Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-07-2011) 22-07-2011, n. 29498 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 18 gennaio 2011 e depositata il 31 gennaio 2011, la Corte di assise di Catania, in funzione di giudice della esecuzione, ha respinto l’opposizione proposta dalla condannata J.S., avverso il provvedimento di quella Corte territoriale 17 gennaio 2009, di applicazione del condono limitatamente a otto mesi di reclusione a fronte della maggior pena di cinque anni di reclusione inflitta alla opponente, giusta sentenza 13 luglio 2005 (irrevocabile dal 27 agosto 2008) per i delitti, unificati ai sensi dell’art. 81 c.p., di alienazione e acquisto di schiavi e di sfruttamento alla prostituzione.

La Corte di appello ha motivato: correttamente il condono è stato applicato soltanto in relazione all’aumento di pena inflitto, a titolo di continuazione, per lo sfruttamento della prostituzione, in quanto il delitto di compravendita di schiavi, pel quale è stata irrogata la pena base (in ragione di quattro anni e quattro mesi di reclusione), è escluso dall’indulto; privo di fondamento è il rilievo della opponente, secondo il quale il giudice della condanna avrebbe errato nella individuazione del reato base, in quanto la pena relativa risulterebbe inferiore al minimo edittale di otto anni; il trattamento sanzionatorio è stato ragguagliato alla norma incriminatrice (meno severa) vigente al momento del fatto, la quale comminava la reclusione da tre a dodici anni; mentre l’opponente ha fatto erroneo riferimento al successivo inasprimento della sanzione in virtù della L. 11 agosto 2003, n. 228; in ogni caso non è consentito il "sovvertimento della decisione di merito" nel senso della postulata "inversione tra la pena base e quella in aumento per continuazione così come stabilito nella decisione … divenuta irrevocabile". 2. – Ricorre per cassazione il condannato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Giovambattista Freni, mediante atto del 17 febbraio 2001, col quale dichiara di denunziare, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. a), b), c) ed e), in relazione all’art. 111 Cost., comma 6, art. 61 c.p., n. 2, artt. 81 e 174 c.p., art. 125 c.p.p., comma 3, artt. 130, 667, 672 e 602 cod. proc. pen., della L. 31 luglio 2006, n. 241, art. 1 e segg., della L. n. 75 del 1958, artt. 2, 4, 6, 7 e 8 deducendo: il giudice di primo grado (la Corte di assise di Catania) ha errato nella individuazione della pena base, che doveva essere riferita al delitto di sfruttamento della prostituzione (non escluso dal condono), colla conseguenza della applicazione del condono nella misura massima di anni tre di reclusione; in difetto della inammissibilità dell’appello avverso la sentenza di primo grado del 13 luglio 2005, il giudice deve procedere alla correzione del provvedimento, emendando l’errore commesso dalla Corte di assise di Catania colla irrogazione di "pena illegale";

sicchè, riferita la pena base al delitto di sfruttamento della prostituzione, il condono deve essere applicato nella misura di tre anni.

3. – Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema, con requisitoria del 19 aprile 2011, rileva: il giudice a quo ha dimostrato che la pena base inflitta ben poteva riferirsi al delitto di cui all’art. 602 c.p.; comunque la questione agitata dal ricorrente circa la presunta irrogazione di una pena illegale "è del tutto eccentrica rispetto al tema del ricorso". 4. – Il ricorso è infondato.

La determinazione del delitto base formalmente operata dal giudice della condanna non è sindacabile nella fase della esecuzione, nè è suscettibile di correzione concernendo una statuizione essenziale della decisione.

Le residue deduzioni del ricorrente sia per la carenza di specifiche regioni che le suffraghino, che per la mancanza di correlazione colla ratio decidendi del provvedimento impugnato, non meritano di messere prese in considerazione per la patente inammissibilità.

Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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