Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-07-2011) 22-07-2011, n. 29502 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 4 febbraio 2011 e depositata in pari data, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, in funzione di giudice della esecuzione, ha revocato, in ragione di due anni e dieci mesi di reclusione, il condono, in precedenza elargito con proprio provvedimento del 14 giugno 2007, ad L.A., condannato giusta sentenza del medesimo giudice, 26 maggio 2003 (irrevocabile dal 1 agosto 2004), tra l’altro per il delitto di associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti, motivando: la legge esclude l’indulto per il suddetto reato, sicchè deve essere revocato il condono della relativa pena; il beneficio era stato concesso per errore, in quanto l’ordine di esecuzione non recava, per mera svista, la menzione del titolo ostativo; il Pubblico Ministero ha, quindi, posto riparo all’omissione, emettendo nuovo ordine di esecuzione in data 21 ottobre 2010; infondato è il richiamo al principio di specialità, invocato nella memoria presentata dal condannato il quale resiste alla richiesta di revoca del condono; la estradizione è stata concessa per la esecuzione della condanna inflitta colla ridetta sentenza, emessa anche per il delitto di associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti, riportata al capo numero 9 della rubrica; e, pertanto, è irrilevante l’errore occorso nella compilazione dell’ordine di esecuzione, risultando il procedimento di estradizione affatto immune dall’errore de quo.

2. – Ricorre per cassazione il condannato, col ministero del difensore di fiducia, avvocata Simona Alessio, mediante atto recante la data del 22 febbraio 2001, col quale denunzia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) inosservanza dell’art. 656 cod. proc. pen. in relazione all’art. "6, comma 2, lett. a) CEDU" deducendo:

l’ordine di esecuzione originario "deve considerarsi nullo"; il provvedimento non può essere corretto; il condannato "ha iniziato la fase di esecuzione della carcerazione per un titolo non ostativo";

tra il delitto associativo e il reato di traffico di stupefacenti c’è "una differenza di carattere giuridico che può non apparire a chi sa di aver spedito quantitativo di stupefacente dall’Olanda all’Italia". 3. – Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema, con requisitoria del 2 maggio 2011, rileva: la natura amministrativa dell’ordine di esecuzione consente la modifica del provvedimento, quando "si rilevi, come nella specie, un errore materiale"; il nuovo ordine, emesso in seguito alla correzione, recante la indicazione del delitto di associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti (reato per il quale la legge esclude l’indulto) costituisce il presupposto "per la revoca del beneficio concesso contra legem". 4. – Il ricorso è infondato.

4.1 – L’assunto del ricorrente circa la non emendabilità dell’ordine di esecuzione (affetto da errore materiale per l’omessa menzione di uno dei titoli della condanna), non ha alcuna base giuridica.

Il provvedimento del Pubblico Ministero è affatto privo di autonomo contenuto decisorio, dovendo conformarsi alla statuizione di condanna da eseguire.

Sicchè in caso di difformità, in dipendenza di errore materiale o di omissione, l’organo della esecuzione è tenuto, nell’assolvimento della funzione istituzionale sancita dell’ultimo inciso dell’art. 73, comma 1 dell’Ordinamento giudiziario, ad adeguare, mediante l’adozione di nuovo decreto in rettifica, l’ordine di carcerazione al giudicato di condanna.

4.2 – Il riferimento normativo operato dal difensore alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, adottata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con L. 4 agosto 1955, n. 848, in relazione alla ipotizzata violazione di legge, è affatto incongruo (l’art. 6, comma 2, concerne la presunzione di innocenza, non contiene alcuna ulteriore ripartizione in lettere) nè consente di individuare la disposizione pattizia assertivamente violata.

Neppure è apprezzabile – alla stregua di quanto prospettato dallo stesso ricorrente – vizio alcuno nel procedimento di estradizione.

Nè, infine, è confutato che la estradizione sia stata concessa anche per la condanna inflitta per il delitto associativo.

4.3 – Le residue deduzioni del ricorrente sono affatto prive di pregio giuridico e attinenza rispetto alla ratio deciderteli della ordinanza impugnata.

Il difetto di correlazione comporta la inammissibilità delle relative censure (Cass., Sez. 1, 30 settembre 2004, n. 39.598, Burzotta, massima n. 230.634).

4.4 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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