Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-07-2011) 22-07-2011, n. 29494 Giudice per le indagini preliminari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 6 dicembre 2010 e depositata in pari data, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, in funzione di giudice della esecuzione – previo scorporo della pena complessiva di anni quattro e mesi nove di reclusione, inflitta al condannato R.A., con sentenze del medesimo giudice per le indagini preliminari, 6 novembre 2006, e del Tribunale di Taranto – Sezione distaccata di Ginosa, 18 gennaio 2007, per reati, già uniti in continuazione con quelli, commessi fino al 28 giugno 2007 e giudicati colla sentenza dello stesso giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, 20 febbraio 2009 – ha applicato il condono nella misura massima di tre anni, alla pena inflitta colle prime due condanne.

2. – Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Taranto, in persona del dott. A. P., procuratore aggiunto della Repubblica, mediante atto recante la data del 13 dicembre 2010, col quale sviluppa due motivi, denunziando, anche promiscuamente, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 81 c.p. e art. 671 cod. proc. pen. (primo motivo) e in relazione alla L. 31 luglio 2006, n. 241, art. 1, comma 3, (secondo motivo), nonchè contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (primo motivo).

2.1 – Con il primo motivo il ricorrente censura che il giudice della esecuzione, una volta sciolto il vincolo della continuazione ai fini della applicazione del condono ai reati commessi fino al (OMISSIS), abbia considerato le pene originariamente inflitte per i succitati reati e non gli aumenti computati a titolo di continuazione (pari in totale a un anno, tre mesi di reclusione ed euro tremila di multa).

2.2 – Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce che ricorre la causa di revoca del beneficio, in quanto il condannato, nel termine di cinque anni dalla data della entrata in vigore della L. 31 luglio 2006, n. 241, ha commesso delitto non colposo per il quale ha riportato, giusta la condanna più recente, pena detentiva "superiore" (rectius: non inferiore) a due anni: nella specie R. è stato condannato a cinque anni di reclusione per delitti di spaccio di stupefacenti commessi fino al (OMISSIS).

3. – Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema, con requisitoria del 4 maggio 2011, rileva: il provvedimento impugnato è errato "sia nella individuazione delle pene da includere nell’indulto, sia con riferimento alla mancata considerazione di cause ostative alla sua concessione". 4. – Rileva la Corte che, alla stregua del combinato disposto dell’art. 672 c.p.p., e art. 667 c.p.p., comma 4, la legge appresta con riferimento ai provvedimenti in materia di indulto, adottati de plano dal giudice della esecuzione, lo strumento della opposizione al medesimo giudice, il quale provvede con le forme e con il rito degli incidenti di esecuzione.

Peraltro, in generale, secondo il più recente indirizzo affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte rispetto al contrastante precedente orientamento (v. in proposito: Sez. 1, 24 febbraio 1995, n. 1146, Arrighini, massima n. 201023; Sez. 1, 2 dicembre 1996, n. 6387, Di Giannantonio, massima n. 206349), il rimedio della opposizione riveste carattere affatto esclusivo e deve essere inderogabilmente esperito anche nella ipotesi – ricorrente nella specie – in cui il giudice della esecuzione abbia proceduto (anzichè de plano) nel contraddittorio tra le parti à termini dell’art. 666 c.p.p. (Sez. 3, 7 aprile 1995, n. 1182, Cancello, massima n. 202599;

Sez. 5, 2 ottobre 2001, n. 44476, Costa, massima n. 220589; Sez. 3, 5 dicembre 2002, Salamone, n. 8124, massima n. 223464; Sez. 1, 28 marzo 2006, n. 15070, Cosmai, massima n. 233945; Sez. 1, 30 marzo 2006, n. 17331, Poggiolini, massima n. 234258; Sez. 1, 10 novembre 2006, n. 38694, Di Giovanni, massima n. 235983; Sez. 1, 20 febbraio 2007, n. 26021, Torcasio, massima n. 237334; Sez. 1, 9 marzo 2007, n. 18223, Siclari, massima n. 237361; Sez. 1, 22 marzo 2007, n. 14642, Stankovic, massima n. 236164; Sez. 1, 10 luglio 2007, n. 28045, Spezzarti, massima n. 236903; Sez. 1, 20 settembre 2007, 36231, Brugnani, massima n. 237897; Sez. 1, 26 settembre 2007, n. 37343, Olivieri, massima n. 237508; Sez. 1, 27 settembre 2007, n. 39919, Raccuglia, massima n. 238046; Sez. 1, 16 gennaio 2008, n. 4120, Catania, massima n. 239076; Sez. 4, 29 gennaio 2008, n. 15149, Campanella, massima n. 239733; Sez. 1, 5 giugno 2008, n. 23606, Nicastro, massima n. 239733; e, da ultime, Sez. 1, 26 novembre 2008, n. 48169, Moukhlis; Sez. 1, 10 marzo 2009, n. 13991, Stimoli; Sez. 1, 14 ottobre 2010, n. 39679, Russo; Sez. 1, 17 dicembre 2010, n. 45624, Jentile; Sez. 1, 22 marzo 2011, n. 13612, Somma, non massimate).

Pertanto il ricorrente, anzichè adire questa Corte, avrebbe dovuto correttamente attivare lo strumento specificamente previsto dalla legge e, pertanto, preelusivo del ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 111 della Costituzione (v. Cass., Sez. Un., 28 gennaio 1956, n. 4, ric. Anelli, massima n. 97605).

L’error in procedendo del ricorrente non comporta, tuttavia, l’inammissibilità del ricorso.

Soccorre, invero, il generale principio di conservazione del valore degli atti giuridici, di cui l’istituto della conversione costituisce particolare esplicazione.

E in applicazione di detto principio la Corte provvede alla corretta qualificazione del ricorso e ne dispone la trasmissione al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, in funzione di giudice della esecuzione, per il corso ulteriore.

P.Q.M.

Qualificate il ricorso come opposizione, ai sensi dell’art. 667 c.p.p., comma 4, dispone la trasmissione degli atti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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