Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-07-2011) 22-07-2011, n. 29449

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 28/10/2010, il Tribunale di Catanzaro, a seguito di istanza di riesame avanzata nell’interesse di C. F., indagata per il reato di associazione per delinquere volta a commettere truffe per il conseguimento di erogazioni pubbliche, e 648 bis, confermava l’ordinanza del Gip di Lamezia Terme, emessa in data 6/10/2010, con la quale era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti della medesimo C.F. e di altri concorrenti nel reato. Il procedimento in questione nasceva da una complessa indagine investigativa della Guardia di Finanza, compendiata nella Cnr n. 250 del 30 novembre 2009 che aveva accertato che, attraverso un collaudato meccanismo truffaldino, gli indagati avevano indebitamente ottenuto n. 56 finanziamenti per un totale di Euro 8.910.460,00.

L’indagine aveva tratto origine da una segnalazione di operazioni sospette, ai fini della normativa antiriciclaggio, nei confronti di F.G.. Sul c/c di costui, acceso presso UNICREDIT di Lamezia Terme, risultava un elevato ammontare di versamenti di bonifici a cui corrispondevano altrettanto rilevanti prelievi in denaro contante, bonifici ed assegni circolari, sino a totale estinzione delle somme versate: a fronte di una movimentazione totale di Euro 1.427.000,00 in dare, corrispondeva una movimentazione di Euro 1.472.000,00 in avere. Sentito a sommarie informazioni dai finanzieri, il F. riferiva di aver venduto macchinari industriali, di cui non sapeva indicare i fornitori, a varie ditte, ricevendone il pagamento del prezzo alla consegna per contanti;di aver emesso fatture di vendita indicanti un prezzo abbondantemente superiore a quello effettivo, di aver ricevuto attraverso bonifici bancari il versamento del prezzo indicato nelle fatture di vendita, che egli provvedeva a prelevare per contanti e restituire alle ditte che avevano emesso il bonifico a suo favore. A seguito delle indagini della GdF emergeva che le ditte indicate dal F. come acquirenti dei macchinari non erano più in possesso degli stessi, avendoli rivenduti a prezzi irrisori e che le stesse avevano ottenuto un finanziamento agevolato, ai sensi della cd. legge Sabatini ( L. n. 1329 del 1965) per l’acquisto di tali macchinari, rivolgendosi a M.V.M. il quale aveva garantito loro l’esito positivo della richiesta di finanziamento, sebbene tali ditte non presentassero i requisiti richiesti dalla legge per accedere ai benefici.

Tale legge consente alle imprese l’erogazione di mutui a tasso agevolato per l’acquisto di beni strumentali da utilizzare per le attività produttive e prevede una complessa procedura che prevede l’intervento della Cancelleria del Tribunale per la sigillatura dei macchinari. Il venditore riceve il pagamento del prezzo attraverso lo sconto, presso un istituto di credito, degli effetti cambiari rilasciati dall’acquirente. L’Istituto di credito richiede un contributo all’Ente agevolatore e, a sua volta, lo gira all’acquirente.

Le indagini della GdF, anche a seguito di una perquisizione effettuata presso la Creinvest s.a.s. di Meraglia Massimiliano, si estendevano a tutte le richieste di finanziamento effettuate dal 1/1/2005 al 23/6/2008 ed emergeva che gran parte dei macchinari di cui era stato finanziato l’acquisto con i meccanismi della legge Sabatini risultavano inesistenti. Sempre dalle indagini della GdF emergeva che M.V.M., titolare, nonchè gestore di fatto della Creinvest sas (di Meraglia Massimiliano), pur avendo denunziato redditi modesti, risultava titolare di un c/c acceso presso la BNL di Lamezia Terme sul quale, negli anni 2006, 2007 e 2008 risultavano versamenti in contanti per Euro 169.349,00 e contestualmente pagamenti con assegni a favore di FINANCE SERVICE LTD per Euro 155.570,00. Risultava, inoltre, che costui aveva creato delle società finanziarie intestandole ai figli, in particolare la GI.EMME Srl, amministrata dal figlio M., la DI.EMME SERVICE, intestata alla figlia D. e la Creinvest s.a.s. di Meraglia Alessandra. Sui c/c di tali società e sui c/c personali di M.V.M. e dei suoi familiari risultavano effettuati versamenti in contanti per un totale di Euro 808,406,08.

Utili indicazioni sul funzionamento del sistema truffaldino messo in atto per ottenere erogazioni indebite avvalendosi della legge Sabatini erano state fornite da B.L., il quale ha riferito di essere stato contattato da M.V.M. della Creinvest sas di Lamezia Terme che lo aveva indotto a stipulare fittizi contratti di acquisto con la Edilart di Verri Vincenzo relativi a tre macchinari (che egli aveva già acquistato in passato e deteneva nella sua officina già da diverso tempo) per i quali era stato erogato un finanziamento complessivo di Euro 662.880,00, ricevendo per tale operazione un ritorno in contanti per circa 300.000,00 Euro. Precisava di aver portato i tre macchinari nei pressi del Tribunale di Lamezia terme, e di aver istallato le targhette consegnategli dal M., accompagnato da una funzionaria del Tribunale, provvedendo egli stesso ad apporre il sigillo a piombo del Tribunale.

Ricostruito – in tal modo – questo complesso sistema truffaldino, il Tribunale riteneva pienamente sussistente il quadro di gravità indiziaria relativamente al reato associativo, osservando che la Creinvest S.a.s., riconducibile a M.M. e Ma. (padre e figlio) di fatto metteva la sua struttura organizzativa a servizio di una programmata e continuativa attività delinquenziale, istruendo una serie di procedure finalizzate al conseguimento illecito di finanziamenti, mediante l’uso sistematico e massiccio di falsi, prodotti ad arte, per rappresentare realtà industriali ed esigenze di investimenti del tutto inesistenti. Tale attività si svolgeva avvalendosi del contributo di vari soggetti che condividevano il medesimo progetto criminale, fra i quali spiccava il ruolo di P.A., funzionario di Cancelleria del Tribunale di Lamezia terme. Concorrevano all’associazione, inoltre, i soggetti che ricorrevano più volte come venditori di comodo: F. G., F.A., V.V. e S.P. o come acquirenti: G.V., Gu.An. e B. A.. Con specifico riferimento alla posizione di C. F. il Tribunale osservava che costei, unitamente al marito Mi.Te.An. aveva posto in essere atti indispensabili al riciclaggio dei proventi derivanti dalle indebite percezioni dei finanziamenti pubblici. In particolare riceveva da M.M. V., da Creinvest s.a.s. di Meraglia Massimiliano, da F. A., da R.A., da DI EMME Service di Meraglia Daniele i proventi delittuosi e, con artifici bancari – ovvero prima l’intestazione a favore della FINANCE SERVICE LTD e la successiva girata a firma di Mi.Te.An. che li versava su un c/c a lui intestato – li occultava, ovvero ne rendeva difficile il rintraccio. Al riguardo il Tribunale richiamava gli esiti delle indagini bancarie ed una intercettazione telefonica fra la donna ed il marito, circa un incontro con M.V.M., finalizzato alla consegna di un assegno di Euro 8.000,00.

Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva sussistente il pericolo di reiterazione del reato, sulla base della gravità dei fatti in contestazione e dei precedenti penali caratterizzati da un numero impressionante di condanne per delitti contro il patrimonio, per cui la custodia cautelare in carcere appariva l’unica misura adeguata.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagata personalmente deducendo violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza con riferimento ai reati di associazione per delinquere e riciclaggio, nonchè carenza ed illogicità della motivazione.

In particolare eccepisce che la società offshore FINANCE SERVICE LTD non esiste e che lei stessa ed il marito sono specialisti nel compiere truffe, inventando società finanziarie inesistenti che raggirano il pubblico, facendosi versare somme di denaro attraverso la falsa promessa di mutui. Nel caso di specie i versamenti effettuati dal gruppo Miraglia a favore della FINANCE SERVICE LTD erano frutto dell’azione truffaldina compiuta dalla C. e dal di lei marito, i quali hanno agito ignorando l’origine illecita del denaro e senza alcun fine di riciclaggio.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto si risolve in una serie di censure in fatto.

E’ anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame in materia di libertà personale.

Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, "l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonchè del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità:

1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento".

(Cass. Sez. 6, sent. n. 2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).

Inoltre "Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.

Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto". (Cass. Sez. 1, sent. n. 1700 del 20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).

Tanto premesso, le censure sollevate con il ricorso sono palesemente inammissibili in quanto relative esclusivamente agli elementi fattuali e materiali delle vicende indagate, di cui la ricorrente suggerisce una lettura alternativa rispetto a quella compiuta dal Tribunale per il riesame e quindi tende a provocare un inammissibile intervento di questa Corte in sovrapposizione rispetto alle conclusioni legittimamente assunte dal Tribunale.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, chi lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00). Inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà della ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagata trovasi ristretta perchè provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato art. 94.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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