Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-07-2011) 22-07-2011, n. 29500 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con decreto, deliberato il 3 febbraio 2011 e depositato l’8 febbraio 2011, la Corte di appello di Bari ha confermato il decreto del Tribunale di quella stessa sede, 18 dicembre 2008, di modificazione – su richiesta formulata dal Questore il 15 ottobre 2008 di elevazione da due a tre anni della durata della misura di prevenzione – del provvedimento, 25 febbraio 2004, di applicazione della sorveglianza speciale della Pubblica Sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza a carico del sorvegliato S. D., motivando: effettivamente il sorvegliato ha subito dal 18 febbraio 2005 al 15 aprile 2008, nelle more della sorveglianza speciale (più volte interrotta), custodia cautelare in carcere per delitto dal quale è stato assolto giusta sentenza della Corte di appello di Bari 15 aprile 2008 (irrevocabile dal 29 luglio 2008); ed effettivamente il Tribunale di Bari con provvedimento del 3 febbraio 2010, "pur dichiarando la revoca del decreto impositivo del 25 febbraio 2004 ha ritenuto di fatto cessata – alla data del 21 maggio 2006 – la misura di prevenzione genetica per naturale scadenza del termine biennale di durata in ossequio al principio di fungibilità, dovendosi computare nel calcolo del biennio il periodo di custodia cautelare sofferta dal S. pari a complessivi tre anni e due mesi"; tuttavia l’aggravamento è stato disposto (ed eseguito il 24 novembre 2009) "in epoca successiva alla cessazione" della custodia cautelare in carcere, patita sine titulo, e, pertanto, tale periodo di restrizione "non può essere computato per il residuo di anni uno e mesi due sul disposto aggravamento applicatogli"; nel merito l’aggravamento trova fondamento nelle reiterate violazioni commesse dal sorvegliato delle prescrizioni del giudice della prevenzione, nell’arresto del S., eseguito il (OMISSIS) nella flagranza di furto in abitazione e, dunque, nella "persistente pericolosità" del sorvegliato, comprovata dal più recente arresto avvenuto il (OMISSIS) per furto aggravato e per resistenza a un pubblico ufficiale, delitti per i quali il sorvegliato è, in atto sottoposto, alla misura coercitiva degli arresti domiciliali.

2. – Ricorre per cassazione l’interessato, personalmente, mediante atto, s.d., depositato il 4 marzo 2011, col quale denunzia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), inosservanza ed erronea applicazione della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 11 e 12 censurando: illegittimamente il 9 maggio 2008 è stata ripristinata la sorveglianza speciale (originariamente disposta) quando già era intervenuta la assoluzione, sicchè, risultando la custodia cautelare subita sine titulo, la misura di prevenzione doveva considerarsi "già integralmente espiata in regime di fungibilità" e, pertanto, "ex lege cessata"; conclusivamente, tenuto conto della fungibilità della misura cautelare, "il complessivo periodo di sottoposizione alla misura di prevenzione patito, è ben superiore alla sommatoria dei periodi indicati nell’originario decreto impositivo e nel successivo provvedimento di aggravamento", considerato, in relazione al provvedimento impugnato, che per effetto della "risottoposizone del 9 maggio 2008" alla sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, colla illegittima "reviviscenza della misura ex lege cessata", anche quella disposta "in sede di aggravamento deve ritenersi integralmente espiata". 3. – Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema, con requisitoria del 28 aprile 2011, rileva: la misura di prevenzione, originariamente applicata, interrotta più volte per i ripetuti arresti di S., era in corso di esecuzione nel momento in cui fu disposto l’aggravamento; pertanto la "successiva valutazione di fungibilità" non rileva ai fini del periodo residuo della misura da scontare.

4. – Il ricorso è infondato.

4.1 – Le doglianze del ricorrente circa il ripristino, in data 9 maggio 2008, della esecuzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, in forza del decreto (originario) del 25 febbraio 2004, non sono pertinenti nella sede del presente scrutinio di legittimità che concerne l’impugnazione della conferma del successivo decreto 17 dicembre 2008 di modifica (nel senso del prolungamento) della durata dalla misura di prevenzione.

Il sorvegliato avrebbe dovuto dar valere, davanti al giudice della prevenzione, mediante tempestivo incidente di esecuzione la ritenuta illegittimità del ripristino.

La sopravvenuta declaratoria della cessazione di efficacia della misura, giusta provvedimento del 3 febbraio 2010, rende orami superata la questione.

4.2 – Ai fini dell’accertamento del profilo della (accresciuta) pericolosità del sorvegliato, posto a base dell’aggravamento della misura, nel senso del prolungamento della durata, il giudice della prevenzione ha considerato anche la condotta successiva alla applicazione della misura coercitiva non seguita dalla condanna, negativamente caratterizzata dal furto commesso il (OMISSIS).

Non può, pertanto, trovare applicazione il regime della fungibilità che presuppone che la condotta che da luogo alla applicazione della sanzione da considerare espiata sia anteriore alla espiazione sine titulo.

Tale requisito cronologico trova applicazione anche nella materia delle misure di prevenzione in relazione alla previsione della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 12, comma 2, dalla quale a contrariis si evince che il "periodo trascorso in custodia preventiva" non "seguita da condanna" deve essere computato ai fini della durata dalla misura di prevenzione.

La particolare disposizione dell’art. 657 c.p.p., comma 4 in materia di pena detentiva e di custodia cautelare costituisce, infatti, espressione del basilare principio dell’ordinamento giuridico della esclusione della "precostituzione di ogni riserva" di impunità o di sottrazione alla sanzione, nonchè corollario indefettibile della essenza stessa della sanzione giuridica la quale postula che la medesima necessariamente "segua e non preceda" il fatto pel quale è irrogata (v. per tutte Cass., Sez. 1, 18 febbraio 1994, n. 876, De Angelis, massima n. 196831).

Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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