei due contro interessati "non beneficiari dei decreti" nell’ambito del dedotto eccesso di potere in senso relativo.

Se non che, proprio alla stregua della invocata giurisprudenza di questo Consesso (Cons. Stato, Ad. plen., 22 gennaio 1997, n. 3; Sez. IV, 22.gennaio 1997, n. 3; Sez, V, 31 luglio 1998, n.1148;, Cgars, 13 ottobre 1998, n. 620,; Sez, IV, 13 dicembre 1999, n. 1834; Sez. VI, 31 gennaio 2000; n. 465; Sez. V, 16.3.2005, n. 1077; Sez, IV, 22.10.2004, n. 6952; Sez. IV, 26.7.2004, n. 5292; Sez. V, 7.4.2003, n. 1839) dalla sentenza in esame non emerge affatto la denunciata "totale mancanza di valutazione del motivo", atteso che il dedotto vizio dell’eccesso di potere in senso relativo è stato in essa affrontato in termini generali nei confronti di tutti i controinteressati e, quindi, anche relativamente ai contro interessati Ilariucci e Dell’Agnello, con la conseguenza che il vizio della disomogeneità del metro valutativo nei giudizi espressi dalla CSA, è stata puntualmente esaminata nei vari passaggi nei quali è stata confutata l’affermazione contenuta nell’atto d’appello secondo cui i precedenti di carriera del ricorrente erano senz’altro migliori di quelli dei suoi parigrado giudicati idonei ed iscritti in quadro.

Il motivo contraddistinto con il n.1 non può avere quindi il favore del Collegio.

3. – Con la parte del ricorso per revocazione identificata con il n.2), il ricorrente affronta il tema della " Mancata corrispondenza tra la motivazione della sentenza e le risultanze documentali in atti". articolandolo in varie sottodistinzioni corrispondenti alle lettere a, b, c, d, e, f.

3.1. – Con l’argomento contenuto nella lettera a) si sostiene che un errore di fatto presente nella sentenza revocanda, per quanto emerge dalla giurisprudenza in essa richiamata nella seconda pagina I cpv del punto 3.2, consiste nel non aver applicato i "criteri valutativi stringenti" propri dell’avanzamento da Tenente colonnello a Colonnello del ruolo normale ed aver per converso applicato il metro di valutazione proprio dell’avanzamento al grado di Generale, essendosi in essa richiamato il criterio secondo il quale occorre procedere ad un apprezzamento dei titoli e dei requisiti dei valutandi "in via di astrazione e di sintesi".

Il Collegio al riguardo rileva preliminarmente come il preteso errore del giudice circa la individuazione del criterio valutativo da applicare ai candidati in una procedura concorsuale difficilmente può risolversi in errore di fatto, che è il solo rilevante in questa sede; piuttosto esso sembra configurabile come errore di giudizio, che, anche ove fosse sussistente, mai potrebbe implicare la revocazione della sentenza. Ma, anche a prescindere da questo pur assorbente profilo, è certo che in nessuna parte della sentenza impugnata si afferma che la procedura d’avanzamento per cui è causa riguardasse il conferimento di un grado diverso da quello di Colonnello, ed in particolare del grado di Generale.

Infine, non può essere trascurato di rilevare che il criterio valutativo è stabilito da specifiche norme, in ordine al cui contenuto parte ricorrente sembra cadere in un equivoco.

Sotto quest’ultimo profilo deve essere ricordato che il decreto n.571/1993, applicabile ratione temporis, (oggi abrogato dal nuovo codice militare di cui al D.lgs. n.66/2010, che tuttavia per l’aspetto in esame non ha apportato novità sostanziali; v.artt.1030 e segg.), individua con il suo art.4 due fasi di valutazione nel procedimento d’avanzamento a scelta degli ufficiali con il grado inferiore a quello di generale; "la prima, prevista dall’art. 25, primo comma, della citata legge n. 1137/1955, è diretta ad accertare l’idoneità complessiva all’avanzamento di ciascun ufficiale in rapporto alle funzioni da adempiere nel grado superiore; la seconda, prevista dagli articoli 25, secondo comma, e 26 della citata legge n. 1137/1955, è rivolta a determinare, attraverso l’attribuzione di un punteggio di merito, la misura in cui si ritiene che le qualità, le capacità e le attitudini siano possedute da ciascun ufficiale giudicato idoneo".

Sulla base di detto punteggio, viene conseguentemente formata la graduatoria di merito degli ufficiali giudicati idonei".

Nel successivo art. 5, comma 1°, si chiarisce che;" La fase di valutazione dell’idoneità all’avanzamento deve essere diretta ad accertare, con un apprezzamento globale, se l’ufficiale abbia assolto in modo soddisfacente le funzioni del grado rivestito e se risulti complessivamente in possesso dei requisiti morali, di carattere, fisici, intellettuali, di cultura e professionali, tali da evidenziare la piena attitudine all’esercizio delle funzioni del grado superiore"

A sua volta, l’art.6 precisa: "1- La successiva fase di formazione della graduatoria di merito è caratterizzata dall’attribuzione del punteggio agli ufficiali idonei secondo i meccanismi aritmetici di cui all’art. 26 della citata legge n. 1137/1955, attraverso i quali la commissione, nella sintesi del relativo punteggio, esprime un giudizio di merito assoluto nei confronti di ciascun ufficiale scrutinando, previa valutazione collegiale delle sue qualità, capacità e attitudini.

2. La graduatoria di cui al comma 1 precedente evidenzia aritmeticamente la progressione che risulta attribuita a ogni ufficiale valutato."

Infine, l’art.7 stabilisce:

" 1. I punteggi di merito attribuiti in ordine alle quattro categorie di requisiti previste dall’art. 26 della citata legge n. 1137/1955 devono costituire per ciascuna di esse l’espressione di una valutazione di sintesi da parte di ciascun componente della commissione e non la somma di punteggi parziali assegnati per ogni elemento nell’ambito della categoria medesima.

2. La predetta valutazione globale, da riferire sempre alla particolare fisionomia del ruolo cui l’ufficiale valutando appartiene ed al grado superiore da conseguire, non può comunque prescindere dai criteri e dagli elementi di giudizio riportati negli articoli successivi".

Per completare il quadro normativo va ora evidenziato che il citato art.26, comma 3, così recita;

"Quando il giudizio riguardi ufficiali aventi grado di generale di divisione e di brigata o ufficiali di grado corrispondente, ogni componente della Commissione assegna all’ufficiale un punto da uno a trenta in relazione agli elementi indicati nelle precedenti lettere a), b), c), considerati nel loro insieme"

Si ricava dal breve excursus delle norme rilevanti ai fini dell’esame della censura proposta, che un giudizio complessivo viene espresso dalla CSA sia nell’ipotesi d’avanzamento di candidati con il grado di generale che nel’avanzamento di candidati con il grado inferiore; la differenza consiste nel fatto che nel caso dei generali di divisione e di brigata il punteggio viene espresso "in relazione agli elementi indicati nelle precedenti lettere a), b), c), considerati nel loro insieme",e quindi non vì è punteggio specifico per ciascuna delle quattro categorie di requisiti previste dall’art.26 della legge n1137/1955.

A giudizio del collegio non può essere, quindi, posto in dubbio che nella sentenza impugnata, ove di essa se ne effetti il corretto esame, sono state correttamente applicate le norme sopra riportate.

L’espressione " in via di astrazione e di sintesi" sulla quale in sostanza si concentra la censura all’esame non deve essere pertanto letta in modo avulso dal ragionamento del giudice d’appello in cui è inserita e che risulta così modulato;" Con specifico riferimento ai giudizi espressi dalle Commissioni Superiori di Avanzamento, la giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 1997, n. 1328; 18 marzo 1997, n. 256; 11 marzo 1997, n. 239) ha poi avuto modo di confermare l’ampiezza della discrezionalità attribuita al predetto organo, il quale è chiamato ad esprimersi su candidati che di solito sono ufficiali dotati di ottimi profili di carriera e le cui qualità sono definibili solo attraverso sfumate analisi di merito implicanti la ponderazione non aritmetica delle complessive qualità degli scrutinandi, da effettuarsi attraverso un apprezzamento dei titoli e dei requisiti in via di astrazione e di sintesi, non condizionato dalla meccanica valutazione delle singole risultanze documentali (cfr. pure Cons. di Stato, IV Sez., 12 gennaio 1999, n. 5 e 10 dicembre 2002, n. 6777)".

Nell’avanzamento in questione non c’è stata quindi alcuna omissione del criterio di valutazione relativo agli ufficiali con il grado inferiore a quello di generale ma solo il corretto richiamo " alla ponderazione non aritmetica delle complessive qualità degli scrutinandi".

3. 2. – Nel punto 2 sub b) del ricorso vengono in parte reiterate le argomentazioni precedenti, ma si aggiunge che nella sentenza impugnata si è erroneamente sostenuto che " la CSA ha dato ragione del proprio operato e dei giudizi espressi con articolata motivazione risultante dalle schede predisposte dai singoli membri per ciascun candidato" atteso che tali schede sarebbero del tutto inidonee a supportare tale affermazione, che quindi apparirebbe come il frutto di una chiara svista da parte del giudice.

In particolare, secondo il ricorrente, al CdS sarebbe sfuggito che le schede in questione non erano idonee a sorreggere i giudizi dati dalla CSA sui candidati scrutinati; inidoneità che era stata riproposta con l’atto d’appello poiché, seppure dedotta dinanzi al TAR, essa non era stata esaminata dal giudice di primo grado.

A questo proposito, va anzitutto rilevato che nella sentenza impugnata è stato posto rimedio all’omesso esame di una censura che ad avviso del ricorrente inficiava la sentenza di primo grado.

Inoltre, va osservato che le schede predisposte dai singoli membri della CSA per ciascun candidato sono state certamente oggetto di valutazione da parte del giudice della sentenza impugnata, in quanto, a torto o a ragione, le ha ritenute idonee a sorreggere i punteggi dati dalla CSA ai candidati, con un giudizio complessivo che non lascia alcuno spazio a pretesi e documentabili errori di fatto.

Del resto, non è un caso che lo stesso ricorrente non specifica in questa sede, come pure sarebbe stato tenuto a fare, per quali aspetti "di fatto" le schede non potevano giustificare i giudizi della CSA.

3. 3. – Con la censura contenuta nel punto 2 lett.c) il ricorrente si duole dell’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, ritenendola errata in fatto, secondo la quale " il giudizio sull’importanza rivestita dai singoli comandi all’interno dell’organizzazione militare è discrezionale".

Tale affermazione, sempre secondo il ricorrente, sarebbe anzi " del tutto incoerente" se si confrontano le oggettive caratteristiche dei comandi rivestiti dal ricorrente, da un lato, e dai parigrado concorrenti, in specie del Fedi e del Corbinelli, dall’altro.

Anche in questo caso, il Collegio deve rilevare che non viene dedotto, contrariamente a quanto si afferma, alcun errore revocatorio, essendo incontestato che tutti i comandi, sia quelli rivestiti dal ricorrente che quelli ricoperti dai suoi parigrado, sono stati tenuti presenti dalla CSA, con la conseguenza che si può discorrere al più di un errore di giudizio circa la loro importanza., la cui insussistenza, peraltro, si desume dalla suddetta contestata affermazione contenuta nella sentenza oggetto d’esame.

Assume inoltre il ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente attribuito "valore negativo ai precedenti di carriera" esibiti dalla documentazione che lo riguarda,

e negato l’incoerenza e l’abnormità della valutazione degli stessi precedenti rispetto a quelli posseduti dai parigrado, essendo essi oggettivamente migliori rispetto a quelli riportati da questi ultimi.

A questo riguardo, è senz’altro sintomatico il quadro comparativo esposto dal F. sui precedenti di carriera propri e degli altri valutandi controinteressati.

Osserva, tuttavia, il Collegio che non è questa la sede per effettuatre una siffatta valutazione, atteso che non risulta affatto che la CSA o il giudice della sentenza oggetto del ricorso all’esame non si siano accorti ovvero abbiano disconosciuto che il ricorrente ha conseguito il giudizio di "eccellente" prima dei parigrado indicati in tale quadro; che non abbiano rilevato il numero ed il tipo delle benemerenze ottenute e riportate nel suddetto quadro; che abbiano ritenuto inesistente il maggior numero di giudizi non apicali riportati dai contro interessati (tranne Corbinelli).

Ciò vuol dire che mentre deve essere esclusa la presenza di un errore revocatorio, può, tutt’al più, configurarsi, sotto questo profilo, un errore di valutazione in ordine alla rilevanza dei diversi precedenti di carriera.

Se poi s’aggiunge, in linea con la costante giurisprudenza di questa Sezione puntualmente richiamata dal giudice della sentenza impugnata, che il vizio dell’eccesso di potere in senso relativo non è riscontrabile meccanicamente poiché la valutazione dei titoli non ha, ai fini della compiutezza delle determinazioni finali, una vera e propria autonomia dovendo tutti gli elementi essere considerati nel loro insieme nell’ambito di un giudizio complessivo e indivisibile (Cons. Stato Sez. IV 3.2.2006 n.485), cosicchè la mancanza di uno o più requisiti da parte di taluno dei valutandi può essere controbilanciata dall’entità di altri titoli considerati equivalenti o plusvalenti., ne discende che quand’anche si fosse errato nel valutare i precedenti di carriera, non per ciò solo potrebbe discenderne l’illegittimità della migliore posizione in graduatoria riconosciuta agli altri parigrado concorrenti.

Anche il motivo testè esaminato non può quindi essere condiviso.

3. 4, – Precisato a questo punto che nelle lettere d), e), f), elencate sotto il n.2 del gravame parte ricorrente affronta temi in parte già esposti (d, e) nel medesimo ricorso ed in parte del tutto estranei (f) alle censure proponibili nel giudizio per revocazione, consegue che l’impugnazione per cui è giudizio deve ritenersi inammissibile.

Ricorrono, però, dopo quanto si è detto, giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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