Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-07-2011) 22-07-2011, n. 29566

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 10 dicembre 2010, la Corte d’Appello di Catania, 3A sezione penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale in sede appellata dal Procuratore Generale e dall’imputato S. F., determinava la pena nei confronti di quest’ultimo in undici anni quattro mesi di reclusione ed Euro 4.000 di multa; con fermava nel resto la sentenza impugnata con la quale S. era stato dichiarato colpevole di due rapine aggravate e dei relativi reati-satellite.

La Corte territoriale riteneva fondata la prova della responsabilità sulla scorta delle testimonianze delle persone offese che avevano nell’immediatezza dei fatti fornito descrizione fisica di uno dei rapinatori perfettamente corrispondente alle caratteristiche (altezza, corporatura) dell’imputato, riconosciuto ripetutamente (sia in sede di individuazione fotografica, sia in occasione dell’incidente probatorio sia infine al dibattimento). Che anche in occasione della seconda rapina l’arma impugnata fosse vera, risultava dalla testimonianza del L. (persona qualificata in quanto guardia giurata), conclusione avvalorato, dalla considerazione che si trattava di arma avente le medesime caratteristiche di quella impiegata in occasione della rapina commessa due giorni prima, allorchè dall’arma erano stati esplosi alcuni colpi. Non ricorrevano i presupposti per il riconoscimento delle attenuanti generiche, tanto più che le rapine erano state commesse mediante evasione dal regime degli arresti domiciliari. L’appello del P.G. era fondato, perchè la gravita del primo episodio (in occasione del quale furono esplosi dall’imputato alcuni colpi di arma) e la negativa personalità di S. (gravato da precedenti anche specifici) imponevano di quantificare la pena in misura superiore al minimo edittale (cinque anni di reclusione ed Euro 1.800 di multa) aumentata per la recidiva specifica reiterata ex art. 99, comma 4 ad anni 8 mesi sei di reclusione ed Euro 3.000 di multa, aumentata per la continuazione secondo quanto stabilito dall’art. 81 c.p., comma 4 ad undici anni quattro mesi di reclusione ed Euro 4.000 di multa.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – manifesta illogicità della motivazione, perchè la prova della responsabilità si fonda unicamente sul riconoscimento operato dalle persone offese, che hanno fornito descrizione del rapinatore come persona alta m.

1,80 di corporatura robusta, laddove dalle fotografie in atti egli risulta di corporatura esile e di altezza non superiore alla media.

Inoltre gli indumento sequestrati non corrispondevano a quelli indossati dai malviventi; – manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancata assoluzione dal delitto di cui al capo F, mancando la prova che la pistola usata fosse vera; – erronea applicazione della legge penale, perchè l’aumento per la recidiva è stato quantificato in misura superiore a 2/3.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è dedotto in maniera inammissibile, perchè al fine di criticare la sentenza impugnata in ordine alla validità del riconoscimento effettuato dalle persone offese fa riferimento ad elementi di natura fattuale (l’altezza e la corporatura dell’imputato) mediante il riferimento al contenuto di atti genericamente indicati, in violazione di quanto stabilito dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), che ne impone la specifica individuazione.

2. Il secondo motivo di ricorso è infondato, perchè la Corte territoriale ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto che la pistola impiegata in occasione della seconda rapina fosse anch’ essa vera (la testimonianza di persona qualificata, perchè guardia giurata, e la logica considerazione che si trattava della stessa arma impiegata nella rapina di due giorni prima, allorchè dalla stessa furono sparati alcuni colpi a terra).

3. Il terzo motivo di ricorso è fondato. La pena detentiva base per il delitto più grave è stata determinata dalla Corte di appello in cinque anni di reclusione. Tale pena, per effetto della recidiva, è stata aumentata ad anni otto e mesi sei di reclusione, con un incremento di tre anni e sei mesi, superiore a quanto stabilito dall’art. 99 c.p., comma 4, perchè due terzi di cinque anni è pari a tre anni e quattro mesi. Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, ma senza rinvio, in quanto si versa in ipotesi di errore di calcolo, emendabile in questa sede. Quantificata quindi la pena detentiva base per il delitto di cui al capo A (ritenuto più grave), già aumentata per effetto della recidiva ad otto anni e quattro mesi di reclusione, tenuto conto che la Corte territoriale, in applicazione del disposto dell’art. 81 c.p., comma 4, ha quantificato l’aumento per la continuazione in misura corrispondente ad un terzo, la pena finale è di 11 anni, 1 mese e 10 giorni. Resta ferma la pena pecuniaria in ordine ala quantificazione della quale non è stata avanzata doglianza alcuna.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla quantificazione della pena detentiva che determina in anni undici mesi uno giorni dieci di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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