Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-07-2011) 22-07-2011, n. 29562 Falsità materiale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il difensore della parte civile "Femar vini" s.r.l. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Roma in data 21 dicembre 2010 che, in riforma della decisione di primo grado, ha assolto ex art. 530 c.p.p., comma 1 perchè il fatto non sussiste L.S. e P.A. dal delitto di concorso in tentata truffa aggravata contestata "per avere con artifici e raggiri consistiti tra l’altro nella falsificazione di documenti di accompagnamento di prodotti vitivinicoli con cui la Industria Vinicola Lulli Silvano s.r.l. simulava la consegna alla Femar s.r.l. di detti prodotti per un valore di lire 206.000.000, compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a trarre in inganno M.F., legale rappresentante della Femar s.r.l., pretendendone il pagamento, mediante emissione della fattura n. (OMISSIS) in data 27.2.03, non riuscendo nell’intento per causa indipendente dalla loro volontà, con le aggravanti del danno patrimoniale di particolare gravita, dell’abuso di prestazione d’opera e del nesso teleologia), in Roma nel febbraio 2001", nonchè gli stessi dal delitto di concorso in falso ( artt. 476 e 479 cod. pen.) ex art. 530 c.p.p., comma 2.

La corte territoriale, accertata ed espressamente dichiarata la falsità dei buoni di consegna (privi della data che è stata accertata essere sempre presente in tutte le bolle firmate dall’enologo C.C.); rilevata l’incongruità del non ricordo della consegna da parte dell’autista D.C.M.;

considerata l’irragionevolezza di consegne di vino "senza un minimo di scrittura privata utile per il futuro a documentare l’esistenza della compravendita", ha ritenuto comunque essere "preclusa la possibilità di affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che tale firma (quella dell’enologo C.C.) sia falsa e di conseguenza che la consegna risultante da detti buoni non sia mai avvenuta". In sostanza i giudici di appello ritenevano non irragionevole una consegna di merce effettuata senza regole e prove dell’avvenuta consegna. La stessa decisione riteneva insussistente il delitto di falso non sussistendo funzioni certificative sostitutive della P.A. in bolle di accompagnamento di quantitativi superiori a 60 litri.

Il difensore della parte civile deduce violazione del disposto di cui agli artt. 56 e 640 cod. pen., attesa la stessa confessione di falsità dei documenti di accompagnamento resa dal L. nel corso del procedimento (vedi sentenza di primo grado, teste D. nella parte in cui ha riferimento allo scritto difensivo con cui il L. ha confessato l’inesistenza della consegna), mentre M.A. non è affatto imprenditore occulto della Femar, che ha sempre avuto con il fornitore rapporti scritti e a mezzo di intermediari, non essendo nemmeno plausibile che il L. abbia esitato vini pari ad un quinto della sua produzione annuale senza un minimo di scrittura utile e ciò al solo fine di fare un piacere al M.A..

Ribadisce la inverosimiglianza di una richiesta di pagamento fatta tre anni dopo senza alcuna intimazione ad un soggetto differente, richiesta supportata da documenti falsi. Con altro motivo deduce che la decisione assolutoria deve esser riformata con quella dell’accertato decorso del termine di prescrizione, chiede comunque l’annullamento della decisione agli effetti civili. Deduce inoltre sussistere il delitto di falso rilevando che la bolla di consegna conserva la natura di atto pubblico in quanto promanante da persona investita di pubbliche funzioni quale l’impiegato degli uffici addetti o il privato cui è delegata l’emissione e in quanto trattasi di atti costitutivi di diritti e di doveri.

Il ricorso, inammissibile nella parte in cui chiede una modifica delle statuizioni penali (anche di quelle inerenti la assoluzione dal delitto di falso documentale accertato nella sua materialità), ormai passate in giudicato, deve essere accolto con riferimento alla rilevanza del fatto ai fini della responsabilità civile. Vi è un macroscopico vizio logico nella decisione che accerta la falsità dei documenti di consegna relativi ad un quantitativo superiore alla capacità ricettiva dell’acquirente e quindi l’insussistenza della fornitura per poi ritenere che una eventuale consegna sia stata effettuata in data diversa, senza documentazione, senza intermediazione e seguendo una procedura irrituale per motivi non dedotti nè accertati.

Il sostanziale disconoscimento della firma da parte dell’enologo è un dato di fatto che, unito alla circostanza che nessuna consuetudine vi era tra le parti per consegne diverse da quelle ritualmente documentate sono elementi che escludono consegne in date diverse fondate su argomentazioni suppositive prive di riferimenti logici.

Non è stato accertato che i "collaudati rapporti commerciali" tra le parti abbiano avuto mai un qualche episodio di consegna di merce con violazione delle norme poste a tutela del commercio dei vini.

Il delitto tentato, funzionale a fare apparire esistente un diverso rapporto di fornitura con una persona (il M.A.) che non è stato accertato essere l’amministratore di fatto della società, rapporto di fornitura mai effettuato, deve quindi essere riconosciuto come fatto generante responsabilità civile il cui danno in concreto sarà quantificato in sede civile.

Le spese della parte civile in questo grado di giudizio sono poste a carico degli imputati soccombenti e liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Annulla l’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di appello di Roma in sede civile per l’ulteriore corso. Condanna gli imputati in solido alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Femar Vini s.r.l. nel presente grado di giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.975, di cui Euro 2.119 per onorari.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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